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Il mondo di Totti – Giannini, l’approdo alla Roma, la chance Real Madrid…e il futuro: “Allenare? Ora non ci penso, ma potrebbe scattare qualcosa”

L’infanzia, la Roma, la Nazionale, il futuro. Francesco Totti si racconta nel corso di una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport svelando anche tanti aspetti della sua vita ai più sconosciuti. Si parte dai primi calci al pallone:

“Il primo ricordo del calcio è sotto casa, è davanti a scuola. C’era un parco grande, dove c’era la possibilità di giocare con gli amici e con i miei cugini. Quello è il mio primo ricordo di un pallone, avevo cinque o sei. La mia stanza era tappezzata di giallo e rosso. Era una stanza della Roma. C’era un grande poster del mio idolo di allora, Peppe Giannini. C’erano ovunque sciarpe, magliette. Era gialla e rossa, come una curva. A scuola andavo a piedi. Di fronte a casa mia c’era la scuola. Da piccolo facevo la mia figura. Un 6 perfetto, né più né meno, che se no si esagerava. Avevo un piano perfetto: uscivo da scuola all’una, mangiavo di corsa e dall’una e mezzo alle due, massimo, studiavo. Ma poi, appena sentivo il rumore del pallone dei miei amici sotto casa, dicevo a mamma che avevo studiato tutto e scendevo. Restavo dalle due fino alle 7 e mezzo-otto, tutti i giorni, tutto l’anno”.

A 9 anni ci fu il passaggio alla Roma: “Arrivai grazie a Ermenegildo Giannini. Un giorno mi guardò palleggiare e mi prese senza che giocassi. Sì, poi è arrivata una lettera dove mi volevano portare alla Roma. Invece poi andai alla Lodigiani per tre anni fino a undici anni e a dodici tornai alla Roma”. Amico speciale? Un laziale: “Sì, con Nesta ci siamo incontrati da quando avevo dodici anni perché abbiamo fatto tutta la trafila del settore giovanile. Io con la Roma e lui con la Lazio perciò eravamo già amici nemici, come si dice. Però in quella partita eravamo, mi sembra, a Primavalle. Era la finale Lodigiani-Lazio e vincemmo 1 a 0 con mio tiro su punizione. Però loro erano forti perché c’era Di Vaio, c’era Nesta, giocatori che poi hanno giocato in serie A”.

Totti sfiorò il tradimento all’amore della sua vita: “Sì, era il 2003. C’era Capello con i Sensi , ma vivevamo un momento molto particolare tra me e la società, alcune cose non andavano nel verso giusto. Avevo chiesto alcune cose specifiche. Loro non è che non volessero accontentarmi ma sembravano ignorare le mie aspettative. Il Real Madrid spingeva a tutti i costi perché giocassi da loro. Era l’unica squadra al mondo per la quale io, a malincuore, avrei potuto lasciare Roma. Ci pensai seriamente. Però alla fine la famiglia, gli amici, mia moglie, mi hanno aiutato a capire tante cose, così sono rimasto qua. E considero che sia stata una fortuna”

Nazionale? Un episodio per tutti: “L ’Europeo del 2000. Quel cucchiaio mi venne in mente durante la settimana con Maldini, Di Biagio, Inzaghi. Provavo i rigori, a fine allenamento provavamo i rigori. Io scherzando con Maldini, Albertini e con Nesta, dissi ‘Se dovessimo andare ai rigori gli faccio il cucchiaio’. E loro cominciarono a dire ma che sei matto, è la partita semifinale dell’Europeo. Poi durante la partita siamo andati ai rigori. Io stavo lì al centrocampo, e tutti mi guardavano. Di Biagio ha scosso la testa e ha detto quello lo fa perché è matto. Mi sono incamminato, la strada era lunga, e di fronte c’era un muro di tifosi arancione. Van der Sar era alto tre metri e mezzo, penso, copriva tutta la porta e mi sono detto mò che faccio? Lo faccio, non lo faccio? Però ormai ho dato la parola, che faccio mica posso tirarmi indietro: meno male che quel lungagnone s’è buttato dall’altra parte, perché sennò mi avrebbero ammazzato”.

