Dirar: “Mbappé? Ora il Real, chissà in futuro. Io sono stato vicino alla Lazio”
L’intervista di Dirar in esclusiva ai nostri microfoni: tra l’amicizia con Mbappé e la sua trattativa (sfumata) con la Lazio
Pilastro del grande Monaco di Kylian Mbappé, Radamel Falcao e Bernardo Silva che vinse la Ligue 1 e raggiunse la semifinale di Champions League nel 2017, Nabil Dirar si è confidato in esclusiva ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Dal suo mancato trasferimento alla Lazio, al amico e tifoso milanista Mbappé passando per Ranieri, alcuni retroscena su Monaco-Juve del 2017 e i piano per il futuro, il difensore marocchino si è raccontato a cuore aperto.
L’amicizia con Mbappé e il rapporto con il Milan
E’ ormai prossimo il passaggio di Mbappé al Real Madrid ma c’è chi pensa già al trasferimento successivo. E’ proprio Dirar, uno dei sui migliori amici nel calcio, che lo ha visto crescere a Montecarlo. Il giocatore ricorda bene la passione del campione del mondo 2018 per il MIlan. I due oltre ad aver condiviso tante gioie come la vittoria del campionato francese sette anni fa e le origine africane hanno in comune l’amore per il club rossonero.
La passione per i colori rossoneri dell’ormai ex giocatore del PSG è risaputa. “Confermo che Kylian aveva sempre tanti calzini e magliette del Milan. Penso che dopo il Real andrà al Milan e quando lo farà non sarà troppo vecchio. Se continuerà a mandare segnali d’amore al Milan è ovvio che un giorno ci andrà. Poi Milano è una bella città dove si mangia bene…” Dirar Mbappé lo conosce bene, avendoci giocato da quando aveva 16 anni: “Non avevo dubbi che avrebbe fatto una grande carriera. Ricordo quanto andava forte nei primi allenamenti a la Turbie (il centro di allenamento del Monaco n.d.r). Ricordo anche che dopo due, tre sessioni Andrea Raggi scherzando gli disse di attaccare dall’altro lato perché iniziava a stufare…per evitare il rischio che potesse perdere il controllo e spaccarlo in due da quando gli rendeva la vita difficile (ride, ndr). Si vedeva subito che si trattava di un top player. All’epoca era ancora giovanissimo e ricordo che la madre quando l’accompagnava all’allenamento ci chiedeva sempre di prenderci cura di Kylian”
Adesso, però, nell’immediato futuro di Mbappé ci sarà il Real Madrid. A proposito, Dirar ha detto: “Il Real Madrid è un grandissimo club e chiunque decida di andarci lo fa per vestire quella maglia e non per i soldi. Chi gioca per il denaro va in Arabia Saudita o in MLS, non al Real. Con Ancelotti potrà fare il salto di qualità e allenandosi con giocatori così lo aiuterà. Dovrà essere al 100% anche in allenamento ma la concorrenza lo farà crescere. Poi tocca essere onesti a Parigi a parte il campionato non avrebbe mai vinto nulla…“.
Dirar è cresciuto con il mito di Kakà e sugli ultimi anni a luci e ombre dei rossoneri ha detto: “Bisogna dire la verità: il Milan è un grandissimo club nonostante il declino degli ultimi anni. Alternano alti e bassi, magari vincono 4-5 partite di fila prima di perderne 3-4. Però sono sicuro che il Milan tornerà. Io poi sono un grande tifoso del Milan, amavo molto Kakà che era un grandissimo campione. Bakayoko con in quale giocai a Monaco mi ha sempre detto che il Milan è una roba da matti… la passione della gente per il calcio è incredibile e lì vieni trattato come una star“.
Dirar e la vicinanza alla Lazio
Dirar, nel 2017, è stato molto vicino alla Lazio, come raccontato dallo stesso giocatore: “Ai tempi del Monaco i dirigenti della Lazio mi offrirono un contratto di cinque anni. Ma per colpa di un agente alla fine poi non se ne fece più nulla e andai al Fenerbahce. Ma io volevo andare alla Lazio che ritengo un grande club. Poi mi è sempre piaciuta l’atmosfera nel derby contro la Roma. Io avevo bisogno di provare sensazioni del genere“.
