Nel ‘magico’ mondo Cavese, Santoriello: “Noi, poveri ma belli”
La nostra intervista a Massimiliano Santoriello, Presidente e Amministratore Unico della Cavese.
In numeri – Il ripescaggio, in extremis, lo scorso agosto, il ritorno tra i Pro dopo anni di delusioni, l’esperienza del direttore sportivo Peppino Pavone, il 4-3-3 tutto fantasia e verticalizzazioni di Giacomo Modica (non a caso ex collaboratore di Zeman), il sentimento – degno della miglior poetica del fanciullino – del presidente Massimiliano Santoriello. Un prosimetro fattualmente vincente, a dispetto della contingenza del risultato. Nono posto nel girone C di Serie C con quarantasei punti in trentaquattro partite, lo stadio ‘Simonetta Lamberti’ tornato a colorarsi di blufoncé (guai a dir azzurro). Ah però, se ci sei mancata cara Cavese…
La storia – Osserva i ragazzini del ’07 in compagnia di Pavone. Attento, concentrato, distoglie gli occhi dal campo solo per rispondere alle nostre domande. Perché il sentimento non conosce distrazione. Amare una cosa significa immedesimarsene totalmente, senza pensare a nient’altro. Proviamo egualmente a interrompere (frammentare, sia mai…) questa atmosfera panica… “Sai, ogni anno, tra provini e settore giovanile, qui a Cava de’ Tirreni ospitiamo circa 4mila ragazzi, di tutte le età, fino al 2009. Vedere questi bambini, così piccoli, con la maglia della Cavese indosso riempie il mio cuore di un’emozione che non saprei descriverti”, asserisce con orgoglio Massimiliano Santoriello, Presidente e Amministratore Unico della Cavese.
Ah, quanto è dolce il mar dei ricordi! Quanto è bello re-immedesimarsi in una situazione vissuta venti o trent’anni prima. Sognare ad occhi aperti, avere sana nostalgia, eccola qua la vera dimensione del sentimento… “Eh già, io in questi ragazzini che corrono allegri e spensierati per il campo rivedo me stesso una quarantina di anni fa… Perché nella mia vita la Cavese c’è sempre stata, ben prima di quel fatidico agosto 2017 quando decisi di intraprendere questa sfida. Non era domenica senza Cavese, non era Natale senza sciarpa blufoncé sotto l’albero. E’ la squadra della mia città, il primo, vero, grande amore. Lo sai, no? Il primo amore non si scorda mai…”.
La voce rotta dall’emozione, l’infanzia scandita – passo dopo passo, giorno dopo giorno – dal rumore dei tamburi, dai fumogeni che la domenica pomeriggio si levavano in alto dal 'Lamberti'. Quella ‘cosa’ che malgrado tutto, gioie e dolori, delusioni e adrenalina, c’è sempre stata, lì, al suo posto. Pronta a coccolarti nei momenti difficili, a cancellare le prime ‘cotte’ andate male, il brutto voto a scuola, la furibonda litigata con l’amichetto del cuore. Viva la forza propulsiva del calcio, viva chi, ancora oggi, come Santoriello sa guardare indietro e versar lacrime sull’essenza di questo gioco… “Ah, quanti aneddoti potrei raccontarti! Mio papà aveva un bar-tabacchi, ogni martedì d’estate, quando non c’era scuola, lo accompagnavo a Salerno al monopolio di stato a far rifornimento di sigarette. Accanto al monopolio c’era una specie di cortile sempre pieno di bambini che giocavano a pallone. Io ricordo che fremevo per unirmi a loro, ma papà mi teneva sempre a debita distanza… sapete della rivalità, no? ‘Se sanno che sei di Cava ti buscano’. E poi la domenica, quanto era bella! Mi svegliavo prima di tutti, spalancavo la finestra di camera…’Che bello oggi si va allo stadio’ anche se tendenzialmente dovevo aspettare zio che tornasse da Torino perché papà non era un grande appassionato. Ricordo un Cavese-Cesena 3-1, intorno alle 17 vidi dalla finestra di camera mio zio rincasare con la sciarpa della Cavese, ‘ma come, è andato allo stadio e non mi ha portato?’… Quanto ci rimasi male, una sera intera senza proferir parola…”.
