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“Benvenuto (ancora) al Sud”: Auteri e il Bari, un matrimonio atteso due anni

L'ultima volta che è stato seduto in panchina per una gara ufficiale il Bari ce l'aveva di fronte, come avversario. A cinque mesi e mezzo da quella strana serata del 9 marzo, con il Catanzaro e i pugliesi che pareggiavano per 1-1 in un "Ceravolo" blindato mentre il Premier Giuseppe Conte estendeva la zona rossa a tutta l'Italia per l'emergenza coronavirus, Gaetano Auteri è pronto a indossare la sciarpa biancorossa e vivere l'ennesimo "Benvenuto al Sud" di una carriera intensa, fatta di (tante) vittorie e (pochi) passi falsi. Il Bari e la famiglia De Laurentiis lo hanno scelto per prendere il posto di Vincenzo Vivarini, al quale non sono bastati 27 risultati utili di fila prima del ko in finale playoff per la conferma, Auteri ha risposto presente. Firmando un biennale e accettando l'ennesima sfida da allenatore.


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AUTERI-BARI, LA PENNA PER LA FIRMA C'E' DAL 2018

E dire che il matrimonio tra Auteri e il Bari avrebbe potuto essere consumato ben prima di questo insolito agosto, con poco calcio giocato e tanto calciomercato a causa dello slittamento dei calendari dettato dal lockdown. Agosto 2018, la Filmauro ha da poco rilevato le ceneri di un Bari scosso dal fallimento e dalla ripartenza dalla D. Tra i profili sondati per la panchina, lo Special One di Floridia è in cima alla lista. Ci sono dei contatti ma non si andrà oltre: un contratto con il Catanzaro e una stagione troppo vicina incidono sul "no" di Auteri e la dirigenza pugliese vira su Giovanni Cornacchini. Ma la porta è rimasta socchiusa. Fino all'apertura delle scorse settimane. Il Bari manca l'appuntamento con la B, le richieste di Vivarini per la stagione 2020/21 non incrociano i desiderata della dirigenza. Così il telefono di Auteri riprende a squillare. Dall'altro capo, ecco il "sì" atteso due anni.

"A FORZA DI PENSARE GRIGIO SIAMO DIVENTATI PALLIDI"


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Al San Nicola Auteri ci arriva forte di una carriera da 870 panchine in 25 stagioni. Nella bacheca dei trofei trovano posto cinque promozioni in carriera tra Serie D e serie C: Igea Virtus (2000), Gallipoli (2006), Siracusa (2009), Nocerina (2011) e Benevento (2016). Traguardi tagliati senza mai rinnegare il proprio credo: un calcio verticale, spesso spettacolare, fatto di proposta più che di risposta. Le sue squadre nascono per segnare un gol in più dell'avversario. La tutela della propria porta passa per l'offesa di quella altrui. Marchio di fabbrica? Il 3-4-3, che può virare in 3-4-1-2 o 3-5-2 con rare escursioni nella linea difensiva a 4. Le basi? Un regista vecchia scuola che fa sempre la cosa meno scontata, degli esterni che macinano chilometri e chilometri, la difesa alta, a volte fino alla linea di centrocampo. "A forza di pensare grigio siamo diventati pallidi" raccontava qualche tempo fa in un'intervista a GianlucadiMarzio.com. Nel mondo degli stereotipi e del risultato a tutti i costi, Auteri non rinnega la sua filosofia, di vita più che di calcio: confronto a viso aperto, alla pari, senza filtri o timori reverenziali. Senza pensare troppo. Come quella volta che ha 'deciso' di diventare allenatore.

