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“Tante offerte dall’Europa, ma il Giappone è una scelta di vita”. Jef United, “El Bati” Larrivey si racconta

“Avevo tante offerte dall’Europa, ma ho preferito girare il mondo: non ho rimpianti in carriera”. Stanotte doppietta con il suo Jef United, Joaquin Larrivey sta trascinando a suon di gol il club giapponese ai play-off per la promozione nella J1 League: adesso sono 20 in 37 presenze, più 2 assist. L’impresa, che fino a qualche settimane fa sembrava impossibile, ora prende forma: c’è da vincere l’ultima gara in casa e aspettare l’esito di Tokyo VerdyTokushima Vortis, le ultime a occupare un posto in zona play-off. L’ex attaccante del Cagliari si racconta ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com.

E stato un anno un popazzo. Siamo partiti molto bene e poi siamo calati: abbiamo alternato grandi partite ad altre bruttissime. Molti alti e bassi e in un campionato lungo come questo lo paghi. Ora stiamo giocando bene: le chance per arrivare ai playff dipendono dalle altre. Dobbiamo vincere e poi daremo un’occhiata agli altri campi”. L’adattamento è stato difficile? “No, mi trovo molto bene. Poi sono diventato papà da poco e la nuova esperienza qui in Giappone sta diventando molto bella da tutti i punti di vista. Siamo a più o meno 45 minuti da Tokio, quindi hai molte cose da fare, sia qui, che nella capitale. La città, come tutte in Giappone, è piena di vita. Gioco in un club che ha una grande storia, ma da ormai 7 anni sta cercando di salire in J1 League e non ci riesce. Tifosi incredibilmente rispettosi e calorosi: il contrasto ideale. C’è tanto rispetto e stima per i giocatori e calore umano, come in Argentina, Spagna o Italia. Sono rimasto stupito da loro fin dalla prima partita. In JL2 che lo stadio sia grande o piccolo, c’è un tifo incredibile e gli spalti sono sempre pieni: i tifosi cantano tutta la partita canzoni sudamericane, con bandiere piene di colore”.

E’ vero che i giocatori giapponesi sono tutto corsa e poca tecnica? “(ride) Penso che sia il livello tecnico che fisico siano molto alti, manca invece un po’ di astuzia e malizia a certi giocatori, ma è una Lega molto competitiva e dura. Ci sono stati grandi giocatori sia in JL1 come un JL2″. Venti gol in trentasette partite, forse per Larrivey era un po’ presto per lasciare il calcio europeo… “Credo di essere venuto in un grande momento della mia carriera. Ho scelto tra molte alternative, ma volevo continuare a girare il mondo con mia moglie. Credo sia stata più una scelta di vita che una scelta strettamente calcistica. E poi ho un grande amico, capitano della nazionale Australiana, Mark Milligan, che mi ha parlato molto bene sia del club che della JL2, quindi appena ho concordato l’ingaggio ero pronto a questa nuova avventura. Mi hanno contattati diversi club, non solo della LIga, anche da altri campionati europei, ma siamo molto contenti e soddisfatti della scelta che abbiamo fatto“.

Oggi è il compleanno di un certo Enzo Francescoli, ti ricorda qualcosa? (altra risata) “No ho mai avuto grandi idoli calcistici, però Enzo Francescoli mi è sempre piaciuto, anche se non ero tifoso del River Plate. Lui rappresenta il calcio vero, la persona umile, il giocatore di classe e leale che tutti i bambini sognano di essere”. A proposito, come hai iniziato a giocare? “I primi ricordi che ho della mia infanzia sono con una palla tra i piedi, sia a casa che nel piccolo club del mio paese: stavo tutto il giorno a giocare. Mi piacevano anche altri sport, ma il calcio in particolare. Per fortuna in famiglia non abbiamo mai avuto difficoltà a livello economico: i miei genitori ci hanno dato tutto quello di cui avevamo bisogno. Io, miei fratelli e mia sorella dovevamo solo pensare a studiare e fare i nostri compiti di bambini. In casa siamo cresciuti in un ambiente spettacolare e i miei genitori erano molto attenti anche allo sport: passavamo molto tempo dentro al mio club del cuore, SITAS (nome che viene dato dalla Società Italiana di Tiro al Segno) ,un club dove si praticano tutti gli sport”.

