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Sef Torres, la storia di un tifoso speciale e la promessa del capitano Demartis

Sassari, stadio Vanni Sanna. Si gioca Torres-Arzachena, uno dei tanti derby del girone G della serie D 2015-2016. In curva c’è un signore anziano, che da queste parti è un’istituzione. Cinquant’anni di amore assoluto per lui, senza mai un ripensamento, una tentazione. Cinquant’anni di abbonamento. Fedeltà non pienamente corrisposta, più di una delusione c’è stata, ma ha saputo perdonare. Perché mai essere così fedele? Ma soprattutto, chi merita tanto? Sarebbe difficile trovare esempi se non parlassimo di calcio. La squadra in questione è la Sef Torres e il tifoso speciale è il signor Antonio Dellaca. La storia è nata per caso, tanti anni fa…”Ero ragazzino e accompagnai mio cugino allo stadio: la partita era Torres-Arezzo. Perdemmo due a uno, ma non fu questo che mi colpì di quella partita. Furono le lacrime di mio cugino, invece, ad avere un effetto devastante su di me. Al momento non capii, poi…”.

 

Basta una partita e il rito ha inizio. Poi? Sempre con la squadra, gioie e dolori. Mai una partita persa a costo di far saltare anche il matrimonio…”E’ una cosa che può far sorridere e qualcuno potrebbe anche prendermi per pazzo, ma come tifoso ne vado orgoglioso. Io e mia moglie avevamo stabilito da diversi mesi di sposarci il giorno dell’Immacolata, ma quella domenica la Torres giocava in casa una partita determinante: non potevo mancare. Con una scusa sono riuscito a spostare la data. Quando mia moglie ha scoperto il vero motivo non l’ha presa bene, ma con il tempo ha saputo perdonarmi e adesso ricordando l’episodio ci ridiamo sopra”. La Sef Torres è la squadra più antica della Sardegna, insieme all’Ilvamaddalena, ma anche una delle più sfortunate d’Italia. Per due volte è stata vicina a una storica promozione in serie B e puntualmente, nelle stagioni successive, è dovuta ripartire da zero: fallimento e retrocessione.

 

“E ‘ vero. Ci siamo arrivati vicini ai tempi di Gianfranco Zola nel 1989 e l’abbiamo sfiorata anche nel 2006. Evidentemente la delusione per la mancata promozione non bastava: siamo stati retrocessi. Sono ferite difficili da rimarginare. Da tifoso devo subire, ma non avrò mai il coraggio di dire ‘adesso basta, non vado più allo stadio’. Dopo la famiglia è la Torres la passione più grande della mia vita e io ci sarò sempre. L’entusiasmo è scemato, ma non l’amore per questo club. L’ultima mazzata è arrivata quest’anno: nuova retrocessione e penalizzazione nel momento determinante del campionato. Ma io sono sempre qui, come tanti altri. La nostra squadra è la Torres e il tifoso vero rimane, non potrebbe mai sostenere altre squadre. Milan? Juventus? Sono di Milano e di Torino, cosa c’entrano con la nostra città e la nostra storia? Hanno vinto tanti scudetti e tante coppe? Sono felice per loro, ma io esulto solo per le vittorie della mia Torres”. Una bella storia, il lato romantico del calcio. Chi sa quanto,  queste parole, riscalderebbero il cuore del capitano, Giacomo “Jack” Demartis. Perché non riportargliele?

 

Squalificato nel match di oggi (a proposito, la Torres ha vinto 2 a 1 con una emozionante rimonta nei minuti finali), Demartis è l’idolo indiscusso della tifoseria. Serie B, Lega Pro, un passato di tutto rispetto, e le offerte non mancavano, ma ha prevalso il cuore: “A tornare mi hanno spinto gli affetti, la saudade, come dicono i brasiliani, e i tifosi. Dopo tanto girovagare sono tornato a casa e gioco finalmente per la squadra della mia città: è sempre stato un sogno. Ho scelto Sassari firmando per la Lega Pro, ma nella consapevolezza che potevano anche ritrovarci in D. E’ stata una botta, ma alla Torres e ai suoi tifosi non potevo dire di no”. Identità, senso d’appartenenza, attaccamento alla maglia: sentimento comune sugli spalti e tra gli undici in campo. “Creare un nucleo solido con ragazzi del posto è stato fondamentale: stanno dimostrando grande attaccamento. Questo è servito d’esempio anche ai tanti giovani che vengono da altre parti d’Italia: anche loro hanno capito presto cosa significa indossare questa maglia, lo spirito e la mentalità che vogliono vedere i tifosi”.

