Totò, la speranza in un pallone: “Dal Gambia in barcone, con il Trapani per comprare una casa a mia madre”
“Vorrei comprare una casa a mia madre Cadè, in Gambia”. Lo dice abbassando lo sguardo Abdoulie Dampha, immigrato ganese, per tutti ormai “Totò”, che sta vivendo un altro suo sogno, quello di giocare a pallone. Entra in campo con i compagni. E’ pronto fuori e dentro: divisa d’allenamento e speranza. Nella settimana in cui un Totò saluta il mondo del calcio, un altro è pronto a fare quello che Di Natale ha fatto per un’intera carriera, segnare, magari in serie A. Oppure sogna le notti magiche dell’altro Totò siciliano, Schillaci. Dampha allora è nel posto giusto. Il Trapani, in corsa per la serie massima serie, è una società sui generis, capace di volare alto, ma con i piedi ben saldi sul terreno dei valori. Da qui nasce l’opportunità per Totò. Tre giorni per arrivare in Italia. Era il 28 settembre del 2013 e Abdoulie, partito da solo a quattordici anni da Tripoli, su una di quelle imbarcazioni stracolme di gente con cui condividere la speranza di una Vita degna di tale nome, ha ancora nella voce l’incubo del viaggio: “Già il primo giorno finimmo l’acqua e il cibo, gli altri due sono andati male male”.
Nel suo italiano stentato usa un superlativo fatto di due parole semplici, ma che solo a pronunciarle quando abbassa lo sguardo, diventano atroci. Si tormenta le mani mentre parla, come a voler trovare le parole giuste che riescano ad esprimere il suo dolore, che ricaccia indietro. Sono il racconto a chi, da fuori, assiste quotidianamente a qualcosa che ormai è diventata routine. Arrivato ad Augusta, prima di giungere in un centro di accoglienza trapanese, è passato da Priolo e Caltagirone. Qui ha continuato a fare quello che aveva cominciato a sette anni in Gambia, giocare a calcio, e lo fa con l’Equipe Sicilia. Da lì il trasferimento a Trapani questo novembre scorso e l’avventura con la Primavera…ed ecco svelato il mistero del nome: “In campo, per una correzione o per attirare l’attenzione, Abdoulie era troppo lungo, allora il nuovo battesimo”, afferma Ciccio Di Gaetano, allenatore delle giovani promesse granata. Ma Dampha l’ha presa bene: “Dovessi un giorno giocare in una squadra, il nome sulla maglia deve essere Totò. “Sono una mezz’ala veloce e sono bravo nel pressing, ma sto cercando di migliorare la tattica. Yaya Tourè è il mio giocatore preferito, ma ammiro anche Lampard. Del Trapani mi piace Coronado”.
A dicembre il passaggio alla coorte di Serse Cosmi e l’opportunità di allenarsi con giocatori fatti e finiti. “Migliora a vista d’occhio”, dicono i compagni che lo abbracciano, gli vogliono bene e si vede. E gli vuole bene anche il direttore sportivo Faggiano che in occasione della trasferta di qualche settimana fa a Vercelli, ha voluto che Totò seguisse la squadra: “Ero molto emozionato, per me è stato bellissimo poter seguire i ragazzi e vivere la realtà di una trasferta, mi sentivo parte del gruppo…e poi ho preso l’aereo per la seconda volta!”. Cose scontate, improvvisamente non lo sono più. Un viaggio, un abbraccio, per Totò non lo sono. Ha il sorriso pronto e sincero, ma lo sguardo che è una contraddizione: allegro e malinconico nello stesso tempo. Fa quello che gli piace, ma lo fa lontano da sua madre e dalle sue cinque sorelle che non vede da tre anni. Corre Totò, con nel cuore il pallone…e la casa per mamma.