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Dentro il mondo AEK Atene, “più di una squadra”: un pozzo di storia a Nea Filadelfeia. Aspettando l'”Agia Sophia”…

“Είμαστε κάτι παραπάνω από μια ομάδα!“. “Più di una squadra”, in un motto quantomai barcelonista. Seguire l’ AEK e percepire qualcosa di speciale, al di là di chi ne supporti da sempre i colori, risulta facilmente comprensibile sin dall’immediato impatto ateniese. E da più punti di vista. Fortunati noi, forse, perché la prima persona in cui ci imbattiamo è un tassista sulla sessantina: Coca-Cola in mano e personalità un po’ bizzarra, dal cuore giallonero e dalla grande voglia di parlare. “Qui per la partita? Ah! Guarda!”: l’indice punta verso un vecchissimo adesivo rotondo attaccato allo specchietto retrovisore, dall’aquila bifronte nera. Marchio inconfondibile di chi tenta di inserirsi, dal lontano 1924, nella storica lotta per il potere tra Olympiacos e Panathinaikos, figlio di una storia splendida e (soprattutto ora) dalla matrice di straordinaria attualità.

Athlitiki Enosis Konstantinopouleos: focalizzarsi sulla radice dell’ultima parola risulta quantomai utile ad intuire origini e tradizione di una polisportiva che, tra andata e ritorno, ha saputo bloccare un Milan tutt’altro che bello, ma pur sempre big strafavorita per il passaggio del turno. Guardi quel simbolo e il significato, più che particolare, non può che incuriosire: via alle domande, allora, con qualche indicazione fornitaci per fare retromarcia e posizionarci, sui libri di storia, a metà anni venti. Guerra greco-turca in pieno svolgimento, spartizione del vecchio impero ottomano come background ed Anatolia e Tracia oggetto della contesa tra le parti, capace di causare anche la fuga di numerosi rifugiati ellenici provenienti da Constantinopoli: spostamento decisivo per veder nascere, grazie ad un vecchio gruppo di giornalisti, una polisportiva oggi pienamente sul podio del calcio greco. Volta a ricordare nel proprio stemma il marchio dell’ultima dinastia capace di regnare sull’impero bizantino, i Paleologi, pre conquista ottomana di Costantinopoli.

Storia nella storia insomma, passata ma anche recente, tra contrapposizioni e…unioni: la rivalità con il PAOK Salonicco da un lato, dal sapore di un moderno “Derby di Costantinopoli” tra due squadre che rivendicano lo stesso simbolo; la complicata situazione siriana dall’altro, tutt’altro che ignorata da chi è figlio di circostanze simili ed ama definirsi “La madre di tutti i rifugiati”, come simboleggiato da uno striscione più volte comparso in curva. Un passato che in casa AEK non si dimentica mai, tantomeno per ciò che verrà: lo “Spyros Louis” come momentanea dimora in attesa di una nuova casa da oltre 30mila posti, l’”Agia Sophia”, collocata direttamente nel cuore “Kitrinomavri” ateniese e dall’impronta fortissimamente bizantina. Chiesa (in onore di S.Loukas, benefattore del club) all’interno, inaugurazione del cantiere benedetto in estate ed aree relax ricreate in stile terme, tra mosaici e motivi antichi, in una struttura modernissima dal cuore giallonero e dalla copertura esterna anticheggiante, accompagnata da due bracieri ardenti piazzati ad ogni ingresso.

Le non troppe ore a disposizione, tra conferenza e gara incombente, ci portano ad una doverosa toccata e fuga nel cuore del mondo AEK, in una città in cui perdersi (tra attrazioni e grandezza) è la normalità: Nea Filadelfeia, storico covo del tifo degli “Original 21”, dove il “Nikos Goumas” (vecchio stadio giallonero, abbattuto per questioni di sicurezza) ha ormai lasciato posto ad un cantiere ancora privo delle prime fondamenta. Un enorme murales accoglie ogni passeggero all’uscita della metropolitana Guardò, tratto caratteristico e di benvenuto per una società che, con la trasformazione della capitale negli anni, ha finito per vedere il luogo esatto della propria fondazione (Veranzerou 24) soppiantato da un albergo, con la bella ed illuminata sede del club spostata a pochissimi metri dal complesso Olimpico rinnovato per Atene 2004.

Dai taxi ateniesi ad alcuni bordi del marciapiede: tanti particolari, anche non volendolo, richiamano i colori di una squadra forse meno conosciuta rispetto ad Oly e Pana, ma ugualmente apprezzata. Gli anni di grave crisi economica alle spalle, con il progressivo smantellamento della rosa e la retrocessione in seconda divisione, sono ormai un lontano ricordo, nonostante il supporto non sia davvero mai mancato. E quando alcuni addetti ai lavori ci parlano di legame viscerale tra squadra (Lazaros e Mantalos su tutti) e tifosi, non resta che attendere la riprova direttamente nel giorno della sfida al Milan: dove la generale tranquillità (a livello di tifo, tutt’altro riguardo al traffico…) delle 24 ore precedenti viene travolta da cori incessanti in un ambiente caldissimo, spinto dal triplo “Για τη νίκη!” (“Vincere!”) nel proprio inno. E pronto a celebrare, in un altro tipo di contesto, anche lo storico gemellaggio con la tifoseria del Livorno, in un’ideologia politica di sinistra totalmente condivisa: per conferma, chiedere anche ad un ex calciatore giallonero come Katidis, protagonista di una presunta esultanza con saluto fascista mai perdonata dai suoi ormai vecchi supporter. Costata anche l’addio alla Nazionale greca…

Tappa breve, brevissima, ma altrettanto intensa e ricca di curiosità: 36 ore ci sono bastate per capire come ormai, tra il mare biancorosso del Pireo (oggetto del nostro prossimo racconto) e il verde-trifoglio più a nord, Atene non sia all’apparenza soilo una questione tra Olympiacos e Panathinaikos. 11 titoli nazionali, 15 coppe di Grecia e un fresco ritorno in Europa, mancante da 10 anni, che collocano l’AEK pienamente nel mezzo di una rivalità storica, al pari di una tradizione che la parte giallonera della città conserva e custodisce ancora gelosamente. In attesa di una nuova, bellissima casa: habitat naturale a sfondo bizantino per chi, della storia, è ed è stato protagonista e contenitore. Ciò che serve capire per poter definire l’AEK, in questo senso, più di una squadra.