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Giampaolo: “Io, artigiano del laboratorio Samp: dieci anni fa mi davano per finito, ora qui ho un progetto. Kownacki il prossimo Schick”

Laboratorio blucerchiato aperto da più di una stagione, esperimenti in corso e voglia di andare oltre cessioni pesanti per continuare a saldare, in maniera sempre più forte, la chimica di una squadra pronta a seguirne con attenzione i dettami. Marco Giampaolo, confermatissimo alla guida della Sampdoria dopo le ottime cose mostrate nella passata annata, ha ricominciato a plasmare e modellare la sua squadra dopo una finestra di mercato intensa, fatta di tante, grandi partenze (da Muriel a Schick, passando per Skriniar) e di altrettanti arrivi, volti a modificare il volto di un gruppo che, cambiato o meno, è intenzionato a ripetere o migliorare ulteriormente il rendimento già offerto: intervistato dal Corriere della Sera, tra un tiro di sigaro e l’altro, l’allenatore blucerchiato si è soffermato su più temi, partendo dall’ottima partenza dei suoi con 2 successi in altrettante gare giocate.

“Fumare? Non credo smetterò mai, mi rilassa quando ho pensieri per la testa. E due vittorie non significano nulla. Sono servite a lavorare più serenamente durante la sosta, quello sì”. Ruolino di marcia da mantenere anche contro la Roma di un grande, vecchio (ma non troppo) ex: Patrik Schick. “Ho detto che può giocare in diverse posizioni della linea d’attacco, ma sempre con la porta dritta davanti a sé. Confermo: per me non è un’ala. Giocatore pazzesco, mai banale, quando calcia è sempre gol. E dire che un anno fa non se lo filava nessuno. Aveva bisogno di crescere muscolarmente, era acerbo. Ma fortissimo. Sa chi se ne accorse per primo?Antonio Cassano. Un pomeriggio viene da me e mi dice: mister, questo è forte forte. Antonio e il Verona? Non si entra nella testa di un uomo. Di lui però una cosa l’ho capita parlandoci ore e ore: è un intenditore di calcio. Il prossimo Schick sarà David Kownacki, il polacco. Vent’anni, diverso da Patrik ma potenzialmente fortissimo. Nel medio periodo esploderà”.

Dalle idee di calcio estero alla Sampdoria, con conseguente (e meritata) conferma: “Vado dove c’è un progetto. Qui c’è. Se mi chiede dove sarò domani non glielo so dire, prima di tutto perché non m’interessa: in quanto uomo di mare, sono fatalista. E poi a 50 anni una cosa l’ho capita: ciò che è certo oggi non lo è più domani. Comunque io qua sto benone, c’è il mare, e uno stadio pazzesco. A volte lì dentro succede qualcosa di metafisico. Il calcio è lavoro, allenamento, ricerca, studio. Ma non è una scienza”. Sarà d’accordo Mourinho, sfidato in occasione dei 50 anni compiuti dall’allenatore blucerchiato? “Il migliore al mondo, per arte comunicativa, è senz’altro lui. Guardiola è un magnifico ideologo. Allegri un gigante della gestione delle pressioni, Spalletti pure. Sarri è un maestro di calcio. Dipende cosa intendiamo, secondo me il migliore non esiste perché poi c’è di mezzo la qualità individuale dei calciatori. Faccio un esempio: Sarri all’Empoli fa 40 punti, al Napoli 90. Pensate sia diventato bravo adesso? No, lo era già prima, ma non aveva quel materiale a disposizione”.

“Bravissimo” Giampaolo, secondo molti colleghi. E la risposta è umile, tanto quanto l’idea di un futuro da c.t.: ” Non lo so, chiedetelo a loro… Dieci anni fa mi davano del finito, io non l’ho mai pensato. Il calcio è una giostra di risultati, l’importante è avere la consapevolezza della propria passione, delle proprie convinzioni, e della voglia di continuare a costruire mettendosi in gioco a qualsiasi livello. Punto. Io c.t.? Non mi sembra corretto rispondere in questo momento perché c’è un collega che sta portando avanti un lavoro durissimo. Il mio è un punto di osservazione esterno e di rispetto perché quella del c.t. è una missione. Storica, direi. Avete visto la Spagna? Lì non c’entra il calcio, è cultura. Lì al centro di tutto c’è l’idea, oltre alle qualità dei singoli che la possono migliorare: io calciatore sono protagonista del gioco, si nasce già con questo tipo d’impostazione e quando ci si ritrova in Nazionale ci si riconosce in un lavoro che ha origini lontane, ma comuni. E a un calcio che prima di ogni cosa è culturale non si arriva da soli e in poco tempo”.

Chiusura tra Var e pronostico sul campionato: “Mi piace da morire, è l’invenzione del secolo, un antidoto alla cosiddetta sudditanza psicologica e, si spera, alle polemiche. Vedo arbitri più tranquilli, meno soli, e anche la gente osserva, da casa o allo stadio, con maggior serenità. Chiaramente va calibrata, va misurata sulla lunga distanza per avere una letteratura, una casistica più ampia e completa, ma credo che anche tecnicamente possa migliorare il calcio. Con la Var si può giudicare diversamente in area, quindi aumenteranno i rigori assegnati: tutto ciò porterà le squadre, grandi e piccole, a interpretare la gara in maniera diversa, a difendere più lontano dall’area, a giocare di più. Migliorerà lo spettacolo e quindi il gioco. Chi vince il campionato? Il Napoli è la squadra che s’è rafforzata di più perché non ha cambiato nulla e perché Sarri ha un anno di più di lavoro. La Juve il settimo scudetto dovrà sudarselo come non mai. Un filo dietro Milan, Roma e Inter sullo stesso piano. Per la Samp l’obiettivo è creare un’idea: noi siamo un laboratorio, io l’artigiano. La Samp è la mia casa-bottega, per questo mi piace. Noi più forti, deboli o uguali? Diversi. Ma c’è un anno in più di lavoro, il gruppo base è rimasto. E sono molto soddisfatto dei nuovi. Ci divertiremo”.