IL MENISCO BALLERINO E GLI ALLENAMENTI DEI PORTIERI

Riavvolgiamo il nastro. Estate 1992. Un Auteri ancora 30enne, attaccante passato per Siracusa, Varese, Monza, Palermo, Licata e Leonzio, decide di dire "basta" con il calcio giocato. Quei menischi lesionati due volte con erosione della cartilagine nei tre anni di B a Varese fanno troppo male e hanno inciso tanto sul rendimento a Genova, dove era arrivato per la cifra record di 1,4 miliardi di lire con Beppe Marotta direttore sportivo che stava 'nascendo' proprio in quegli anni. Nel 1984, tanti soldi. Ma più dell'etichetta, ad Auteri pesavano quelle articolazioni ballerine. Per questo, sfumata la trattativa che lo avrebbe portato al Taranto in B, decide di rinunciare all'offerta della Sambenedettese e di lasciare il calcio giocato. Dall'oggi al domani. Con sana sfrontatezza, senza pensare troppo, senza fare troppi calcoli. "Passavo le giornate con il voltaren in mano – racconterà – ho sofferto sì, non tanto fisicamente, perché poi alla fine in un modo o nell’altro il dolore passa". E cambia forme, si cancella con il tempo e le esperienze. Rovesciando i punti di vista. E passando dal centro dell'attacco all'allenamento dei portieri: nel 1994 diventa il preparatore dei portieri dell'Atletico Catania, in quanto non dotato di patentino di primo allenatore. "Non ce la facevo più a star lontano del campo, accetto senza pensarci. Poi, torno a casa, tra me e me penso ‘allenatore dei portieri? Ma come?". Firma a giugno per settembre, passa un'estate intera a documentarsi sugli allenamenti specifici. "Chiedevo ai ragazzi di venire al campo tre ore prima, così finivo con loro e mi mettevo subito a veder la prima squadra. Pensa che sono passati quasi trent’anni". Un anno dopo sarà a Ragusa, da allenatore capo, con un settimo posto in Serie D. Avvio di un percorso con valigia in mano Dal 1998 al 2001 guida l'Igea Virtus prima in Serie D e poi, dopo la vittoria del campionato 1999/2000, anche in C2, dove ottiene un sorprendente sesto posto.


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20 ANNI DI CORSA, DA LEADER

Da Barcellona Pozzo di Gotto parte un viaggio con valigia in mano, senza mai oltrepassare il Rubicone: Avellino, Crotone, Martina, Siracusa, Gallipoli, ancora Siracusa, Catanzaro, Nocera Inferiore, Latina, Matera, Benevento, Matera e infine Catanzaro. Da Floridia, provincia di Siracusa, dove un castello di epoca Normanna-Sveva, periodo in cui la fortezza era un normale concetto di difesa e di resistenza nobiliare dei feudatari del luogo, al mondo del calcio professionistico. Cercando sempre di attaccare e imparando dai propri errori. "Non c'è nient’altro che mi faccia sentire così vivo come un cross fatto bene, una diagonale coi tempi giusti, una ripartenza ragionata" è la sintesi del calcio di Auteri. Adrenalina. O libidine, parola che a Bari hanno imparato ad amare nei tempi di Conte e Ventura in panchina: è passato quasi un decennio e da allora la piazza è ansiosa di identificarsi in un leader alla guida. Ci hanno provato in tatni, da Nicola a Colantuono fino a Fabio Grosso, senza riuscirci in pieno. Risultati, gioco e cuore: le tre richieste del Bari e di Bari ad Auteri si identificano in questi concetti.


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DA CHI RIPARTE IL BARI?

La vera domanda è questa. In una rosa con 24 giocatori sotto contratto e tanti punti interrogativi toccherà al duo Auteri-Romairone risolverli. Incrociando la voglia di ringiovanimento dell'organico con quella di valorizzare alcune qualità rimaste inespresse nel corso dell'annata 2019/20: è il caso di Mattia Maita e Eugenio D'Ursi, che Auteri ritroverà dopo l'esperienza di Catanzaro. A prescindere dagli interpreti, sarà valido un monito che l'allenatore siciliano ha fatto suo da anni: "Ormai ai giovani di oggi di fare sacrifici non gliene importa proprio niente, pretendono e purtroppo hanno tutto e subito. Fanno tre partite in Serie C e si sentono arrivati". Parola di chi in carriera ha lanciato nomi del calibro di Di Lorenzo, Lucioni, Bonifazi e Ciciretti. E di dare fiducia ai giovani non ha paura, ma a un patto: che non siano mai appagati e sempre affamati. Traiettorie di un calcio verticale nel pensiero e fatto di costruzione. Di un gioco e di un progetto tattico. Superando il confine tra bel sogno e solida realtà, spesso labile, sul quale Gaetano Auteri palleggia con successo da 25 anni.