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Brienza e Galano, il Bari prepara i tiri mancini per i playoff

“Bentornati nella cooperativa del gol, la vostra mancanza si sentiva”. E’ il post-it che ha accolto Cristian Galano e Franco Brienza ieri sera al ritorno nello spogliatoio del Bari, dopo il 2-0 inflitto al Carpi che ha consegnato al gruppo di Fabio Grosso sesto posto e playoff, restituendo ai due mancini più pregiati della rosa biancorossa gol e sorriso. Elementi fondamentali in una fase della stagione nella quale ogni partita rappresenta una scelta, un bivio nel rettilineo che conduce al sogno chiamato Serie A, grande assente dalle parti del San Nicola dal 2011.

I minuti decisivi sulla ruota di Bari sono due: il primo è il 26, come l’attimo in cui Galano ha interrotto un digiuno lungo più di cinque mesi. Dal 16 dicembre 2017, quando con una doppietta aveva firmato il 3-1 al Curi di Perugia, il Robben di Capitanata si era fermato. Dai rumors di mercato che l’avrebbero voluto in serie A a gennaio, passando per un inverno condito da scarsa mira e poco estro, il numero 11 era venuto fuori perdendo posizioni nelle gerarchie di Grosso e vedendosi scavalcato dai compagni di squadra tra i titolari. Fino alla sfida contro il Carpi: illuminante apertura di Nenè, scatto bruciante di Galano e destro tra le gambe di Serraiocco. Lui ha serrato i pugni, contenuto la gioia e abbracciato i compagni di squadra. Quasi a scusarsi per la lunga pausa, che aveva rivelato nel girone di ritorno il lato opaco di una medaglia lucida come non mai nel girone di andata: 13 reti (+ 2 in Coppa Italia) e un profilo da leader. Che Galano oggi vuole recuperare, anche grazie alla fiducia dell’ambiente. Quello che ha gridato il suo nome ieri sera all’uscita dal campo, quello che nel circolo di amori e amicizie (dalla fidanzata Giorgia ai parenti) l’ha accolto nella pancia dello stadio barese nel postpartita.

Dodici anni separano sulla carta d’identità Cristian e Franco, la classe li unisce. Franco è Brienza, ha il numero 10 sulle spalle e anche contro il Carpi ha confermato la tesi sostenuta dal suo allenatore Fabio Grosso: “Esprime un gioco che non appartiene a questa categoria”. Per conferme, guardare e riguardare il mancino violento e liftato con il quale ha battuto Serraiocco per il 2-0. Al minuto 44, il secondo sulla ruota di Bari nell’ultimo turno di campionato. Palla ricevuta da Anderson, stop orientato e rete: quasi routine per chi all’attivo ha 571 presenze tra i professionisti e 90 reti. Molte delle quali da incorniciare, come quelle contro Pescara, Pro Vercelli e Spezia realizzate quest’anno. A 39 anni suonati, il fantasista spinge il futuro un po’ più in là, ma consapevole che l’ora di fermarsi si avvicina sempre più: “La standing ovation del San Nicola mi ha emozionato – ha spiegato nel postpartita – sono le soddisfazioni che restano nel cuore, ma sappiamo che oggi è passato e lo mettiamo da parte”. Testa al Cittadella, avversario nella sfida a eliminazione diretta dei playoff, perché “giocare per la serie A cambia le carriere di tutti, dall’allenatore ai calciatori. Siamo un gruppo unito e ambizioso”. Parole da leader, che ha anche cancellato un’antipatica statistica: prima di Bari-Carpi, 5 presenze da titolare su 28 e 5 sconfitte del Bari. Con vista su Buffon, celebre nome arrivato all’addio al calcio italiano: “E’ un giorno che vuoi allontanare il più possibile, ma arriva per tutti: io cerco di godermi ogni momento al massimo”.

Godersi l’attimo: la ricetta del Bari, la ricetta di Federico Andrada. L’attaccante argentino passato dal River Plate e amico del “Cholito” Simeone, oggetto misterioso nei primi tre mesi, si era sbloccato all’esordio da titolare contro il Perugia, salvo fermarsi per un infortunio alla caviglia a Parma. Ieri sera era out, così ha pensato di seguire la partita in curva con i tifosi del Bari. Idea apprezzata e divulgata su Instagram, ricambiata a suon di “like” e commenti positivi. Classe, gol ed entusiasmo: al suo attacco il Bari chiede anche e soprattutto questo.