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“Va pazzo per Dybala, ma lo definirei un piccolo Icardi”. Cagliari, nel mondo di Han… e dei suoi fratelli

Han Kwang Song, “numero uno”. , perché dopo aver sfiorato l’esordio contro la Lazio il giovane nordcoreano ha realizzato il suo sogno, esordire in serie A: è il primo nordcoreano a giocare in un campionato professionistico italiano. Ma chi è veramente Han? Del “Sau del Sol Levante” si sa poco, allora perché non chiedere a chi lo ha cresciuto, coccolato e portato per mano fino a qui? A raccontarci del diciottenne attaccante del Cagliari ci ha pensato Luis Pomares, della Italian Soccer Management, l’Accademy che ha formato il numero 32 rossoblù.

Come è nata l’idea di portare Han in Italia? “E’ un progetto sviluppato tra la nostra Academy e la DPR Korea Football Association, la federazione calcistica nordcoreana” – dichiara Pomares ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “C’è stata la possibilità di vedere Han di persona nel 2014, a Pyongyang. Io e i miei collaboratori abbiamo visto una selezione di ragazzi nati nel ’97, ’98, ’99. Ci siamo accorti subito delle qualità di Han e di tanti altri che ora giocano in Italia. Dopo aver vinto la Coppa d’Asia di categoria, a settembre-ottobre 2014 c’è stata la possibilità di portarlo in Italia attraverso un visto di studio, e di farlo rientrare in un programma accademico-sportivo. Da subito diverse società si sono fatte avanti e ne hanno apprezzato le qualità. Nel 2014 lo voleva il Liverpool che lo aveva visto nelle coppe asiatiche. Poi il Manchester City nel 2015 e nel 2016 la Fiorentina. Quest’anno il Cagliari e, abbiamo saputo, anche l’Ajax“.

Giornata tipo di Han all’Accademy? “La mattina andava a scuola, liceo scientifico, e studiava l’italiano. Aveva un’abitudine molto particolare, quella di alzarsi alle sei del mattino e iniziare esercizi di stretching fino alle sette, sette e mezzo, ora in cui faceva colazione. Non era solo sua, ma un po’ di tutti i ragazzi nordcoreani. Dopo la scuola veniva a Perugia, dove abbiamo i campi e svolgeva gli allenamenti insieme agli altri. Alle sei e mezzo rientrava in convitto, cenava e verso le dieci, dieci e mezza, per regolamento del convitto dovevano andare tutti a letto”. Che tipo di ragazzo è? “Conosce e parla benissimo l’italiano. E’ molto serio, determinato nel suo obiettivo di diventare un calciatore professionista. Han sa che è un sogno, ma ha i piedi per terra. Da una parte serietà, dall’altra il giusto entusiasmo: è ciò che ha colpito i dirigenti del Cagliari”.

Su cosa avete lavorato da un punto di vista tecnico? “Non aveva molto da imparare, perché aveva già affinato la tecnica di base nelle scuole calcio nordcoreane. Ha qualità innate: è abile con entrambi i piedi, elasticità dei movimenti, esplosività nelle gambe. Noi abbiamo lavorato molto sulla finalizzazione, i tiri in porta. A tutta quella tecnica non corrispondeva una media realizzativa all’altezza. Allora abbiamo cercato di migliorare la finalizzazione. E’ uscito fuori un buon lavoro, perché è bravo con il destro, di sinistro, di testa e per il suo ruolo credo sia importantissimo”. Ha dei modelli? “Gli piace molto Dybala, secondo lui è il giocatore più forte in Italia. Sau? E’ un ottimo esempio: tecnico, piccolo, veloce, esplosivo. Han però lo vedo di più come punta centrale, ruolo in cui ha sempre giocato. In quella posizione potremmo definirlo un piccolo Icardi: ottimo tiro, dribbling, bravo di testa. Nel panorama italiano lo paragonerei al centravanti dell’Inter

Ha delle passioni particolari? “Sì, gli piace molto girare con gli amici per la città: spesso andava in giro per Assisi. Poi tanto calcio. Gli piace più la Liga e la Serie A della Premier. Quando venne a farci visita il direttore sportivo del Liverpool gli fece vedere un video della Champions vinta nel 2005. A un certo punto gli chiese: ‘Conosci Gerrard, il nostro capitano?’. E lui: ‘No, chi è? Però vedo Xabi Alonso e Luis Garcia: due grandi”. II direttore sportivo scoppiò a ridere e rimase colpito: ‘Come è possibile che non riconosce una leggenda mondiale come Gerrard e sa chi è Luis Garcia? Poi gli spiegammo chi era Steven…”. Vizi a tavola? “Ogni tanto andavano a mangiare il sushi al ristorante, gli piacciono i piatti orientali: cinese e giapponese. Ha un carattere stupendo e nella sua Nazionale, anche per questo, era capitano. E’ un ragazzo rispettato da tutti ed è considerato un esempio. Parenti? Dopo tre quattro mesi che sono in Italia i ragazzi rientrano per un periodo di vacanza nelle loro famiglie. Quando sono qui, invece, per loro non è facilissimo contattare i parenti, sia per telefono, che tramite Skype. Si mantengono in contatto via e-mail e lettere”.

Quali altri giocatori si sono messi in mostra nella vostra Accademy? Han era il più pronto: per quello che ha fatto vedere non è un caso che sia il primo che è riuscito a farcela. C’è anche Song Hyok Choe, ma dopo il suo passaggio alla Fiorentina sono subentrati altri discorsi. Han ha sempre dimostrato di voler arrivare, si vedeva dal suo sguardo: se l’è meritato. Altri nomi? Ci sono altri ragazzi molto promettenti come il portiere Ri Chol Song, classe ’98, o Kim Ho Gyong, difensore centrale del ’99. Poi c’è Jong Chang Bom, esterno alto mancino o seconda punta, che gioca nella Beretti della Maceratese: è stato convocato anche con i grandi”. La prima volta non si scorda mai… “Quando ieri abbiamo sentito Han gli abbiamo chiesto cosa provava: ‘Non capivo nulla dall’emozione’. Dopo tre anni assieme, a cercare di crescere per raggiungere questo obiettivo, puoi capire che gioia stiamo provando. Però è solo l’inizio, ci sarà tanto da lavorare e lo sa bene anche lui”. Le premesse ci sono tutte.