Questo sito contribuisce all'audience di

“Vi racconto Panama e i suoi talenti”. Mondiali 2018, viaggio in Centroamerica alla scoperta dei nuovi Dely Valdes

Miracolo sportivo, rivincita, favola. Chiamatela come volete, ma la qualificazione ai Mondiali del 2018 di Panama, strappata all’ultimo turno grazie al suicidio sportivo degli Stati Uniti, ha un sapore speciale per i centroamericani. Quattro anni fa gli U.S.A, già qualificati, vinsero in casa di Panama regalando una qualificazione insperata al Messico. Le lacrime e lo sconforto si sono trasformati in rabbia e stimoli, la “vendetta” è un piatto che va servito freddo e arriva solo nel 2017: chiamiamola allora “legge del contrappasso”. Un copione quasi da cinema, ma chi sono i principali protagonisti? Accanto ai “vecchi”, l’allenatore colombiano Hernan Dario Gomez, l’esperto portiere Jaime Penedo, comparsa nel Cagliari 2004-2005, i bomber storici Blas Perez e Luis Tejada, il capitano Felipe Baloy e Gabriel Gomez, ci sono un gruppo di giovani che fanno già parlare di sé. Miguel Camargo, Abdiel Arroyo, Edgar Barcenas, Erick Davis, Jorman Aguilar… il futuro di Panama, ragazzi che hanno voglia di crescere in fretta, come il piccolo stato dell’America centrale, che nonostante una popolazione di 3 milioni e mezzo di abitanti è riuscita a eliminare il gigante statunitense.

“Questa qualificazione è frutto di un lavoro che sta premiando la Federazione” – racconta Roberto Ottaviani, intermediario e esperto di calcio panamense – “E una realtà giovane nel mondo del calcio e già in passato aveva sfiorato il miracolo, quando fu eliminata da un gol degli Stati Uniti a 5 minuti dalla fine. Si tratta di un grandissimo risultato per uno stato che conta appena 3 milioni e mezzo di abitanti, poco più di Roma, piccolissimo, e che si presenta a una manifestazione importantissima come un Mondiale. E’ un calcio in crescita e questa qualificazione potrà dare un’ulteriore spinta. Ci sono progetti seri per la costruzione di nuovi stadi, quelli attuali sono quasi tutti concentrati a Panama City, dove risiede la maggior parte degli abitanti. I campi sono quasi tutti in sintetico, tranne quello del Rommel che è in erba. Ma tutte le maggiori società stanno cercando di realizzare strutture e infrastrutture moderne, un tema particolarmente importante”.

Il simbolo della Nazionale rimane l’ex Cagliari Julio Cesar Dely Valdes: c’è un suo erede tra i giovani panamensi? “Valdes rimane sicuramente il più famoso di tutti i tempi, il giocatore più importante della storia del calcio panamense. Ma è stato fondamentale anche da allenatore. Insieme al fratello Jorge è stato il precedente selezionatore della nazionale e hanno creato le premesse per un calcio più organizzato, di tipo europeo. Hernan Gomez ha completato questo processo. Suoi eredi? Panama sta esprimendo un buon prodotto, sono circa 60 i ragazzi che giocano fuori dal Paese. Sta nascendo una generazione di talento: le selezioni sub 17 e sub 20 hanno ottenuto ottimi risultati. Abdel Arroyo, Edgar Barcenas, Erick Davis, Michael Murillo, Jorman Aguilar sono quelli che io seguo in prima persona. Però ci sono altri 2 o 3 giocatori non seguiti da me, come Miguel Camargo, Ismael Diaz, Fidel Escobar, calciatori che possono fare un percorso importante”.

Descriviamoli uno per uno… “Arroyo è un attaccante del ’93, giocatore strutturato, veloce, potente, gli piace spaziare su tutto il fronte d’attacco. Attualmente gioca nel Danubio, club uruguaiano di massima serie, e stiamo definendo tutte le procedure per il passaporto, perché ha un trisavolo italiano. Fa parte della Nazionale maggiore e ha già esperienza in Europa e in Colombia. Ha debuttato nella serie A panamense a circa 16 anni. Anche Barcenas ha fatto esperienza in Europa. E’ un esterno di centrocampo, può giocare sia a destra che a sinistra, è molto tecnico: è soprannominato “il mago” per la sua abilità palla al piede. Barcenas è un 10 che con il tempo si è trasformato in esterno di qualità, gioca in Messico e ha fatto un buon numero di gol. Su Arroyo e Barcenas ci sono diversi club. Erick Davis è un terzino sinistro, vanta 35 partite in Nazionale ed un giocatore di grande tecnica e spinta sulla fascia: è uno dei due o tre calciatori più importanti del torneo slovacco. Ha un sinistro delizioso e fa anche un buon numero di gol. Murillo è un terzino destro del ’96 di grande corsa e molto strutturato, ha una buona tecnica di base: può crescere molto. Infine c’è Aguilar, che ha 4 anni di esperienza in Europa, in Portogallo. L’anno scorso ha segnato 12 gol nella b portoghese con l’Olhanense e ora gioca nell’Estoril, in massima serie. Attaccante mancino, potente fisicamente e abile a inserirsi, ad attaccare gli spazi”.