 

Quando gli riportiamo le parole del signor Dellaca, Demartis ride: “Lo conosco bene. Lui è l’immagine del tifoso vero, sincero, il lato bello del calcio. I sostenitori della Torres sono proprio come lui. Sempre presenti, dal campionato di Promozione a quello della B sfiorata: questo è vero amore per una squadra. A parte i club di serie A e qualche squadra di B, è raro vedere un attaccamento simile in altre realtà. La domenica, solitamente, le persone stanno a casa a guardarsi le partite delle grandi, Milan, Inter, Juventus. Qui, invece, la gente viene puntualmente a seguirci allo stadio e questo ci riempie d’orgoglio e di responsabilità”. Responsabilità doppia per Giacomo, che è il capitano dei rossoblù: “E’ un ruolo che ognuno interpreta in maniera diversa. In rosa abbiamo molti ragazzi giovani e devo sempre trovare la parola giusta, sia per i più pronti che per quelli più inesperti. Cerco di correggere alcuni aspetti comportamentali. I ragazzi di oggi hanno tante tentazioni in più, che li portano a pensare a tante cose che poco hanno a che fare con il calcio. Io cerco di responsabilizzarli, soprattutto in questo momento. Abbiamo una missione importante”.

 

Tanti tifosi, ma potrebbero essere di più: cosa dire a chi preferisce seguire altri club? “Che sarebbe meglio sostenere la squadra che più da vicino li rappresenta e che porta in giro i simboli della loro città. Anche nelle categorie minori ci sono tanti ragazzi bravi, che regalano emozioni forti, giocate spettacolari. Ci mettono l’anima, spinti anche dalla voglia di dimostrare che in fondo non sono poi così lontani da chi guadagna molto di più”. La Torres ha saputo rialzarsi nel migliore dei modi. Settore giovanile, intuizioni geniali in sede di marcato e tante iniziative sociali per rafforzare questo senso d’appartenenza: “Stiamo girando le scuole. E’ importante far conoscere di persona ai bambini i giocatori della prima squadra, è un modo per coinvolgerli di più e a noi fa enorme piacere. Scambiare due chiacchiere con il giocatore di cui sentono tanto parlare può magari spingerli a venire allo stadio o a iscriversi alla scuola calcio. Abbiamo agito molto anche nel settore giovanile, ottenendo degli ottimi risultati: magari possiamo invogliare altri ragazzi. Il 18 febbraio saremo al carcere di Bancali per inaugurare il nuovo campo di calcetto. Il nostro addetto stampa, Giulia Bardanzellu, sta facendo un bellissimo lavoro”. L’anima silenziosa della squadra.

 

L’obiettivo è tirare su tanti piccoli Dellaca. A proposito, il signor Antonio ci ha lasciato un messaggio speciale da recapitare a Demartis: “Ciao Giacomo. Sai perché sei diventato il nostro idolo? Perché in te vediamo quello che vorremmo vedere da ogni calciatore: la grinta, il cuore, la voglia di dare tutto. Premetto che sei sprecato per la categoria, perché sei un grande giocatore, però spero che tu possa rimanere qui fino a fine carriera. Con te possiamo costruire le basi per coronare il mio sogno più grande, la promozione in serie B: se rimani tu ci credo”. Giacomo, c’è posta per te…cosa rispondi? “Che io qui sono felice e non mi importa della categoria. L’attaccamento e la passione delle persone come lui mi danno tantissima forza. La grinta, la cattiveria, la determinazione che metto in campo è merito loro: ho una responsabilità enorme. La Torres in serie B è anche il mio sogno più grande: il regalo più bello che potrei chiedere per chiudere la carriera. Intanto prometto a lui e agli altri tifosi che farò di tutto per vincere questo campionato di serie D, sarebbe fantastico: sono disposto a qualsiasi cosa pur di riuscirci”. Anche a una penitenza? “Certo e la lascio scegliere ai tifosi”. Il sondaggio è aperto…