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“Non è solo un insegnante di calcio: è una persona colta, sensibile, educata”. I 70 anni del “maestro” Tabarez

“I sogni sono la benzina della vita” e Oscar Washington Tabarez continuerà a “rifornirli” fino a quando la salute glielo permetterà. Oggi sono 70 anni per il “maestro” di Montevideo, affetto da una neuropatia cronica, ma più che mai convinto a portare a termine il suo “sogno”. Il calcio il veicolo da rifornire, attraverso le innovazioni, leleganza, la cultura e l’educazione di Tabarez. Il “filosofo(così lo chiamarono a Cagliari) fece tappa anche in Italia, la prima nel 1994.

“Nel precampionato tutti i giornalisti italiani, che fanno delle analisi sempre eccellenti ed impeccabili, ci indicarono come favoriti per la retrocessione…”. Andò in modo molto diverso, con il Cagliari che sfiorò una nuova qualificazione alla Coppa Uefa, competizione dalla quale l’anno prima uscì in semifinale. In quel Cagliari giocava Matteo Villa, che poi divenne capitano e bandiera dei rossoblù: “Un ricordo stupendo” – dichiara l’ex difensore rossoblù ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com Stiamo parlando di un grande allenatore, un insegnate di calcio, che ha fatto la storia della sua Nazionale. Ma io non ricordo solo la bravura con gli schemi e le lavagne, ma anche la persona. Taberez è un uomo colto, educato, sensibile. Io in particolare ho avuto con il maestro un ottimo rapporto”.

“Il calcio è routine. Per questo cerco di fare allenamenti sempre diversi: è importante che i giocatori non s’ annoino e imparino a gestire situazioni diverse, prendere decisioni veloci“. Questa una delle massime del filosofo Tabarez. La conferma ci arriva da Villa: “Tutto vero. Era un precursore dei tempi. Fummo tra i primi a giocare con la difesa a tre e a memoria non mi pare che mai nessuno da noi avesse giocato con questo modulo. In Italia nel 1994 c’era ancora l’abitudine di fare l’allenamento uguale per tutta la settimana. Tabarez invece cambiava spesso la tabella e li rendeva molto divertenti per cui allenarsi diventava bello e piacevole”. Lulù Oliveira, la stella offensiva di quel Cagliari, punta ancora di più l’attenzione sull’aspetto caratteriale.“Prima dell’allenatore mi ricordo l’uomo, una bella persona” – attacca subito Oliveira – Con lui allenarsi e scendere in campo era un grande piacere: ci divertivamo. Un giorno si facevano esercizi con il pallone, un altro partitella, un altro ancora corsa: cambiava sempre. Poi giocavamo un calcio bellissimo. Arrivare qui, in Europa, e allenare una ‘piccola’ per lui era una grande scommessa: la vinse. Ci vuole umiltà e tanta passione per fare una scelta del genere. In Sud America aveva allenato grandi società, in Europa non lo conosceva nessuno. Si fece presto un nome e infatti lo chiamò il Milan.

“A cosa serve l’utopia? A far camminare gli uomini. Anche nel calcio…” diceva Tabarez. E quell’anno i rossoblù camminarono piuttosto bene… “Sì, sfiorammo la qualificazione alla Coppa Uefa” – riprende Villa – “Ricordo con piacere quella stagione perché nonostante qualche difficoltà iniziale ci levammo grandi soddisfazioni. Attraverso un bel calcio battemmo squadre importanti come la Juventus, il Parma, la Fiorentina e vincemmo anche a San Siro contro l’Inter. Tabarez era molto bravo a spiegare la zona e i suoi insegnamenti indubbiamente arricchirono il nostro bagaglio di conoscenze. Poi con lui potevi tranquillamente dialogare, dire la tua e con molta umiltà ti ascoltava. E non si parlava soltanto di calcio, ma di qualsiasi argomento e Tabarez era sempre preparatissimo in tutto. Era un piacere ascoltarlo: non per niente lo chiamarono il filosofo“. Luis, meritavate l’Europa quella stagione? “Sì, per quello che abbiamo mostrato in campo e per il modo in cui riuscì a coinvolgerci tutti e inculcarci le sue idee: ottenne risultati straordinari. Se non centrammo l’obiettivo alla fine fu solo colpa nostra. Lui aveva la capacità di non farci sentire inferiori a nessuno. Mancò qualcosa solamente nel finale”.

“L’ ideale è l’ opposto della realtà. E un allenatore deve saper guidare la realtà”. Purtroppo per il maestro in Italia la realtà, dopo il magico campionato a Cagliari, fu piuttosto ingrata: “Dopo una bellissima stagione Tabarez e Cellino presero la decisione di separarsi di comune accordo” – conclude Villa – “Un anno dopo il maestro andò meritatamente al Milan. Era uno degli allenatori più preparati del momento, uno dei migliori in Italia. Purtroppo quell’anno il Milan aveva dei problemi, era finito un ciclo e così a pagarne le conseguenze fu Tabarez“. Dispiacere anche per Oliveira: In una grande società non è semplice neanche per i maestri. Il Milan era una squadra imbottita di campioni: qualcuno devi lasciarlo fuori. Questa è la condanna di molti allenatori e fu anche la condanna di Tabarez. Non guarda in faccia nessuno, controlla con i suoi collaboratori tutti i giocatori e dopo manda in campo chi secondo lui ha meritato. Sei i risultati non arrivano subito alla lunga paghi e fu allontanato dal Milan. Mi dispiace che non abbia ottenuto quanto meritava a livello di club”.

Con la Nazionale uruguaiana Tabarez è riuscito a togliersi quelle soddisfazioni che i club non sono riusciti a regalargli. Dopo il quarto posto nei Mondiali del 2010 e la Copa America vinta nel 2011, lo scorso 12 novembre, nonostante le condizioni di salute, è diventato l’allenatore con più presenze alla guida di una Nazionale, 168, una in più del tedesco Herberger. “Resterò alla guida della Celeste finché le forze me lo permetteranno e finché i giocatori mi seguiranno”. Nuovi record da raggiungere chissà, magari già a partire dal prossimo mondiale in Russia. Auguri “maestro”.