Totti, Pirlo… Sì, adesso sei un po’ meno solo: buon compleanno, Alex Del Piero! Giocare a calcio o raccontarlo, sempre con la stessa luce
“Smettere di giocare è un dettaglio, i campioni come te non daranno mai l’addio al calcio: buon futuro Andrea!” Hai salutato così Andrea Pirlo, nel giorno del suo ritiro. “Buon futuro”, lo dicesti anche a Francesco Totti. Perché è chiaro, Alex (permettimi di darti del “tu”) difficilmente ti guardi indietro. “Il gol più bello? Quello che devo ancora segnare” ripetevi sempre quando giocavi a calcio. Ora però, quel futuro è arrivato. Non solo per te, anche per altre due icone del calcio italiano come Totti e Pirlo; ma hai ragione in fondo: i campioni come voi non daranno mai l’addio al calcio. Perché sarete sempre “portatori sani” di calcio, anche quando non lo praticherete più. Adesso sei un po’ meno solo, Alex, a viverti quel futuro che quando lo aspetti sembra un’incognita ma quando arriva, sai cavalcarlo come un onda. E’ stato così per te, che il calcio adesso ce lo racconti. Lo è per Totti, che ha trovato il suo posto (per ora) dietro una scrivania. E lo sarà per Andrea Pirlo. Il futuro, già, scorre e diventa presente a suon di compleanni. Oggi sono 43, sempre con quella stessa luce.
La luce che tuo padre accendeva per illuminare il campetto
dietro casa si è trasformata, evoluta, nel tempo è diventata una luce pronta a
indicare la via alla squadra di cui sei diventato bandiera e ad ogni innamorato
del calcio, giocatore o tifoso che fosse. Una luce che non si è spenta nemmeno
quando hai smesso di giocare a calcio. Un
addio non celebrato, come una storia d’amore che finisce di notte senza nemmeno
rendersene conto. In fondo però, il vero addio al calcio era già stato consumato
in quel pomeriggio di maggio: era il 2012, giocavi la tua
ultima partita in campionato con la maglia della Juventus e di
lì a poco avresti alzato al cielo la coppa dello Scudetto che avevi contribuito
in maniera decisiva a regalare alla tua signora.
4 anni dopo, dopo aver “colonizzato” con quella luce terre lontane, c’è un
nuovo Alessandro Del Piero da scoprire. Non giochi più a
calcio ma parli di calcio, ambasciatore del gioco nel mondo
e in tv. Sei quello che tra una diretta televisiva, tanti viaggi (l’ultimo in Russia, dove ti trovi ora. FOTO) e una partita di golf, lancia una sfida a colpi di punizioni a Dybala. Il tuo erede designato? Lo dirà il tempo: la stima c’è, la maglia numero dieci adesso pure. Anche se, citando il tuo libro “10+
Il mio mondo in un numero” (Mondadori, 2007), “voglio segnare ancora per rendere più difficile la vita al ragazzo che,
un giorno, comincerà a pensare di spodestarmi: forse è già nato, forse no, ma
prima o poi spunterà, mi metterà nel mirino e potrà tentare di superarmi”. Superarti… fosse facile. Non basterebbe sopravanzarti nel numero di gol. Berlino,
11 anni fa. Vi dice qualcosa? Oppure Tokyo. Un gol, decisivo,
in finale di Coppa Intercontinentale, un fresco ventiduenne sul tetto del mondo.
Oggi quel nome così affascinante ed evocativo è stato sostituito da “Mondiale
per club” e non sei più il capellone che piazzava la palla all’incrocio dei pali, ma un uomo che però, quando parla di calcio, ha ancora negli occhi la
stessa luce. Già, sempre la luce.
9 novembre 1974, una storia d’amore con il calcio oggi
lunga 43 anni, cominciata con la pallina di tennis calciata in
garage per centrare l’interruttore della luce.
“L’interruttore è l’obiettivo, il centro del mio desiderio. L’interruttore
è la porta. Se lo colpisco, faccio goal. Se lo colpisco, si accendono le luci
dello stadio” (Giochiamo ancora – Mondadori, 2012).
Gloria e polvere, cadute e risalite, momenti sliding doors che ti hanno
reso un’icona, la tua carriera un manifesto. E oggi è come se
volessi testimoniarla. Dalle luci dello stadio a quelle degli studi televisivi:
“Sei stato un grande giocatore e ora sei anche un grande
giornalista”. Francesco Totti dixit, in
un collegamento durante Sky Calcio Show, circa un anno fa. Tu hai sorriso un po’
imbarazzato, “No, ero più bravo in campo”. E non è falsa modestia.
Anche se il calcio stai imparando a raccontarlo, come nella tua prima
telecronaca durante i mondiali in Brasile: Argentina-Svizzera 1-0, gol
di Di Maria predetto poco prima. Da attore a regista, tu che a Los
Angeles vivi, tra un travestimento di Halloween
con i tuoi bimbi e una foto con Daddy Yankee.
All’interno di 10+, scritto quando avevi 32 anni, hai deciso di scandire la tua vita attraverso liste formate da 10 componenti. Tra le 10
paure elencate, due sono emblematiche. “Tradire me stesso e i miei
obiettivi. A trentadue anni so chi sono e cosa voglio, almeno nell’immediato.
Ma il rischio di perdersi, o di non riconoscersi, è sempre in agguato”. Le
paure e le difficoltà le hai sempre combattute come Achille, quella metafora
che ti piace tanto e che ti ricorda quel periodo in panchina con Capello e durante
Germania 2006, prima che arrivasse il tuo momento.Più di 10
anni dopo saranno cambiati gli obiettivi e il concetto di
“immediato”: reinventarsi restando se stessi però può essere un modo
per esorcizzare questa paura. Vivere il calcio da un’altra prospettiva e
raccontarcela, con classe immutata. Da numero… 10, che più
che un numero sembra un voto. Ah, e l’altra emblematica paura? “Il buio“.
Nessun timore, per quello c’è la luce del campetto dietro
casa: un motivo in più perché continui a splendere ancora.