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Il fiume, il decalogo, tanta Italia: viaggio nel Mestalla di Valencia, custode di valori

Colpisce il nome: “Mestalla”. E la storia che c’è dietro. Perché Mestalla, apparentemente, non vuol dire nulla. Per i meno esperti: è lo stadio del Valencia. Ma l’origine del nome è un dilemma anche per chi “mastica pallone”. Non è dialetto valenziano, non è un nomignolo, non ha a che fare neanche col più famoso “Amunt”. Dici Mestalla e pensi al Valencia, a David Villa, magari anche a Simone Zaza (ne parleremo). Ma dietro il suo nome si nasconde un fiume interrato, ormai sparito: “Chiamato?” Svelato il dubbio: “Mestalla”. E il nostro racconto parte da lì, da qualcosa che non c’è più ma è come se ci fosse, sempre presente. Da una guida disponibile, tanti ricordi e un’epopea purtroppo scomparsa (il Valencia non vince un trofeo dal 2008). Ma ancora viva sotto le fondamenta. Come quel fiume, l’altro Mestalla.


José lo ripete tante volte: Negli ultimi tempi le cose non vanno bene”. Racconta, spiega, risponde alle domande. E’ lui la guida di tutto il tour all’interno dello stadio: “Il più antico di Spagna! (1923 ndr)”. Ma alla fine prevale quella speranza ormai comune, che interessa tutti i tifosi del Valencia: tornare protagonisti. Claudio Lopez, Mendieta, Silva, Villa, Albelda, Aimar, i trofei degli anni 2000. Che storie. Lungo lo stadio è pieno di immagini che ricordano gli anni d’oro. “Irripetibili, forse”. Infine, sulla facciata principale, un pipistrello bello grande: “Il nostro simbolo”. Strano, no? Ci spiegano perché: “La zona ne è piena. Ce l’ha anche il Levante”. Ora curioso, in quanto le due squadre, in teoria rivali, hanno lo stesso simbolo: “Ma il rapporto non è come nei derby di Roma, non c’è una rivalità profonda”. Quasi amici, quasi. Mestalla come simbolo di un modo di vivere il tifo, lo stadio si può visitare tranquillamente e noi l’abbiamo fatto. Siamo entrati in campo, negli spogliatoi. Una panoramica completa. Primo punto, per arrivarci basta la metro: Aragon (Linea 5) e Facultats (6). Altrimenti una passeggiata a piedi: 20′ dalla stazione principale di Valencia (ps: consigliato). Bel quartiere quello del Mestalla, durante il giorno c’è poco ma la sera aprono i locali e si entra nella classica “movida” stile Spagna. Tutto vicino all’impianto.

Il nostro Cicerone? Josè, guida ufficiale che parla anche italiano. Informatissimo poi: “Il Valencia ha tanti legami con l’Italia”. Eh sì, diversi giocatori passati per il club: Corradi, Fiore, Moretti, Di Vaio, Cristiano Lucarelli, Carboni, anche Zaza. Ranieri e Prandelli come coach. E’ tutto scritto su una parete. Infine Tavano, quasi una comparsa (tanto che il suo nome non è neanche segnato). Josè ci svela che “eta triste, voleva andarsene”. Colpa di Quique Sanchez Flores. Ora c’è Zaza, golazo al Real Madrid e già 2 reti. Prandelli, invece, non ha sfondato: “Ha avuto diversi problemi con la società”. Mentre Ranieri è ricordato come “un idolo al pari di Benitez”. Ah, pure lui passato per l’Italia. Senza contare le gigantografie dei grandi campioni come Claudio Lopez e Mendieta: “Sinceramente non capisco come Gaizka in Italia abbia fatto male”. Neanche noi, Josè. Perché in Spagna era imprendibile. “Eliminò la Lazio dalla Champions”. E ricorda quel 5-2 ai biancocelesti di Mancini, Nesta e Simone Inzaghi oggi allenatore. Excursus passato, piccola tappa nella sala trofei, poi giù negli spogliatoi dove si intravedono tante vecchie conoscenze: Mario Suarez (ex Viola), Orellana (ex Udinese), Siqueira (trattato dalla Juve, ha giocato anche nel Sora), quel Nani trattato dall’Inter e Montoya, anche lui con un passato nerazzurro.


“L’avevamo detto che c’erano legami con l’Italia vero?”. Josè sorride, spiega. Ripercorre la storia di quel Valencia un po’ suo e che ora fa fatica, arranca in Liga. Niente Europa, società assente ma un “Nou Mestalla” in costruzione. Eh sì, perché entro il 2019 – anno del centenario – il Valencia avrà una nuova casa. In realtà i lavori sono iniziati nel 2007, ma la bolla immobiliare spagnola – unita ai problemi societari – ha ritardato la costruzione. Ora è ripreso tutto: E torneremo grandi”. Protagonisti. Colpisce un’altra cosa infine, la si intravede lungo gli scalini prima di entrare in campo: il decalogo del Valencia in 10 punti, tra cui rispetto, educazione, umiltà e il rispetto dei valori, quelli che il Valencia persegue fin dal “fiume Mestalla”. Ora portati avanti da uno stadio storico. Custode di origini, campioni, trofei e un pizzico d’Italia.