Verona, alla scoperta di Samir: il “bochechudo” brasiliano che Thiago Silva incoronò suo erede
22 anni, talento da vendere e futuro tutto da scrivere. “Sì, dai, il solito brasiliano sopravvalutato”, avrà mugugnato qualcuno. E invece no, le qualità di Samir non si discutono davvero. La firma ce la mette Thiago Silva in persona, un’incoronazione da principe per un talento che inizia a brillare. “I miei eredi? Ce ne sono due/tre ed uno di questi è Samir: sa leggere la partita, è mancino e questo non è facile per un difensore”. Tac, salvare e mettere in archivio. Al Flamengo sorridono, in casa hanno un potenziale campione. Anzi, avevamo. Perché l’Udinese se l’è preso girandolo al Verona. Eppure la strada non è mai stata in discesa…
Riflettori da guadagnare, con più fatica degli altri. Colpa di quel maledetto fisico che lo rendeva meno appetibile dei compagni di squadra. A 13 anni tutti iniziavano a crescere, Samir restava basso e con qualche chilo di troppo. Normale, per un adolescente. Non per chi deve diventare campione, però. La fame è tanta in tutti i sensi, quella a tavola e quella calcistica. Quanta fatica, tanto sudore e molta corsa per smaltire il peso in eccesso e scrivere il proprio futuro.
Denti stretti, gli occhi fissi sull’obiettivo. Una lunga e lenta scalata: la Fluminense prima, poi nel 2004 la chiamata dell’Audax Rio. In prestito al Flamengo, dove convince e si guadagna il riscatto. A 17 anni assapora la prima squadra, ci mette poco per conquistarne una maglia. Jaime de Almeida lo lancia, Mano Manezes lo consacra. Titolare, punto fermo al centro della difesa. Mancino, elegante, stratego attento e deciso. Prestazioni convincenti, una dopo l’altra. Fino a far accendere i riflettori dell’Europa. Oggi il Verona. O bochechudo è pronto a diventare campione, senza più chili sui fianchi. Biglietto per l’Europa già in tasca, Samir alza lo sguardo. E il Bentegodi l’aspetta…