Perché la bellezza di un ricordo è simmetrica a quanto ci ricordiamo di esso. Ciò che abbiamo amato non avrà altra dimensione che quella dell’eterno… “Milan-Cavese 1-2 stagione ’82-’83, ero incollato alla radio, avevo sette anni. Non riuscivo a crederci così ogni secondo alzavo di una tacca il volume, fino a farla esplodere. Ma non ci credevo lo stesso, sognavo. La ‘Real Cavese’ ha vinto a San Siro! Con l’Inter in Coppa Italia, qui a Cava, invece, non ci andò altrettanto bene. 1-3 nerazzurro senza appello, Rummenigge mi lasciò estasiato. Era immarcabile, altro che marcatura a zona, da qui la famosa battuta di Christian De Sica in uno dei suoi film (‘me sento come Rummenigge nell’area della Cavese’)”.
Santoriello, peraltro, da ‘buon’ adolescente ha anche indossato la maglia della Cavese… “Due anni di settore giovanile, poi al termine della seconda stagione la società fallì. Primo e non ultimo fallimento, purtroppo…”. Un fil-rouge che nonostante tutto – gli anni, la distanza, le vicissitudini – è rimasto sempre in piedi, pur labile ma sempre in piedi. Il primo amore, d’altronde, caro Massimiliano… “Il 14 agosto 2017, me lo ricordo come fosse ieri, mi arriva una telefonata di un imprenditore cavese, il quale mi propone di entrare in una cordata per rilevare la società. Torno immediatamente da Ibiza e dico subito ‘sì’. Perché in cuor mio ho passato anni e anni a sognare una telefonata del genere. Occuparmi in prima persona della Cavese è sempre stato il mio sogno. Oggi è diventato realtà, forse fin troppo, dal momento che ho il 100 % della società (ride)”.
‘Per passione’ e ‘per amore’. Ce lo facciamo ripetere due volte, anche tre. Quattro, cinque, all’infinito. Un inno di valore ai valori, quelli sani, quelli di una volta. Contro ogni logica economica, contro ogni mercificazione impositiva, di una società che brama di danaro (vil, danaro) e di valutazione pecuniaria, come un serpente assetato di sangue… “Mi piace esser un ‘filosofo del sentimento’. Se il tuo agire, in qualsiasi settore, non è mosso – perlomeno in minima parte – da passione difficilmente potrai raggiungere dei risultati soddisfacenti. Io sono follemente innamorato di questi colori, di questa maglia, di questa città. Della mia città. ‘La piccola Svizzera’, perché Cava è un gioiello, qui si vive benissimo, non la cambierei nemmeno con New York…”.
Concludiamo in centro città il nostro giro. Santoriello si commuove più di una volta, poi si lascia andare ad un autentico sorriso. Ci rivela, a bassa voce, quasi sussurra… “Spesso mi capita di piangere di gioia dopo una vittoria. E altrettanto spesso, quando perdiamo, la domenica notte non dormo…”. Ci rivela della sua profonda fede in Dio e del suo motto, di vita, d’impresa, di tutto… “Ricordati di osare sempre…come lo scorso agosto…Nella vita devi rischiare, comunque vada, altrimenti diventa tutto grigio e noioso. E soprattutto devi rischiare per ciò che ami e per far felici coloro che ami…”.
Beh, a giudicar dall’aria di festa, a mo’ di Sabato del Villaggio, che si respira qui, ci sei proprio riuscito… “Mi piace dire che noi siamo ‘Poveri ma belli’. Poveri sicuro, belli ci proviamo (ride). Come quando ci provi con una ragazza molto più bella di te e punti tutto sulla simpatia. Per noi è così, Modica da buon zemaniano ci fa divertire. Ora per concludere bene la stagione speriamo di centrare i playoff e poi mai porsi limiti. La bellezza dei sogni è unica, assecondiamoli sempre…”.
In conclusione – Salutiamo Massimiliano Santoriello. Ci ha aperto le porte del suo cuore e di questa splendida città. Pochi minuti dopo la fine della bella chiacchierata, torna da noi, “voglio rivelarvi un’ultima cosa… Io ho quattro figli maschi, biologici… la Cavese è quella figlia femmina che non ho mai avuto. E da buon padre, geloso di sua figlia: guai a chi me la tocca…”. Cento anni dopo il parto in acqua (già, nella Terra del mare…). Perché non è mai troppo tardi per innamorarsi…
Foto: Stefano D'Elia.