Pastore: “Il calcio era diventato un castigo. Ora ho un’anca in ceramica”
In una lunga intervista a La Nacion, il trequartista argentino racconta il calvario degli infortuni
Javier Pastore si sente ancora un calciatore professionista? A questa domanda, l’ex Roma e Palermo ha provato a rispondere in una lunga intervista rilasciata alla testata argentina La Naciòn.
Ora il trequartista trentaquattrenne è svincolato, dopo l’esperienza al Qatar SC del 2023. Ha da poco subìto un’operazione all’anca a Madrid, e sta per dismettere le stampelle. “Non ce la facevo più a sopportare il dolore. Mi svegliavo e già sentivo male, i primi passi erano un calvario. La testa mi diceva ‘smettila, ti prego’. Non volevo più soffrire“, racconta Pastore.
Pastore rivela: “Ho un’anca in ceramica”
Pastore racconta poi di aver provato terapie sperimentali: “Per continuare a giocare a calcio le ho provate tutte. Ma non ottenevo mai il risultato sperato. Riuscivo ad allenarmi e a giocare, d’accordo, ma non mi miglioravano sul serio la qualità della vita. Giocavo una partita e dopo dovevo stare due giorni a letto per il dolore“.
Poi prosegue: “Nel 2020 mi hanno fatto un’artroscopia all’anca. Il miglioramento è stato netto, ma tornare a caricare su un’anca logorata è stato molto dannoso. Tornavano i dolori, aumentavano anzi: fino al punto che giocare a calcio non era più un piacere ma un castigo. Soffrivo in campo e soffrivo dopo. Non potevo neanche giocare coi miei figli. […] Ora mi sono fatto mettere una protesi all’anca completa del lato sinistro. Tutto di ceramica. E dopo la riabilitazione, che sto facendo tutte le mattine, la mia vita è normale. Incredibile a dirsi, ‘vita normale’. Ora sono felice“.
Tornando alla domanda iniziale, Pastore non ha certezze: “In questi anni di sofferenza mi stavo preparando al ritiro. Quando sei un giocatore pensi di sapere tutto, di non avere niente da fare, di poter fare quello che vuoi. La mia testa oggi non pensa a giocare di nuovo a calcio, voglio solo recuperare e stare molto bene. E se mi sento bene a correre, forse avrò voglia di correre di nuovo“.