Rewind Champions 2003: il Milan campione. Lo sguardo di Sheva e l’ultimo superstite europeo
Milan (4-3-1-2): Dida; Costacurta (21’ st Roque Junior), Maldini, Nesta, Kaladze; Gattuso, Pirlo (26’ st Serginho), Seedorf; Rui Costa (42’ st Ambrosini); Shevchenko, Inzaghi. All.: Ancelotti.
Tra qualche mese, esattamente tredici anni dopo, soltanto un protagonista della notte dell’Old Trafford potrà rivivere certe emozioni. Non uguali, sia chiaro: perché il trionfo in Champions League del Milan, ai rigori contro la Juventus, è ancora oggi storia, ed è un attimo indimenticabile, lungo quanto l’attesa snervante prima dell’ultimo penalty di Andriy Shevchenko. Di quella squadra, piena zeppa di talento, qualità, campioni e leader, il solo Carlo Ancelotti, prossimo allenatore del Bayern Monaco, continuerà a navigare in campo internazionale con la medesima ambizione di sempre, con l’obiettivo di arrivare in finale. E di vincerla. Come vinse quella nel 2003 dopo una cavalcata infinita, il rischio cronico di abbandonare d’un tratto la competizione e l’urlo in gola ad ogni gol-salvezza, decisivo per andare avanti, senza fermarsi né accontentarsi. Ma prima della Juventus c’era stato lo Slovan Liberec, squadra ceca affrontata ai preliminari ad agosto, battuta a San Siro 1-0 (al ritorno finì 2-1, ma passò il Milan per il gol in trasferta) grazie alla rete del solito Pippo Inzaghi, uno abituato a convivere da sempre con la monotonia del gol (quasi 300 in carriera), capocannoniere rossonero di quella Champions League con12 reti, eroe di un altro storico Milan-Ajax, che in Olanda finì 0-0 e al Meazza, al ritorno, 3-2 per loro, per i rossoneri infiniti, vivi anche oltre il novantesimo, in estasi quando Inzaghi, ad un secondo falla fine, segnò a porta vuota il gol qualificazione per la semifinale contro l’Inter.
Oggi Inzaghi è ancora legato al Milan, ma stavolta non c’entra solo il cuore: il filo conduttore è un contratto da allenatore firmato la scorsa estate ed ancora esistente, nonostante l’esonero, in scadenza il prossimo giugno. A proposito di gol: Shevchenko segnò il rigore decisivo contro la Juve (storica l’immagine del suo sguardo all’arbitro tedesco Merk in attesa dell’ok per calciare) ed altri ancora nello stesso cammino europeo (in totale 4), fotografie che adesso ricorda con un pizzico di nostalgia, lontano dal calcio giocato e da quello in generale, che lo ha premiato anche col Pallone d’Oro del 2004. Non hanno ancora smesso di divertirsi, invece, Andrea Pirlo e Alessandro Nesta, cervello e cuore di quel Milan, che in America – uno al New York City e l’altro al Miami FC – ripenseranno spesso agli anni vincenti vissuti insieme. Di vittorie ne ha conquistate tante anche Manuel Rui Costa, il trequartista che agiva alle spalle di Inzaghi-Shevchenko e dispensava assist e consigli ai più piccoli dopo anni di grandi imprese: oggi il portoghese è direttore sportivo del Benfica, alla carriera da allenatore ha preferito quella da dirigente per offrire la medesima saggezza anche fuori dal campo, per scrutare i futuri talenti ed individuarne qualcuno che possa, anche solo in parte, avere la classe di Clarence Seedorf (altro ex allenatore rossonero esonerato), o la grinta di Gennaro Gattuso, campione del mondo nel 2006 ed ora allenatore emergente che tanto bene sta figurando in Lega Pro, alla guida del Pisa. E Costacurta? Certo, c’era anche lui nella notte di Manchester, così come Ambrosini, che subentrò a Rui Costa nel finale: entrambi continuano a vivere di calcio ma da un’altra prospettiva, commentando in tv ciò che un tempo facevano (e anche bene) in campo, nelle vesti di leader esperti d’una squadra che aveva bisogno in egual dose del loro carisma e del talento altrui. Talento, come quello di Serginho, che alla classe pura anteponeva la corsa e la rapidità, oltre alla capacità di arrivare sul fondo in qualsiasi modo, senza mai perder lucidità, come in occasione del primo penalty contro la Juve, quello che spianò la strada al successo dagli undici metri. Nell’album dei ricordi felici, poi, non può che esserci spazio anche per la figurina “Dida”: il brasiliano, svincolato dopo l’ultima esperienza all’Internacional, parò tre rigori e, al pari di Sheva (così lo ricordano in tanti), visse una notte da protagonista che compensò i successivi anni difficili al Milan. Roque Junior, che sostituì Costacurta a metà ripresa, oggi è collaboratore tecnico nel settore giovanile della Lazio, mentre Kaladze, allora terzino difensivo, centrale aggiunto con compiti prettamente di copertura, ha lasciato il calcio dopo l’esperienza al Genoa (dal 2010 al 2012) ed ha intrapreso carriera politica nella sua Georgia.
In questo preciso istante, sparsi per il mondo, distanti chilometri, al fianco di nuovi compagni, ognuno col proprio presente ed una fetta di medesimo passato, un’intera formazione starà ripensando alla notte del 28 maggio 2003, alla rincorsa verso Shevchenko, alla vittoria contro la Juve di Del Piero, Trezeguet, Buffon, atto ultimo di un percorso infinito che regalò al Milan la sesta Champions Leaguedella sua storia.
A cura di Fabio Tarantino – @FabTarantino_19