Salva salva Montipò: “Io, Spiderman e la commozione dopo la Juve”
Domenica scorsa ha stoppato la Juventus regalando al Benevento un’impresa storica. “Alla fine ho scambiato la maglia con Buffon. Gli ho ricordato quel bambino che a Novara faceva il raccattapalle e gli chiese i pantaloncini”. Era lui, lo stesso che non rispose a Pasquale Foggia per colpa di Eminem: “Ancora me lo ricorda…”
L'ultima volta che i tifosi del Benevento hanno potuto vederlo da vicino, Lorenzo era in piedi su un pullman scoperto. Era il 29 giugno della scorsa estate, agitava una bandiera giallorossa e cantava il coro più celebre del Vigorito insieme alla folla: "Salta salta lo Stregò". Festa promozione, dopo 18 clean sheet e una valigia di record collettivi. Fuori da uno stadio vuoto, dentro una città pazza di amore.
Quasi nove mesi dopo, Benevento ha seguito dal divano l'impresa più grande della sua storia: vittoria a Torino contro la Juve e ritorno al sorriso dopo due mesi e mezzo di astinenza. E ripensando a quel coro, chissà se qualcuno lo ha già modificato in "salva salva Montipò". Sì perché questo ragazzo del '96 è stato un muro che ha respinto tutto. Meglio di quando a 14 anni giocava a tennis al "Piazzano" nella sua Novara, meglio dei supereroi che si porta addosso. "Sui miei parastinchi da una parte c'è una foto col mio labrador Becks – che si chiama così perché ha lo stesso colore della birra – e dall'altra gli Avengers. Sono fan accanito di Spiderman, anche sui social firmo col ragnetto per quello", racconta in esclusiva a gianlucadimarzio.com.
"ADESSO DEVO UNA CENA A CALDIROLA"
Ispirazione ed emulazione. "Ancora non ci credo. Ero entrato solo una volta allo Stadium per vedere una partita di Champions contro il Tottenham. Passare dai seggiolini della piccionaia a essere protagonista vincente in campo è un'emozione che si racconta da sola. Una prima volta che non avrei neanche sognato. E che mi costerà una cena…". Già perché il suo amico Luca Caldirola aveva creduto fin dal primo giorno di ritiro nel colpo storico: "Venne da me e disse che se avessimo vinto a Torino, senza subire gol, gli avrei dovuto pagare una cena di pesce importante. Adesso o aspetta le riaperture o me la caverò con un delivery. Mai stato così contento di perdere una scommessa".
Alla vigilia, era un azzardo solo ipotizzarlo: il Benevento arrivava da 6 punti in 11 partite, l'ultima subendo un poker dalla Fiorentina. Tra quel rovescio e il trionfo di domenica, mettiamoci in mezzo anche un ritiro a metà tra il punitivo e il riflessivo. Clausura interrotta dopo poco più di 24 ore per volontà comune del club e dell'allenatore: "Abbiamo dimostrato che siamo tutti con Inzaghi. Questo è essere un gruppo vero. La società voleva rivedere il cuore e abbiamo risposto con i fatti". Reazione da squadra orgogliosa, retaggio di un gruppo che in B si ribellava alla sola idea di perdere e che adesso "è a meno 11 dai 40 punti. La mentalità è la stessa della B: attaccare alti gli avversari, proporre un calcio offensivo e creare più pericoli possibile".
LA MAGLIETTA DI RONALDO E QUEI PANTALONCINI DI BUFFON
A sventarli tutti, ci ha pensato lui: "Quando ho visto che Ronaldo veniva premiato con la maglietta dei 770 gol, ho avuto uno stimolo in più. Per non farlo arrivare a 771 subito e per mantenere un piccolo record: il Benevento è l'unica squadra di serie A a cui non è riuscito a segnare". Giusto dire che all'andata era rimasto a Torino, ma più importante sottolineare come questa volta sia rimasto a secco.
Merito o colpa di un portiere che dopo la partita ha raggiunto un altro obiettivo: "Buffon è il mio idolo da sempre e sono andato a scambiarmi la maglia con lui. Gli ho raccontato anche di quello che successe a Novara qualche anno fa". Stagione 2011/2012, l'unica recente del club piemontese in A. Un raccattapalle di 16 anni si precipita in campo alla fine di Novara-Juventus per ottenere i pantaloncini della sua fonte d'ispirazione: "Quel ragazzino ero io, i pantaloncini sono sempre con me e a Buffon ho strappato un sorriso, nonostante il momento".
