Da out a in: scontro generazionale, Wenger batte Conte. E Community Shield all’Arsenal
‘In or out’,
quale sarà la fine di Wenger? Risposta scontata al termine della
stagione scorsa. Fuori. Fine di un’era. Una gestione lunga 21 anni
senza mai uscire dalle prime quattro, fatta di spettacolo e successi.
E invece arriva l’ultima, quella del tracollo: senza Champions
League. Disastro. Meglio cambiare insomma. Anzi: no. Wenger resta.
Vince la FA Cup e dopo 71 giorni alza pure il Community Shield. Ah, lo fa con un minimo comune denominatore: battere il Chelsea. Riconquistando un popolo e sorprendendo il mondo. Sconfiggendo Conte in
tre dei quattro scontri tra i due. La giacca punisce la tuta, perché
Antonio nel tunnel di Wembley si era vestito come i suoi giocatori. Come per scendere in campo con loro.
Perché a volte i
cicli non finiscono. Storie infinite, già. Soprattutto se di mezzo
c’è Wembley. E allora l’amore torna, sboccia di nuovo. Alla
faccia delle assenze, senza Ramsey, Sanchez e Ozil. Rimasti a
guardare. Spazio a quelli veloci, freschi. Alzando al cielo di Londra
il Community Shiel numero 15 della storia Gunners
Resurrezione
“Mi avete
ammazzato”, aveva detto Wenger ai giornalisti. Arsène se n’è
sbattuto, ‘let’s going on’: vietato arrendersi. Ok, ‘ma
l’Arsenal arriva lì, sembra sempre l’anno giusto, e poi la
Premier non la vince mai’. Oggi, però, forse, i Gunners possono
partire più spensierati e forti. Come una famiglia spaccata in due
che all’improvviso si riunisce. Assieme, col suo papà: Sir Wenger.
Vecchio e nuovo.
Stessa panchina, mercato diverso. Con Lacazette al centro
dell’attacco, libero ma allo stesso tempo ingarbugliato assieme a
Welbeck. E poi il gioco, lo stesso, quello frizzante: veloce, ricco
di fiammante e verticale. Sgommando. E buttando dentro la freschezza,
quella di Kolasinac: appena arrivato, appena entrato, che con la
testa pareggia il risultato dopo il vantaggio di Moses. Niente
rivincita di Conte, dunque. Perché il lavoro vince sempre. Paga. Ma
il perfezionismo fa di più, illumina. Fa spiccare il volo. Alla
faccia delle voci e dei problemi. Sì, Wenger lo sa bene: benissimo.
Abbassa la testa, cura i dettagli e vince. Diverte. Ma sarà la
costanza il fattore da ricercare nel corso della stagione.
Intanto, almeno la
fortuna c’è. Wenger la spunta ai rigori, quelli dei tiri con formula A-B-B-A: mega novità, un metodo testato
per la prima volta nell’Europeo femminile U17 dello scorso maggio,
che consentirà di calciare due volte consecutive a ciascuna squadra.
E soprattutto provoca a Morata un brutto errore dal dischetto, senza
contare quello di Courtois: rischiato da Conte come tiratore. Come a
dire: “Siamo talmente pochi che oggi lo calcio io”. Ma
nulla. La spunta Arsène: “Sono grandi record, è la mia settima
grande vittoria qua. Oggi abbiamo giocato bene”. Prestazione
convincente, sì: “Ci stiamo preparando per la stagione”.
Iniezione di fiducia e storia di un legame indissolubile, Gunners e
Arsène. Quel manager laureato in
ingegneria all’Università di Strasburgo, oltre
che a
una laurea specialistica in economia. Studioso
del pallone, soprattutto. Scoprendo talenti e continuando la ricerca
della continuità: da out a di nuovo in.