Atleti completi, tecnica e fisico, cosa manca all’esplosione definitiva? “Panama ha una caratteristica particolare. E’ un paese che nasce dalla fusione di quattro razze, oltre a quella indigena, c’è quella orientale, quella africana e quella europa. Sono atleti dotati di potenza fisica ma anche di ottima tecnica e che non mollano mai. Attraverso strutture, allenatori e preparatori “europei” possono fare un ulteriore step nel loro percorso di crescita: il calcio sta prendendo lentamente spazio rispetto al baseball, lo sport principale, dove Panama è al top. E’ un paese in via di sviluppo in tutti i sensi: il loro prodotto interno lordo è in doppia cifra ormai da diversi anni. Se alcune di queste risorse fossero destinate allo sport, potrebbe diventare una grande realtà. Adesso ci sarà tanto entusiasmo, è un Paese che sa cogliere le occasioni. Dire se ai mondiali potrà essere il nuovo Costa Rica è difficile, comunque lo hanno appena battuto, se la sono giocata con il Messico e non hanno sofferto la loro superiorità. Con gli Stati Uniti, nonostante l’ultima sconfitta, se la giocano. Ai Mondiale sarà la Nazionale simpatia, adottata un po’ da tutti”.

Che persone sono i panamensi? “Fantastiche. L’accoglienza che ricevo ogni volta che vado a Panama mi commuove: sono uno dei pochi professionisti che ha dato attenzione a questo paese. Le famiglie dei ragazzi sono molto accoglienti, mi mettono nelle condizioni di sentirmi meglio a Panama che in Italia. Quando mi trovo fuori sento questa attenzione nei miei confronti. Un aneddoto? Un giorno stavo prelevando soldi da un bancomat, ma non riuscivo a farli uscire, pensavo non funzionasse o che non ci fosse disponibilità. Ormai ero in macchina, rassegnato, quando un ragazzo di circa 16-17 ha incominciato a fare dei cenni e a inseguirmi, ero a circa 300-400 metri. Insisteva, correva ed era ormai affannato. Allora ho deciso di fermarmi: mi ha portato i 500 dollari che erano usciti dal bancomat. E’ una cosa che ancora adesso, se ci ripenso, mi impressiona. Ecco, questo penso che basti a descrivere i panamensi”.

Ricchezza e povertà, modernità e arretratezza, tutto in un piccolo lembo di terra che separa due Oceani: “Panama City è una metropoli modernissima, se ti affacci dai grattacieli sembra di stare a Miami. Ma appena esci dalla città c’è un altro mondo e vedi scene che ti portano indietro nel tempo, fatte di persone oneste prive di malizia, genuine. Ho visitato i “barrio” dove ci sono i miei giocatori, posti veramente umili, con lati positivi e negativi. I ragazzini giocano nella terra senza le scarpe e quando vengono a sapere chi sono cercano di mettersi in mostra: sognano il grande calcio. Sono molto credenti, hanno un grande legame con Dio. Immagino già cosa significherà per loro il Mondiale e la Nazionale farà di tutto per far parlare di sé, per farà bella figura e rappresentare i connazionali nel migliore dei modi”.

Che idea hanno del calcio italiano e di quello europeo? “E’ il sogno di tutti questi ragazzi e io, per quanto possibile, ho cercato di frenare un po’ queste aspettative, di far capire che dall’altra parte c’è un altro mondo e non è tutto facile e scontato. Giocare in Europa è il loro obiettivo ed è lo stimolo per ottenere risultati nel calcio: sarebbe il coronamento perfetto della vita sportiva. Ma bisogna disincantarli, perché non è solo un problema tecnico, ma anche di adattamento a un clima, a una cultura e a una lingua a volte totalmente diversi: provo a prepararli a un eventuale arrivo in Europa. Ad alcuni di loro ho dato la possibilità di vivere un’esperienza in club importanti come Roma, Lazio, Benfica. Non era solo la possibilità di fare un provino, ma di vivere una situazione differente dalla loro, un assaggio di ciò che li aspetta”.

Un nome secco per la serie A? Chi potrebbe essere protagonista da noi? “Abdel Arroyo, Edgar Barcenas e Erick Davis,sono tre calciatori che giocano in Nazionale e che potrebbero fare bene in serie A. Per club di primissima fascia forse non sono ancora pronti, ma sicuramente farebbero bella figura in un club di medio livello”.