Schillaci: “I Mondiali senza l’Italia sarebbero una catastrofe”
Miglior marcatore ai Mondiali di Italia ’90 e un rapporto unico con la maglia azzurra. Totò Schillaci torna a parlare sulla sua carriera da calciatore e sulla situazione attuale dell’Italia: “Per me i Mondiali sono stati come un fulmine, un’esplosione improvvisa, in un anno sono passato dal Messina, alla Juventus e poi alla Nazionale. Il Presidente siciliano Massimino voleva cedermi ma alla fine resisteva sempre. Nell’anno in cui vinsi la classifica marcatori si fece avanti la Juventus e per me tifoso bianconero era un sogno. L’impatto con la Juventus fu tremendo, mi trovai di fronte a Boniperti che mi disse di cercare di essere serio e professionale” ha detto l’ex attaccante della Juventus al Corriere dello Sport.
“Ai Mondiali di Italia ’90 sono stato l’ultimo dei convocati, avevo vinto Coppa Italia e Coppa Uefa con la Juventus. Era un periodo magico in cui il calcio era veramente bello e c’erano giocatori straordinari – ha continuato Schillaci – Era un’occasione straordinaria, speravo di conquistare almeno la panchina. Sono testardo e ho messo tutto il mio impegno per mettere in difficoltà l’allenatore. Ho anche gufato i miei compagni, sperando che non segnassero. È stato fantastico la prima convocazione, l’Olimpico, la maglia della Nazionale e l’inno. Con l’Austria entrai dalla panchina e feci gol, da lì è cominciata una cavalcata impensabile. Contro l’Argentina ci è mancato che… noi avevamo sempre giocato a Roma, mentre la semifinale si disputò a Napoli e loro avevano Maradona, l’idolo dei napoletani. Siamo andati in vantaggio poi abbiamo pagato un piccolo errore in uscita di Zenga. Eravamo una delle Nazionali più forti, paragonabile a quella del 1982“.
Poi torna sui rigori di quella sfida: “Non l’ho tirato perché avevo male agli adduttori, sono riuscito a fare tutti i supplementari, ma alla fine camminavo. Ho preferito far battere qualcuno che stava meglio di me. Ero rigorista anche al Messina, ma quella sera non riuscivo a camminare, non mi tirai certo indietro per paura. Io e Paolo Rossi siamo siamo gli unici italiani ad aver vinto la classifica marcatori ai Mondiali, anche lui non doveva essere chiamato e poi fu il migliore“.
Mentre sul calcio di oggi: “È molto più veloce e tecnico, è un calcio offensivo, basato sul fisico e sugli schemi. Immobile e Insigne mi somigliano moltissimo. Ci sono troppi stranieri che vengono in Italia e oscurano i nostri giovani. Ne risente la nazionale che ha un bacino ristretto da cui attingere. C’è ora il rischio di non qualificarsi al Mondiale e sarebbe una catastrofe. I Mondiali senza l’Italia sarebbero una cosa assurda”.
Sulla sua infanzia invece: ““Sono nato a Palermo, per il calcio ero malato, giocavo ovunque. Da piccolo ho fatto tutti i tipi di mestiere: gommista, pasticcere, farmacista, ambulante, ho fatto di tutto pur di avere qualche soldo in tasca. In casa dividevo la mia camera con mia sorella e mio fratello e con noi vivevano anche i miei nonni, che avevano occupato una casa popolare, come facevano tutti. Il mio sogno era quello di diventare calciatore, il mio idolo era Paolo Rossi, mi piaceva anche Antognoni. Con tutti i soldi che ho guadagnato ho sistemato la famiglia, ristrutturato casa ai genitori, e creato un centro sportivo per i miei fratelli che gestiscono il bar“.