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Sampdoria, Quagliarella: “Lacrime? Ho sfogato la rabbia per il tradimento di una persona che non definisco uomo”

Le lacrime in diretta hanno commosso l’Italia e per Fabio Quagliarella hanno rappresentato la fine di un incubo. L’amico fidato gli ha tolto un sogno, quello di diventare una bandiera del Napoli, ma “Quaglia” si è preso la sua rivincita, anzi, il suo “scudetto”.

È stato come un film, ma purtroppo era realtà” – si legge nelle pagine del Corriere della Sera Non cercavo vendetta, ma solo la possibilità di dimostrare la mia verità. Figurarsi, un poliziotto stalker… Sarebbe sembrata solo una scusa, o un’invenzione…Ero a Udine nel 2008: mi arriva una busta, dentro ci sono finte pagine web in cui si dice che vado con ragazze minorenni, mi drogo, frequento camorristi. Penso: lo scherzo di un cretino. Ma quando passo al Napoli nel 2009 la faccenda diventa un incubo: si arriva persino a minacce di morte a me e alla mia famiglia. Piccolo? Era un agente della polizia postale presentatomi tempo prima da un amico, successivamente sua vittima anche lui. Avevo subito un hackeraggio del telefono, Piccolo aveva risolto il problema ed eravamo restati in contatto.

E dire che era un amico… Chi meglio di un amico della polizia postale? Infatti mi assicura che risolverà tutto. Mi dice di non parlare con nessuno; finge di prendere le impronte digitali sulle lettere; mi fa stilare denunce che, scoprirò poi, sono fasulle. Poi i dirigenti del Napoli mi dico di lasciare Castellammare per andare in albergo: io non capisco. Vivo a casa mia coi miei, sto benissimo, in campo non ci sono problemi. Perché? Capirò in seguito: le lettere infamanti erano arrivate anche al club, che ha deciso di intervenire. Ma non gliene faccio una colpa. In questa storia l’unico colpevole è lo stalker. Il Napoli era il mio sogno, da bimbo andavo al San Paolo con papà, ho visto ore e ore di videocassette su Maradona, quella maglia era tutto. I napoletani mi avevano accolto come un re: canzoni come “Quagliarella bum bum” e “Quagliarella è bell…” le ascolto tuttora con le mie nipotine.

Poi il passaggio alla Juventus: “Non potere spiegare la verità era devastante. Immagini un po’: da una parte lo stalker, dall’altra una città contro… Quando tornavo a Castellammare dovevo camuffarmi. Li capisco, era il cuore che li guidava. Ma mantenere la calma era dura: a volte giocavo solo col corpo, la testa era altrove. Poi un giorno Piccolo fa un errore. Dice a mio papà che anche a lui è arrivato un messaggio anonimo. Papà gli chiede di mostrarglielo e lui dice che l’ha cancellato. Ma come, pensa papà, a noi dici di tenerli e tu lo cancelli… Papà, che già qualcosa sospettava, fa denuncia alla polizia di Castellammare. Così scopriamo che non c’è alcuna indagine in corso e la situazione si chiarisce: alla fine le vittime sono una ventina, compreso il mio avvocato.

Dopo Samp-Cagliari le lacrime di felicità: “Ho sfogato la rabbia per il tradimento di una persona che non voglio neanche chiamare uomo. E’ follia: come spiegare sennò una persona, lui pure con famiglia, che decide di rovinare la vita agli altri? Il nostro rapporto era buono, a volte gli davo magliette e biglietti. Ma lui voleva di più. Tenermi in pugno lo faceva sentire forte“. Sui messaggi d’affetto da Napoli: “Dello striscione esposto durante Napoli-Crotone (Nell’inferno in cui hai vissuto… enorme dignità. Ci riabbracceremo Fabio figlio di questa città) ho fatto un poster. Conosco la mia gente: col cuore mi hanno chiamato traditore, col cuore mi hanno riaccolto quando hanno conosciuto la verità. Sognavo di starci per sempre, diventare capitano, vincere… A volte gioco a Sliding Doors e mi rivedo in idoli amati come Hamsik o Insigne.

Futuro: “Alla Samp sto da favola, ho fatto il capitano e ho tifosi magnifici che hanno capito il senso profondo delle mie dichiarazioni su Napoli. Poi so che a 34 anni è difficile. Ma con la mia gente è come se avessi vinto uno scudetto, e mi basta“. L’arte del gol: “È la scuola della strada, dove stavo a giocare 12 ore al giorno da bambino… Lì ho imparato il mio calcio istintivo senza troppi pensieri, perché se pensi troppo rischi di sbagliare, ma anche a rapportarmi con gli altri e a tirar fuori la grinta. Quella scuola mi è servita in questi brutti anni ma anche quando a 13 anni sono andato a Torino per cominciare la mia avventura. Ho segnato meno di quanto avrei potuto, ,a poi penso che è meglio essere ricordato per la bellezza dei tuoi gol che per il numero. I gol semplici io non me li ricordo.

Una volta appese le scarpette al chiodo il futuro è già deciso: “Mi piacerebbe insegnare calcio ai giovani: dirò loro che anzitutto conta la testa: perdersi nel calcio è un attimo. A volte l’essere umano trova forze che non sa di avere. A me le hanno date la famiglia e la passione per il calcio. E ora posso finalmente vivere una nuova vita“.