Poi l’Huracan, dalle giovanili fino ai “grandi” trascinati in Primera Divsion con 13 gol nel 2007: “Sì, ho cominciato nel settore giovanile dell’Huracan appena ho finito il liceo. Siamo riusciti a salire dopo molti anni di difficoltà, e quella stagione lì mi ha permesso di farmi notare in Serie A, il campionato più duro del mondo. Il Cagliari per me è stato un momento difficile ma allo stesso tempo molto bello della mia vita. Mi ha fatto crescere come persona, come giocatore, e soprattutto mi ha lasciato, oltre a bellissime spiagge e posti, tantissimi amici. E’ da molto che non torno, ma sicuramente tornerò a breve con mia moglie e mia figlia, a cui racconto spesso quanto è bella la Sardegna. I rossoblù hanno tutto per salvarsi anche quest’anno e penso che affidarsi a un grande uomo e un leader come Lopez sia stata la scelta giusta. Sono certo che sarà capace di riportare i rossoblù in acque tranquille dopo un inizio di stagione difficile per il Cagliari“. In Liga c’è stato il tuo riscatto e per un giorno l’argentino match winner del Camp Nou sei stato tu: “Un periodo molto bello, la Spagna mi ha dato la possibilità di rinascere. Sono molto orgoglioso di avere approfittato diquesta opportunità. Ho sempre pensato che prima o poi, per chi è capace e non molla mai, tutto arriva. La rete al Barcellona è un ricordo speciale, contro l’avversario più forte visto sui campi, Messi. Dopo Leo solo Ibra: non ho mai più ammirato un giocatore con la forza di 3 persone e con quella incredibile tecnica”.

Visto che siamo in tema… compagno più forte? “Tanti. Daniele Conti, Nicolas Otamendi, Saul Niguez dell’Atletico Madrid, Nolito, Krohn Dehli del Siviglia, Daniel Osvaldo“. Prima della Liga, nella stagione 2012-2013 c’è stata anche l’esperienza in Messico: come è uscita fuori la storia che volevi fare il wrestler? “Non lo so, penso sia stato uno scherzo di uno scemo (altra risata). Una volta Maradona disse “gli stupidi sono come le formiche, ci sono ovunque”. Niente da aggiungere”. Hai tanti tatuaggi, ce n’è uno particolare? “Tutti hanno un significato diverso. Per persone speciali, per i posti in cui sono stato, per Dio. Tutti hanno un senso: se ti dovessi spiegare il significato di ognuno dovresti scrivere un libro!”. Altre curiosità: piatto, musica e hobby preferiti? “Piatto cotoletta con purè di patate: semplice! Mi ricorda mia nonna e la mia infanzia, quindi sarà sempre il mio piatto del cuore. Musica? Ascolto di tutto, specialmente il rock e prima del riscaldamento ascolto sempre la stessa canzone, Otra Vuelta de Tuerca. Hobby? Da poco ho iniziato a fotografare, ho studiato un po‘ e coltiverò questa passione che mi piace moltissimo”.

C’è stato nella tua carriera un “treno” perso? “No e ho sempre dato il massimo, quindi zero rimpianti. Anzi… Penso che tutto quello che ho fatto nel passato mi ha portato dove sono oggi, e mi ha fatto diventare la persona che sono adesso. Sono molto felice e molto orgoglioso della carriera che ho fatto fino ad ora e spero che arrivino altre belle sorprese. Ho avuto la possibilità di vincere la serie B argentina, di giocare in Italia quasi 4 anni e fare reti importanti a squadre come Inter e Napoli. Ho giocato 2 stagioni nella Liga spagnola e ho fatto gol contro tutte le grandi tranne Real Madrid e Siviglia. Ho giocato in Messico, negli Emirati e ora in Giappone. Penso di aver lasciato un buon ricordo ovunque, anche se qualche volte la palla non ha toccato la rete… Ho amici in tutte le parti del mondo e ho trascorsi grandi momenti, dentro e fuori dal campo. Ho conosciuto posti che da bambino neanche potevo sognare”.

Dove ti piacerebbe chiudere la carriera e cosa farai una volta smesso? “No ci ho ancora pensato e non voglio farlo troppo, perché i pensieri cambiano in fretta. Ora come ora penso alla prossima stagione (ha un altro anno di contratto) in Giappone e poi vedremo. Devo pensare al bene della mia famiglia e di mia figlia prima di tutto: decideremo insieme quando sarà il momento giusto”. Il giro del mondo di “El Bati” Larrivey prosegue: ci risentiremo per la prossima tappa…