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‘Fortnite’ Matos prende per mano il Verona: dalla maglia di CR7 al Brasile, la storia

Il nome, Ryder, è americano. Di carattere è timido e leggermente introverso. E il comune nello stato di Bahia in cui è nato, Seabra, non ha né spiagge né mare. Ryder Matos Santos è un brasiliano atipico riconoscibile da tre fattori: il sorriso stampato in volto che ti mette allegria solo a guardarlo, non può rinunciare a Dio e alle preghiere, la voglia matta di calcio. Perché lui gioca (e benissimo) in campo ma anche a casa con suo figlio, a cui ha dedicato il gol contro il Benevento. “Ti abbiamo visto fare un balletto strano…”. Ryder svela: “Si! Conosci Oppa Gangnam Style? Ecco. Da quando l’ha sentita a scuola non riesce a levarsela dalla testa. Figurati noi”.

Cuor di papà. Innamorato anche di Verona e del Verona. “Qui mi trovo benissimo, va tutto alla grande. In famiglia, con i compagni di squadra e con l’allenatore”. A proposito. “Grosso mi dà sempre tanti consigli e per me è un onore dopo quello che ha vinto in carriera. Tatticamente è molto preparato”. Bilancio stagionale: 12 partite, 3 gol e 3 assist. Ma soprattutto la sensazione di poter essere pericoloso sempre. Ok Hellas, l’acquisto – anche se in prestito con diritto – è stato quello giusto. Giustissimo. Il primo in assoluto del giovanissimo direttore Tony D’Amico.

Matos è arrivato in Italia che era un bambino, a soli 14 anni. “Dal Vitoria! Mi ha voluto Pantaleo Corvino! Dopo avermi visto giocare si è messo in contatto con il mio procuratore”. E volo per Firenze prenotato insieme al papà, che del nostro Paese ha amato fin da subito la cucina. “Dopo una settimana di prova sono rimasto alla Fiorentina. Ero felicissimo, come tutta la mia famiglia. Non ti nascondo che i primi mesi sono stati difficili perché era tutto nuovo ma il mio adattamento è stato rapido”. Dalle giovanili alla serie A, grazie a Montella che ha creduto in lui. “L’esordio? Da titolare a San Siro contro il Milan. Sfidando Kakà! A cui a fine partita ho chiesto anche la maglia”. E non è l’unica che custodisce gelosamente.

“Ho anche quella di Pepito Rossi, il giocatore più forte in assoluto con cui ho condiviso lo spogliatoio. Poi quella di Pirlo e… due di Totti!”. Addirittura. “L’ho chiesta anche a Cristiano Ronaldo, contro cui ho giocato in un Real Madrid-Cordoba. Mi disse di sì ma poi io persi tempo all’antidoping. Un peccato”. Ma che ricordi. “Il Bernabeu è mostruoso, lo stadio più bello in assoluto dove ho messo piede. Ronaldo segnò pure un gol in quella sfida”. E la possibilità di rincontrarsi c’è eccome. “Magari! L’anno prossimo in serie A, chissà. La promozione è il nostro obiettivo numero uno”. E in caso di salto in alto, una delle prime mosse del Verona dovrebbe essere proprio quella di riscattare il cartellino di Ryder.

“Chi mi conosce bene sa che adoro Fortnite, il gioco. E qualche volta mi chiamano proprio così”. Altrimenti Ryder, che si pronuncia esattamente RIDER, è perfetto. “Un giorno mia madre conobbe una signora che aveva un figlio che si chiamava Ryder”. E fu amore a prima vista. Come tra Matos l’Italia, tant’è che prima di scendere in campo “ascolto musica italiana”. Ma non solo quella. “Mi concentro così, immerso nel mio mondo e con le cuffie alle orecchie. Amo il sound americano e brasiliano ma nella mia personale playlist ho anche Tiziano Ferro e Laura Pausini. Appena scendo dal pullman però spengo tutto”. Serve silenzio. E anche altro. “Prima di scendere in campo prego”.

La fede è la sua forza. Le qualità tecniche fanno il resto. A social come andiamo? “Instagram mi piace! Tra i miei follower c’è anche Borja Valero, abbiamo giocato insieme alla Fiorentina. Un grande, fortissimo”. Anche se i like se li scambia soprattutto con Cuadrado, un altro con cui Matos ha giocato, sempre in Viola. “Al Verona ho ritrovato un amico d’infanzia: Empereur. Lo conosco da tantissimi anni e ci frequentiamo spessissimo anche fuori dal campo”. Ha un ottimo rapporto con tutti in gialloblù, l’ex Barcellona Lee compreso. “E’ in gamba, fortissimo con la palla tra i piedi e un bravo ragazzo in generale. Spesso ci confrontiamo, in spagnolo o portoghese che sia”. Urgono lezioni d’italiano allora. Matos se la ride ma non si candida come maestro, nonostante la lingua la parli davvero bene. “Vivo in Italia da 8 anni ormai”. I suoi genitori sono rimasti in Brasile invece: Ryder li va a trovare giusto quando riesce anche perché “nella mia città non c’è l’aeroporto quindi ci vogliono minimo due giorni di viaggio”. Serve pazienza e fiducia. La strada più lunga è faticosa ma se giusta regala una soddisfazione maggiore. E il Verona di Grosso e Matos sono su quella strada lì.