Aveva quasi smesso, ora l’Australia lo aspetta: “Ma il biglietto è andata e ritorno”. Dalla Serie D alla National Premier Leagues, che storia Federico Brusacà
Biglietto fatto, valigia (quasi) pronta. Quattro maglie, due camicie, tre pantaloni. I sogni? Tutti lì, sempre al loro posto. Quelli a casa non si lasciano mai. Ventitré ore di volo davanti e tanta, tantissima voglia di crescere, ripartire, dimostrare a se stesso e agli altri di potercela fare, soltanto con le proprie gambe. Dalla Serie D… all’Australia: da Lavagna (comune di dodicimila abitanti in provincia di Genova) a Toowoomba (città di centoventotto mila del sud-est del Queensland, Australia Nord-Orientale). Sedicimila duecento quarantuno chilometri di distanza, biglietto di andata e… “ritorno, perché la data di rientro è già fissata – settembre 2018, sembra lontanissimo, oggi che l’avventura australiana nella National Premier League Queensland di Federico Brusacà deve ancora cominciare – devo ancora capire bene cosa sta succedendo”.
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I PRIMI CALCI AD UN PALLONE AL GENOA
A raccontarlo a GianlucaDiMarzio.com, tra un viaggio in macchina e un nastro che si riavvolge, è proprio Federico: ventun anni, centonovantatre centimetri d’altezza, sorriso contagioso e faccia da bravo ragazzo. Professione? “Te lo dico in inglese: central back. Pronunciato bene? – promosso, ma con riserva. Ci si rivede a settembre – Anche se all’inizio giocavo attaccante”. Primo capitolo, di una storia tutta da raccontare. “Partita dal G. Mora, società sopra casa mia a Quarto. Dopo ho giocato due anni al Bogliasco”. Poi, il Genoa. “L’anno degli Esordienti, era il 2007-2008”. Primi calci ad un pallone, maglia della squadra del cuore sulle spalle. “Sono tifoso rossoblu dalla nascita, giocare con quella maglia era un sogno”. Iniziato in attacco. “Eh già, perché essendo da bambino fisicamente un po’ più grande degli altri vivevo di ‘prepotenza’. Col passare degli anni, quando il livello si è alzato, ho iniziato a fare fatica, l’anno dei Giovanissimi Nazionali ero praticamente la quinta punta e stavo per essere mandato via: era arrivato anche Lescano (Facundo, attaccante argentino ora al Siena) che era fortissimo. Un giorno l’allenatore di allora (Marcello Donatelli, vice di Oddo) mi dice: “Ti provo dietro”. Arriva la prima domenica di campionato ad Alessandria: il trasferimento di due dei nostri difensori che non arriva, un altro che si infortuna. “Federico, domani giochi tu’”.
JURIC, GILARDINO E MANDRAGORA
Al centro della difesa, dall’inizio: non mi sono più spostato da lì. Finali scudetto a Chianciano, fascia da capitano al braccio fino agli Allievi Nazionali. L’emergenza in difesa e l’intuizione di Donatelli mi hanno cambiato la carriera, perché magari sarei rimasto in attacco finendo per giocare in categorie inferiori, invece per me è stata la svolta”. Maglia del Genoa sulla pelle. “Con la quale sono arrivato fino alla Primavera. Ho avuto la fortuna di incrociare allenatori come Eranio, Juric (in Primavera) e Liverani (negli Allievi Nazionali): la possibilità di giocare contro la Prima Squadra e marcare uno come Gilardino. Ogni tanto ci ripenso e per me sono ricordi fantastici. Juric ed Eranio erano due persone diametralmente opposte, ognuno a suo modo mi ha dato tanto: passione per questo gioco e tranquillità il primo, col quale abbiamo iniziato il campionato, poi fu esonerato”. Al suo posto arriva Juric. “Che ha dato una svolta alla nostra stagione e mi ha trasmesso la sua grinta e la voglia di non mollare mai, filosofia alla base del suo calcio: riusciva ad entrarti nella testa. Secondo me è fortissimo, mi è dispiaciuto per l’esonero, ma sono sicuro tornerà presto a dimostrare quanto vale”. Dalla panchina al campo, compagni di quegli anni un certo Mandragora e Giuseppe Antonio Panico. “Rolando è un ragazzo fantastico, si vedeva che sarebbe arrivato ad alti livelli perché rispetto alla sua età era già molto più maturo degli altri: nonostante fosse giovanissimo giocava come un veterano. Con Giuseppe (e Mandragora) ho condiviso anche l’esperienza dello stage in Nazionale, Giuse aveva questa somiglianza con Ciro Immobile e anche come giocatore gli assomigliava, era già un attaccante vero e un grande giocatore”.
