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Prandelli: “Atalanta? E’ un mondo, uno stile, una famiglia: come i baschi del Bilbao”

Cesare Prandelli, cuore nerazzurro. Sei anni da calciatore più sette da allenatore delle varie categorie delle giovanili fanno 13: il numero perfetto. Impossibile dimenticare l’Atalanta del Mondo e di Stromberg, come i tanti talenti sfornati tra il 1990 e il 1997.

“L’Atalanta è qualcosa di speciale. È un mondo” – si legge nelle pagine de La Gazzetta dello Sport – “Uno stile. Una famiglia. L’abbinerei, come concetto calcistico, ai baschi del Bilbao. Ed è nel mio cuore. Bortolotti, Ruggeri e ora Percassi. Un ex giocatore diventato proprietario. Tifosi prima ancora che presidenti. Uomini legati a quella terra, a quei colori. Che hanno costruito qualcosa di importante da imprenditori e hanno voluto restituire qualcosa alla squadra del cuore. Ci sono molti aspetti in comune tra il mondo Atalanta e la Fiorentina, prossima rivale dei nerazzurri. I viola due scudetti li hanno vinti, l’Atalanta un simile traguardo lo ha solo sognato. Eppure l’attaccamento è simile”.

Legame iniziato da giovanissimo: “Io ragazzino di 19 anni, proveniente dalla Cremonese. A quei tempi c’era un triangolo che lavorava in sintonia: Boniperti, Luzzara e Bortolotti. Arrivo a Bergamo e il presidente mi dice: “Siamo una famiglia, questa diventerà la tua famiglia”. E io mi sento a casa. Scopro che Bergamo è diversa da Cremona. Il tifoso la domenica non dice “Vado a vedere la partita con la Juve o con l’Inter”. No, dice “Vado all’Atalanta”. Ricordo l’anno della Coppa Uefa. C’è Stromberg. C’è Cantarutti. C’è il Mondo in panchina. E io a maledire un ginocchio che mi fa soffrire. Siringato in continuazione. Un tormento. E così a 32 anni dico basta”

La carriera da allenatore inizia dagli Allievi nerazzurri: “Lavorare al settore giovanile è stato basilare per la mia crescita d’allenatore. Io imporrei a tutti i tecnici due anni con i ragazzi. Pensate quanto sarebbe importante per dei giovani in erba crescere con i consigli di fenomeni come Mourinho, Conte o Guardiola. I segreti dell’Atalanta sono un centro sportivo fantastico, metodologie di lavoro sempre all’avanguardia e un continuo confronto tra i vari allenatori. In più si cerca di valorizzare i giovani del territorio. Che possono diventare dei campioni, dei giocatori A o, semplicemente, dei futuri tifosi dell’Atalanta. L’italianità è protetta. Bortolotti diceva: “Attenti al territorio”. Giusto, perfetto. E Percassi ha fatto anche di più regalando a ogni neonato della zona un body dell’Atalanta”.

Solo complimenti per l’Atalanta attuale: “Tutti i meriti vanno a Gasperini. Ha avuto il coraggio di operare scelte forti. Non ha avuto paura a cambiare strada rivoluzionando le idee iniziali. Certo, ha potuto contare sul sostegno della società. Ma lui ha dato la spinta decisiva. È una squadra che propone un calcio diverso, che ha la freschezza di tanti giovani talenti. Durerà. L’Atalanta non è una storia di un anno. Resterà competitiva anche in futuro. Champions? Il vero obiettivo è tornare in Europa dopo tanto tempo. Bergamo vale questa dimensione contro il Napoli correvano il doppio. Attaccavano in cinque­-sei. Non hanno avuto paura neppure rimasti in dieci. Mi sono emozionato.

Gagliardini e Kessie, parole al miele: “Gagliardini mi ha sorpreso per la disinvoltura con cui si è preso l’Inter. Kessie è una forza della natura. Tra pochi mesi lo vedremo in un club importante. Caldara resterà ancora un anno a Bergamo? Il modo giusto per programmare. Caldara arriverà con 70­-80 partite di A nelle gambe e nella testa. E sarà pronto per la Juve. Mi piace anche Spinazzola, è un calciatore totale, Conti mi piace da morire. E Petagna sta crescendo grazie a Gasperini“. Un giudizio sui tifosi della Dea: “Sono esigenti. Duri. Spesso con loro non puoi mediare perché sono molto orgogliosi“.