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Tanti costi e niente entrate: la Serie A fa i conti con la Fase 2

Ripartire ha un costo. Non ripartire, pure. Nel mezzo? C’è la Fase 2 del calcio, un limbo necessario ma oneroso a cui, a poco a poco, si stanno adattando le società di Serie A. Un momento difficile, incerto, fatto di nuove uscite ma di nessuna entrata: spese impreviste, in attesa di capire quale direzione prenderà il calcio.

Sanificazione e tamponi: prezzi milionari

In Serie B le perplessità sono tante (l’appello della Juve Stabia è l’ultimo esempio), ma in Serie A? La ripartizione dei costi è varia. E alta. Vediamo qualche numero.

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In media, una società dovrà spendere quasi 6mila euro per la prima tornata di tamponi a giocatori e staff, considerando circa 50 persone. Il prezzo dei test, che verranno eseguiti in struttura privata, varierà dai 100 ai 150 euro e dovranno essere replicati se necessario (ecco come funziona). Nel complesso, la Serie A ha stimato circa 20mila tamponi in totale, cioè mille a società: una cifra che può quindi arrivare a toccare quasi i 3 milioni di euro, 150mila a testa.

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Quella dei tamponi è la voce più alta, ma non l’unica. Ogni società dovrà spendere tra gli 8 e i 10mila euro per i prodotti atti alla sanificazione o alla prevenzione del contagio: disinfettanti, mascherine, guanti, camici, cuffie, solo per elencarne qualcuno. A questi, ci sono circa 5mila euro da aggiungere per un primo intervento di sanificazione straordinario, a cui dovrà far seguito qualche migliaio di euro (circa 2mila) per il mantenimento degli ambienti secondo le norme sanitarie specifiche. Una spesa, è bene specificare, che si rifa a ogni locale su cui si vorrà intervenire: una società con due o più sedi, per esempio, si vedrà moltiplicato il costo in base alle necessità. Di fatto, ai potenziali 150mila euro dei tamponi, ne vanno aggiunti altri 15mila circa. E non finisce qui.

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I ritiri, la nota dolente

Se i tamponi costituiscono la spesa più alta in assoluto, non di poco conto è la voce che riguarda i ritiri. Per alcuni club, Juventus e Roma per esempio, questa è totalmente da eliminare: i centri di allenamento sono già provvisti di foresteria. Camere singole, autonome: nessun problema. E gli altri? Il ritiro prevede il pernottamento in albergo, solitamente a 4-5 stelle, a pensione completa (con dieta controllata): una società, in media, può spendere circa 4-5mila euro al giorno. Se si considera un periodo di allenamento intensivo di gruppo di circa 15 giorni: occorreranno almeno 60mila euro.

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Entrate sospese e contrattazioni con i giocatori

Insomma, una spesa finale di circa 200mila euro, nel migliore dei casi: una cifra che può arrivare quasi a 400mila per spese straordinarie di sanificazione e altre voci. Che per la Serie A sembra poco, ma così non è. Molte società stanno infatti andando in difficoltà: quelle con poca liquidità potrebbero faticare, e non poco, a pagare i fornitori, anche perché gli incassi degli sponsor si sono drasticamente bloccati, in attesa di capire se il campionato riprenderà o meno. Ed è questo il punto cruciale: le società sono in fermento per capire cosa fare, sia in un modo, sia nell’altro. Da un lato, riprendere a giocare vorrebbe dire affrontare sì delle spese più alte, ma recuperare anche i soldi previsti in entrata.

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Dall’altro, uno stop porterebbe a una immediata contrattazione con i giocatori (cosa che hanno finora fatto in pochi), per sospendere qualche mensilità. E quindi, in qualche modo, respirare. Molte squadre di Serie A stanno chiedendo alla Federazione un modulo che in qualche modo protegga i club da possibili cause o messe in mora, visto il momento contingente. Qualcosa si muove anche in questo caso, ma si tratta solo di una piccola goccia in un mare di incertezza. Fatto di costi, tanti. E pericolosamente in crescita.