Dirar e il ricordo di Claudio Ranieri
Ai tempi del Monaco, Dirar tra gli allenatori ha avuto anche Claudio Ranieri, che ha appena concluso la sua ultima stagione alla guida di un club. “Ricordo che dopo aver vinto una partita 4-0 decise di mettermi in panchina. Era l’inizio della sua avventura a Monaco. Io incredulo andai da lui a chiedere spiegazioni. Ma lui mi spiegò che persi troppi palloni, che non ero ben posizionato in campo e che non facevo abbastanza sforzi per la squadra. Il Mister poi mi ha dato tanti consigli tattici su come migliorare. Non fu facile all’inizio…ma una volta che avevamo capito quello che ci chiedeva non ci fermava più nessuno. Il Mister ha fatto crescere tatticamente e fisicamente e negli ultimi 20 minuti avevamo più benzina degli avversari e potevamo permetterci di fare gli stessi sforzi che nel primo tempo. Le altre squadre venivano da noi a chiederci cose mangiassimo” .
Ranieri verrà per sempre ricordato per quello che ha fatto a Leicester nella stagione 2016/17. Il titolo di Premier League vinto con le Foxes rimarrà per sempre uno dei più grandi exploit della storia del calcio. “Quello che ha fatto a Leicester era impossibile, la squadra era in Championship qualche anno prima. Ma sappiamo tutti che Ranieri ama il calcio e che è un pazzo. È molto pignolo sui piccoli dettagli, che alla fine fanno la differenza. Il calcio per lui è solo un lavoro e lo fa davvero bene perché ha tanto carisma… osserva quello che non va prima di intervenire e correggere. Al Monaco ci è voluto del tempo ma una volta che la squadra è sulla sua lunghezza d’onda poi vola“.
“Il mio Monaco poteva battere tutte le squadre al mondo ma non la Juve del 2017”
Il punto più alto con il Monaco per Dirar è stata la semifinale di Champions League del 2017, con l’eliminazione per mano della Juventus di Max Allegri, che poi perse in finale contro il Real Madrid: “Ricordo che giocai una grande partita all’andata. Nella Juve c’era Benatia e dopo la partita entrai nello spogliatoio della Juve per chiacchierare con lui, e tutti i giocatori della Juve mi fecero i complimenti dicendomi che non mi conoscevano. La Juve era una squadra furba con giocatori d’esperienza che sapevano quando abbassare e quando aumentare i ritmi. Quella sera ho capito davvero quanto siano brave a chiudersi le squadre italiane. Mi ero detto: “possiamo affrontarli 10 volte e dare il massimo non vinceremo mai”. Quel Monaco avrebbe potuto battere tutte le squadre al mondo, ma non quella Juve. I bianconeri all’epoca erano una grande squadra, sopratutto a livello tattico. Con due, tre tocchi di palla erano davanti alla porta. Mentre il mio Monaco era troppo inesperto e ingenuo“.
“Il calcio mi ha dato tutto, magari giocherò fino a 45 anni”
Come tanti ex campioni tra cui Johan Cruijff, Marc Overmars e Paul Scholes prima di lui, il difensore marocchino è tornato in campo a gennaio dopo il ritiro di 18 mesi fa. “Non so cosa mi abbia spinto a ritirarmi. Ho passato momenti difficili dopo la morte di mia madre e perciò per 18 mesi avevo smesso. Ho continuato a giocare con gli amici ma c’era un vuoto nella mia vita, mi annoiavo troppo e mi chiedevo continuamente: ‘perché non tornare al calcio giocato?’. Tanti calciatori soffrono quando viene il momento di smettere perché finché giochi hai i riflettori addosso, tutti sono gentili con te ma tutto cambia il giorno che appendi gli scarpini al chiodo. Io comunque ero pronto per il fine carriera, non vedevo l’ora di viaggiare e di passare più tempo in famiglia e ripeto sono tornato solo perché mi annoiavo. Ora faccio di nuovo il calciatore mentre studio per ottenere il patentino di allenatore. Ed è lì che ho incontrato il mio amico d’infanzia e allenatore del Schifflange 95 Ismaël Bouzid che mi ha chiesto di venire per dare una mano al club“.
38 anni, ma Dirar non ha ancora intenzione di dire basta, rimettendosi in gioco nel calcio lussemburghese: “Io rispetto molto questo sport, il calcio mi ha dato tutto aprendomi tante porte. Sono una persona umile e semplice che prova sempre a dare tutto se stesso. Mi piacerebbe continuare nel mondo del calcio e poi ammetto: è l’unica cosa che so fare. Ora voglio diventare allenatore. Alla nostra età ci vuole molto più tempo per tornare da un infortunio. Se il corpo vuole continuerò a giocare fino a 45 anni. Non faccio altro che guardare partite dalla mattina alla sera, faccio solo questo“.
A cura di Alessandro Schiavone