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Seconde squadre in C, Villiam Vecchi: “Magari. A Madrid con Ancelotti, il Castilla cresceva con noi. Il torneo De Martino? Oggi non funzionerebbe”

C’è chi lo conosce come l’eroe di Salonicco e chi lo ha sempre visto accanto a Carlo Ancelotti. Portiere del Milan negli anni ’70 e preparatore dei numeri uno del tecnico di Reggiolo da Parma in poi. Ha visto nascere Buffon e risollevato Dida, ma anche alzato tanti trofei. Da giocatore e da allenatore.

Oggi Villiam Vecchi, classe 1948, è ancora in pista. Tuta e tanto lavoro sul campo con i portieri delle giovanili della Reggiana. Un ritorno a casa dopo una vita da missionario del calcio, prima in mezzo ai pali, poi – dal 1982 – nel ruolo di guida dei guardiani della porta.

Oltre mezzo secolo sui campi e un’esperienza che gli permette di avere un punto di vista competente su piccoli e grandi cambiamenti del nostro calcio. L’ultimo, in ordine cronologico, potrebbe essere l’introdurre squadre Primavera nel campionato di serie C. Lo stesso della “sua” Reggiana. “Sarei assolutamente favorevole”, attacca Vecchi ai microfoni di gianlucadimarzio.com. “Club e giocatori ne guadagnerebbero di sicuro. Sono certo che sarebbe la fortuna di tutto il movimento”.

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Non tutti la pensano come lui. In un tweet, l’allenatore del Catania, Cristiano Lucarelli, ha espresso perplessità sulla proposta di Costacurta, ponendo alcuni dubbi. Fra questi anche l’eventualità di una reintroduzione del campionato De Martino, il torneo delle “riserve” che si è giocato fino a metà degli anni ’70. Una competizione che Vecchi ha disputato e vinto con la maglia del Milan nel 1967. “Lo giocai quando ero il dodicesimo di Cudicini. Partite infrasettimanali, al mercoledì o al giovedì, in cui chi non trovava solitamente spazio, aveva modo di mettersi in luce. All’epoca poteva funzionare, ma coi ritmi del calcio di oggi sarebbe impossibile”. Il suo Milan era allenato da Carletto – un nome che ricorre nella carriera di Vecchi – Scarpato. “Le squadre non avevano limiti di età, almeno inizialmente. Successivamente furono fatte delle modifiche e si passò a campionati under 23. Il ‘De Martino’ serviva per tenere tutti in forma in un periodo in cui gli impegni con le Nazionali erano sporadici e le coppe europee potevano finire in una settimana”.

Bocciata l’ipotesi del ritorno a un torneo per sole riserve, Vecchi guarda invece con grande favore all’introduzione delle squadre B nei campionati professionistici. E per rafforzare il suo parere, ricorda l’esperienza vissuta a Madrid a fianco di Carlo Ancelotti. “Nel centro sportivo di Valdebebas, accanto al nostro campo, allo stesso orario, si allenava il Castilla. Quando avevamo bisogno, pescavamo da lì e trovavamo sempre ragazzi pronti“. In Spagna le seconde squadre sono chiamate ‘filiales’ e sono serbatoi cui poter attingere sempre. “Poterle controllare costantemente, consente anche vedere i loro progressi contro squadre adulte. Molto meglio così che dover mandare giocatori in prestito e sperare che si allenino correttamente”.

Il Castilla, citato da Vecchi, gioca le partite casalinghe all’interno del centro sportivo nel piccolo stadio “Di Stefano”. Lì si è formato come allenatore Zinedine Zidane, prima di guidare i blancos alle vette europee. Curiosamente, lo stesso Castilla è l’unica “filial” ad essere approdata a una competizione continentale. Nella stagione 198081 disputò infatti la Coppa delle Coppe. L’anno prima era clamorosamente arrivata alla finale di Copa del Rey al Bernabeu. Avversario? Eh già, quello. Real Madrid-Castilla 6-1, un punteggio tennistico per un momento storico del calcio spagnolo.

Un confronto possibile solo nelle coppe. Il regolamento vieta la risoluzione di complessi edipici in campionato. La proposta di Costacurta è sulla stessa linea: ok promozioni e retrocessioni, ma nessun conflitto di interessi.

Tutti under 21, con un paio di under 23, alle prese col calcio vero. Un gap generazionale che per Vecchi potrebbe essere il principale problema per le squadre B. “Per essere competitive in serie C, forse le formazioni giovanili avrebbero bisogno di 3-4 giocatori di esperienza. È un torneo spigoloso, dura affrontarlo con soli ventenni. E comunque, in ogni caso, meglio qualche sconfitta prima che ritardare la crescita individuale”.