BABY FENOMENO PELLEGRI
Spettatore d’eccezione in tempi non sospetti agli allenamenti di Federico, un Pietro Pellegri bambino oggi protagonista in Serie A maglia del Grifone sulle spalle. “Suo papà Marco era il mio Team Manager in Primavera, ricordo che portava questo ragazzino che era già alto e si metteva lì a vedere i nostri allenamenti: mai mi sarei aspettato un percorso del genere in così poco tempo. L’esordio in A e i gol a Roma e Lazio? Ero contento, soprattutto perché pensavo a suo papà, tifoso genoano sfegatato come me. Ricordo ancora quanto stava male dopo i derby persi in Primavera, per lui si è realizzato un sogno”. Dal sogno di papà Pellegri a quello di Federico. “Da tifoso che andava in Nord, tornare a vestire questa maglia sarebbe bellissimo. Il mio sogno da bambino era quello di giocare un giorno nel Genoa, arrivare in Primavera è stato un altro desiderio realizzato. Tornare? Magari. Il Genoa è una famiglia, per me è la squadra più bella del mondo, il Ferraris poi qualcosa di unico: ma è un sogno talmente grande che non me lo riesco nemmeno a immaginare. Un messaggio ai dirigenti rossoblu? No no, non voglio dire nulla. Ci vuole ancora molto, sono contento così, poi chissà…”.
SWQ THUNDER L’OCCASIONE GIUSTA PER RIPARTIRE
E poi ora da affrontare c’è una nuova avventura pronta a cominciare, nella Serie B australiana, maglia del South West Queensland Thunder indosso: l’occasione giusta per ripartire dopo un periodo buio. “Nel quale avevo pensato anche di smettere: l’anno scorso ho passato una brutta annata. Prima al Lumezzane poi a Lucca, – in Lega Pro – non avevo spazio, facevo fatica a livello mentale. Mi mancava casa, sono tornato a Genova e sono andato a giocare di nuovo alla Lavagnese in Serie D, ma mi sono accorto che non avevo più gli stimoli di prima”. Tanti sacrifici per diventare un calciatore, una testa ‘matta’ a complicare il percorso. “Il carattere mi ha sempre dato un po’ di problemi. Che ho combinato? Diciamo che un po’ di cazzate le ho fatte. – sorride Federico – Penso alle tante rifiniture saltate o alle quali sono arrivato in ritardo, perché la sera prima invece di andare a dormire andavo a ballare. Spegnevo la sveglia e mi rigiravo a dormire. Una volta stavamo partendo per una trasferta ed io sono rimasto in hotel, pullman già in viaggio e io non c’ero. Avevo il telefono scarico, ho dovuto far chiamare dall’albergo, squadra già un bel pezzo avanti: sono dovuti tornare indietro, quante me ne hanno dette“.
