Che cos’è una plusvalenza?
Terminato il calciomercato, è tempo di conti per tutti i club, italiani ed esteri. Acquisti, cessioni, bilanci e pianificazioni, il tutto con il “chiodo fisso” delle plusvalenze, specialmente per le squadre che giocano nei tornei UEFA. Ma che cos’è davvero una plusvalenza? Proviamo a fare chiarezza
Partiamo dalla base, la definizione standard, quella extra-calcistica. Per plusvalenza si intende, citando il Dizionario Economico: "Un aumento di valore registrato da un bene immobile o da un titolo". In momenti diversi, quindi, si parla di plusvalenza quando il valore del bene individuato ha subito un incremento col passare del tempo. Come aggiunge la Treccani: "In ambito economico è relativa alla differenza tra prezzo di acquisto e quello di vendita di valori azionari lucrata da operatori di borsa e assoggettabile a imposta di ricchezza mobile. Per fare chiarezza, quindi, in caso di cessione ad un prezzo superiore del valore contabile, il venditore andrebbe a realizzare una plusvalenza ovvero un guadagno".
CHE COS'È UNA PLUSVALENZA NEL CALCIO?
Ora che abbiamo la definizione "standard", è il momento di applicarla al mondo del pallone. Un calciatore acquistato a 1 milione di euro, con un contratto di cinque anni, venduto dopo due anni a 5 milioni di euro, genera ovviamente un introito netto nelle casse del club (5 milioni di euro, appunto). Inoltre, si genera un guadagno netto di 4 milioni di euro (differenza tra prezzo di acquisto e vendita), ma soprattutto una plusvalenza di 4.4 milioni. Perché? Un calciatore è un costo per un club: cartellino e stipendio, banalmente. Non considerando gli stipendi (che concorrono invece ai costi a bilancio dei club), il prezzo del cartellino subisce comunque un ammortamento (Definizione: "La procedura contabile per estinguere in un dato numero di anni un investimento). Se il contratto del calciatore di cui sopra è di cinque anni, ogni anno il valore del calciatore stesso, a bilancio, subisce un ammortamento di 200 mila euro (1 milione/5 anni). Di conseguenza, dopo due anni, il valore effettivo a bilancio sarebbe inferiore al milione di euro di partenza, ossia 600 mila euro (1 milione-400 mila euro). Ecco spiegato quindi il perché la plusvalenza sarebbe di 4.4 milioni di euro e non di 4 milioni.
PLUSVALENZE E FFP
Perché si parla di plusvalenza? Specialmente in ottica Financial Fair Play, autentico spauracchio per numerosi club, anche italiani, nelle ultime stagioni. Le plusvalenze sono fondamentali in quanto concorrono al consolidamento della stabilità economica di una società di calcio: si tratta di ricavi che, insieme a sponsor, biglietteria, merchandising, partnership commerciali e diritti televisivi, permettono a un club non solo di sostenersi dal punto di vista finanziario, ma anche di investire denaro contante nei vari settori di business. Dai fornitori ai dipendenti, dal calciomercato all'innovazione tecnologica, passando per stadio e settore giovanile. Con il "difetto" che, nel caso delle plusvalenze, si venga a parlare di valore contabile e non di liquidità.
PLUSVALENZE E LIQUIDITÀ
Non è detto, infatti, che a un valore registrato a bilancio come plusvalenza corrisponda un'effettiva liquidità in cassa che possa essere riutlizzata come denaro contante. In soldoni, non sempre una plusvalenza "sulla carta" ha con sé del cash, specialmente nel caso di scambi di calciatori. Questo tipo di manovre finanziarie esulano però dal contesto calcistico, in quanto si tratta di operazioni volte a sistemare i bilanci e non al mero player trading.