LACRIME, TATUAGGI E PUNTI DI RIFERIMENTO
Un trionfo che ha fatto versare anche delle lacrime. Quelle dei genitori – Gian Natale e Caterina – che lo hanno chiamato quando era ancora negli spogliatoi. "Si sono commossi e lo eravamo tutti. Basta ripensare a quanti chilometri hanno fatto per portarmi agli allenamenti e per supportarmi. La nostra chat si chiama 'family & co'. Papà fa l'immobiliarista a Novara, mia mamma la casalinga. Poi ci sono le mie sorelle, Elena e Marta. La famiglia è il mio punto di riferimento". Se lo è scritto anche sulla pelle, in mezzo ad altri tatuaggi che segnano punti di riferimento e altre tappe storiche. Come quella scritta 18-5-2013. "È il giorno del mio esordio in B con il Novara. Avevo 17 anni e mezzo, un record per la B. Infatti sotto c'è scritto The youngest".
Lo fece debuttare Alfredo Aglietti, contro il Lanciano. E da lì tutto è partito. Tra gioie e delusioni, come l'eliminazione del maggio 2019 dai playoff a Benevento contro il Cittadella: "La forza di un portiere è quella di dimenticare subito. Errori e grandi prestazioni. La serataccia contro il Cittadella deve essere trattata mentalmente come quella dello Stadium: rifletterci e poi pensare alla prossima. Nel mio caso, adesso c'è solo il Parma nella mia testa. Ossia la prossima sfida e deve essere sempre così".
Una stabilità che ha raggiunto anche grazie a due persone fuori dal campo: "Il mio procuratore Alberto Fontana, che mi è sempre stato vicino anche nei momenti meno belli e la mia ragazza Eleonora, che fra due settimane si laurea alla magistrale di Economia. Da quando mi sono trasferito a Benevento abbiamo iniziato a convivere. E mi ha fatto crescere sotto tanti aspetti". Crescere sì, ma senza dimenticare da dov'è partito. "Gran parte dei miei amici attuali sono gli stessi che avevo da ragazzino. Con molti di loro condividiamo la passione per Fortnite e capita spesso di sentirci attraverso la PlayStation. Mi manca poterli abbracciare, ma i tempi sono quelli che sono e bisogna trovare altre vie".
QUANDO NON RISPOSE A FOGGIA PER COLPA DI EMINEM
A Benevento Lorenzo ha trovato altri amici e soprattutto un club che gli ha dato fiducia. È lì dall'estate del 2019, quando il direttore sportivo Pasquale Foggia alzò il telefono e decise di andare avanti nella trattativa. Nonostante un…intoppo: "Un giorno cercò di chiamarmi ma non gli risposi. Mica perché non volessi ma ero al concerto di Eminem e non vedevo le chiamate. Ancora me lo ricorda sempre". Nella sua playlist prepartita oggi c'è Mockingbird. Nella sua testa, invece, c'è solo la porta del Benevento da difendere. Fino a giugno 2022, anche se diversi club stanno monitorando i suoi progressi e quei 7 clean sheet stagionali.
Aspetti di mercato che non lo toccano. Montipò pensa solo a respingere. Come faceva da ragazzino sulle battute avversarie quando giocava a tennis: "Non ero male. Avevo un discreto rovescio a una mano e cercavo molto di giocare a rete. Mi ero appassionato attraverso i camp estivi. Dopo aver giocato a calcio tutto l'anno, preferivo fare anche altri sport. Feci qualche torneo, poi mi venne facile capire che il mio futuro sarebbe stato un altro". Di lì a tre anni avrebbe esordito in B: Novara, Siena, Carpi e poi ancora Novara. Fino al Sannio e soprattutto fino alla domenica in cui è stato il migliore italiano di giornata. Il quotidiano argentino Clarin parlando del gol di Gaich ha anche evidenziato le sue "parate illegali": "Ah non lo sapevo. Beh, è un bel premio. Ripaga di tanti sforzi".
Oggi Lorenzo Montipò è un ragazzo di 25 anni che fa da guardiano ai sogni salvezza di una città: "Mi manca tanto la nostra curva. Salta salta lo stregò era il nostro grido di battaglia e non vedo l'ora di riaverli alle mie spalle". Questione di tempo. Intanto ci sono 10 partite da giocare e 11 punti da portare a casa. Salva salva Montipò.