IL LAVORO DI NOTTE AL MERCATO, L’IDEA DI SMETTERE DI GIOCARE
Sveglie saltate a parte, Federico però ha tutta l’aria del bravo ragazzo. “Sono un casinista, è vero, ma dal cuore buono. – spontaneo e sincero. Studi classici – Promosso sempre con qualche debito, ma l’importante era passare. L’università? Mi sono iscritto a Scienze della Comunicazione a Bergamo, quando giocavo al Lumezzane, ma non ho frequentato molto”. Chissà perché?! “Rimanevo a casa a dormire, come le mattine delle rifiniture: ma da quest’anno si cambia registro, spero davvero che questa esperienza mi possa dare una grande mano, ma ne sono convinto. Cosa mi è scattato nella testa? Sono stato ad un passo dallo smettere, cazzate a parte avevo fatto tantissimi sacrifici per arrivare tra i professionisti e mi ero ritrovato senza stimoli. Avevo praticamente chiuso col calcio, mi sono messo a lavorare di notte al Mercato della frutta a Bolzaneto (Genova)”. A scaricare cassette come un altro italiano volato in Australia per continuare a sorridere: quel Big Mac Maccarone “che spero di incontrare. Gioca nel Brisbane Roar Football Club – impegnato nella Hyundai A-League, il massimo livello professionistico del campionato di calcio australiano – spero di riuscire ad andare a vederlo. Se il suo esempio mi ha dato la spinta per partire? Assolutamente, perché ti dico la verità all’inizio non ero convintissimo: poi ho iniziato a pensare potesse davvero essere la svolta, non solo dal punto di vista calcistico ma anche per la mia vita. Proprio quando il calcio aveva smesso di essere la mia priorità, pensavo già ad un altro lavoro. Quale? Non avessi fatto il calciatore avrei fatto il PR, mi piace la musica e andare a ballare: ci sono andato anche troppo, ogni tanto ci penso ma non me ne pento, perché credo che alla fine gli sbagli si possano capire solo una volta commessi”. Ad aiutarlo a ripartire gli agenti “Gianluigi (Marraffa), Alessio (Baronchelli) e Davide (Stuto, della B.S.M. Best Soccer Management): ero rimasto senza procuratore, loro mi hanno aiutato a ritrovarmi, sono ritornate le buone prestazioni con la Lavagnese e ora è arrivata questa opportunità.
VALIGIA (QUASI) PRONTA, L’AUSTRALIA LO ASPETTA
Da condividere con un’altra conoscenza del calcio italiano. “Francesco Zanoncelli, anche lui ex Genoa, in panchina a guidarmi ci sarà lui. Un personaggio. Quando mi ha chiamato mi ha trasmesso tutto il suo entusiasmo: mi ha detto che lì mi aspettano tutti, che non vede l’ora che arrivi. Mi ha raccontato del tanto entusiasmo che c’è attorno al mondo del pallone in Australia, della voglia di crescita del club. Poi che lì a Toowoonba si vive benissimo, la qualità della vita è ottima e ci sono posti bellissimi da vedere, è un mondo completamente diverso. Quando parto? Ho ancora qualche giorno, il tempo di passare Natale e capodanno con amici e famiglia, poi si va: sono pronto, non vedo l’ora”. Ma in casa la notizia della partenza com’è stata presa? “Mia mamma Olivia mi ha chiesto se scherzavo, papà Massimo mi ha aiutato a fare la valigia: mi sta aiutando in tutto, i documenti, mi ha appoggiato dall’inizio”. Mio fratello Tommaso – anche lui calciatore, classe 2002 della Lavagnese – mi ha consigliato di non perdere questa occasione”. Una pazza idea, nata quasi per ‘gioco’ e ora diventata una splendida opportunità. Quella di camminare con le proprie gambe, ventitré ore di volo e sedicimila duecento quarantuno chilometri di distanza per ritrovarsi. E poi ripartire, direzione ritorno a casa: non più da testa matta, ma semplicemente da uomo. Con tanti sogni nel cuore… e in valigia. Quella (quasi) pronta ad essere chiusa. E allora buon viaggio. E Good luck Federico!