Giocatore più forte con il quale ha giocato? Il “Pibe di Bari”: “Tecnicamente Cassano, parlavamo sul campo, ci trovavamo in qualsiasi momento, sotto tutti i punti di vista. Poi con lui avevo un grandissimo rapporto anche fuori dal campo, perciò c’era sintonia totale. Stiamo parlando di uno dei giocatori più forti non in Italia ma anche in Europa, perché lui tecnicamente è un fenomeno. Poi Batistuta, Montella, quelli sono giocatori che hanno fatto la storia del calcio. Vanno ricordati perché era un piacere vederli e ho avuto la fortuna di giocarci anche insieme”. Totti indica anche l’allenatore preferito: “Zeman era quello con cui mi sono trovato meglio di tutti. Io non ho avuto mai problemi con gli allenatori perché poi alla fine ho fatto sempre il mio dovere, li ho sempre rispettati e, questo lo ribadisco un’altra volta, io alla Roma non ho mai cacciato via un allenatore, non ho mai voluto un allenatore. L’unico con cui ho avuto un po’ di problemi è stato Carlos Bianchi. Però ancora ero giovane e lui non è che era molto attento ai giocatori romani perché a lui piacevano più gli stranieri”.

Proprio dal rapporto difficile con Bianchi è nato tutto: “Lui, essendo argentino, conosceva tanti giocatori stranieri perciò i romani non è che lo convincessero tanto. Poi essendo io giovane aveva cercato in tutti i modi di spingermi verso altri orizzonti: è mancato pochissimo, perché mi ero messo d’accordo con la Sampdoria. Firmai con la Sampdoria e il giorno dopo ci fu un torneo all’Olimpico con Ajax e Borussia Dortmund. Fu la sera prima che io andassi alla Sampdoria. Ma gli dei di Roma si ribellarono e fu una serata magica, per me storica. Forse sarà stato il destino, ma quella sera feci due goal sia all’Ajax che al Borussia Dortmund. All’Ajax c’era un giocatore molto forte che Carlos Bianchi voleva a tutti i costi. Ma dopo la partita il presidente Sensi s’impuntò e disse: lui da qua non va via. Alla fine saltò tutto con la Sampdoria e rimasi in giallorosso. Bianchi disse o Totti o me e Sensi disse Totti. E da lì è cambiato tutto…”.

E Spalletti? “Ho un buon rapporto. Un rapporto che va oltre anche il calcio. Una bella persona, una persona che ha i propri valori, che per me ha fatto tanto, una persona che vuole vincere, un allenatore che ha una cultura calcistica superiore alla media. E per me la Roma ha fatto un grande investimento riprendendo questo allenatore”. Totti parla anche di alcuni gesti di solidarietà mai pubblicizzati: “Fatti con il cuore, non con le telecamere Ho sostenuto tante iniziative benefiche, ho fatto tante sorprese a tanti bambini che non stavano bene negli ospedali. Queste sono cose che mi aiutano e mi fanno sentire bene. Perché ho la fortuna, come ho detto prima, di essere un privilegiato: ho la salute, ho i soldi, ho il lavoro, ho la famiglia e vedere queste persone che soffrono mi dà dolore”.

In chiusura d’intervista Totti parla anche del suo futuro: “Sinceramente non so cosa farò. Però spero di rimanere per sempre nella Roma. Questo è il mio desiderio, e mi auguro e voglio aiutare la società nella quale ho speso la gran parte della mia vita. Sarei davvero felice se potessi essere di aiuto alla Roma. Se mi piacerebbe allenare? Da a una parte sì. Però in questo momento non ci penso perché, conoscendo il mio carattere, forse non saprei gestire un gruppo. Però, in effetti, vedo tutti i miei ex compagni che appena smesso di giocare hanno preso questa carriera d’allenatore. Mi sa che scatta qualche cosa dopo, perché tutti si mettono a fare gli allenatori e allora può darsi pure che scatterà qualche cosa anche a me. Che devo dire: cambierò carattere, cambierò modo di impostare tante cose”.