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Milan, Moncada: “Leao in Youth League era di un altro pianeta. Le mie migliori scoperte…”

L’intervista a Milan TV di Geoffrey Moncada, Direttore dell’Area Tecnica del club rossonero: il dirigente si racconta a 360 gradi

Geoffrey Moncada, Direttore dell’Area Tecnica del Milan e uomo molto importante per il calciomercato rossonero, si è raccontato in una lunga intervista ai microfoni di Milan TV. Il dirigente ex Monaco ha svelato diversi retroscena della sua carriera, parlando anche delle scoperte di cui va più fiero e delle storie particolari di Bennacer e Leao.

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La mia carriera è iniziata mandando il mio curriculum al Monaco, ho aspettato e una volta il DS mi ha chiamato per fare un colloquio con me perché Claudio Ranieri voleva una persona che facesse il match analyst. Sono venuto a Montecarlo, abbiamo fatto un meeting e la settimana dopo sono andato“, ha detto Moncada a Milan TV.

Sui primi anni della carriera: “La squadra era in Serie B, c’era un fondo Russo che aveva preso il club e aveva cambiato tutto. Ranieri, che ha mentalità italiana, ha chiesto un match analyst. Sono arrivato in ufficio a Monaco, ma non c’era nulla: nè pc, nè software ed era tutto da creare. Era interessante ma difficile. Ho avuto subito un rapporto con allenatore, staff e spogliatoio. Era molto importante per capire le domande, i bisogni dell’allenatore e tutte quelle situazioni difficili dello spogliatoio“.

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Sui giocatori scoperti di cui va più fiero: “Ci sono Bakayoko, Lemar, Mendy, Sidibe. Ci sono tanti francesi. Anche Germain… Noi del reparto scouting siamo fieri, non solo io, perché sono arrivati a giocare in Champions League, abbiamo vinto il campionato, abbiamo giocato la Semifinale di Champions League che abbiamo perso. Era bello vedere questo gruppo che in tre anni è cresciuto ed è arrivato in Champions League. Questo era molto bello. Non solo francesi, anche stranieri: Fabinho, Bernardo Silva, tanti tanti giocatori… Tielemans, Diop… Adesso giocano in Premier League, Lemar è all’Atletico Madrid… Lui l’abbiamo visto nella Primavera del Caen, lo abbiamo preso così. Anche Martial lo abbiamo preso dal Lione B… È stato molto interessante vedere la crescita dei giocatori“.

Su come ha scoperto Rafa Leao: “A quei tempi ero ancora scout al Monaco, e preparavo un piano sul Portogallo, a Lisbona. C’era la partita di campionato della Primavera dello Sporting. A quei tempi non c’erano video o dati su quei giocatori, dovevamo andare sul campo per vederli. E ho visto un ragazzo che ha giocato da numero 10. Alto, veloce, tecnicamente forte: era il famoso Rafa Leao. Ho visto subito un calciatore con del talento incredibile. E poi l’abbiamo seguito, tra nazionale e campionato. Ovviamente anche altri scout l’hanno visto. Però non ha fatto sempre bene. Era difficile da seguire bene. La cosa più importante per me per i giocatori alla fine dell’Academy è quando vanno a giocare in Youth League, per me è uno step fondamentale. Quando fanno bene in Youth League subito possiamo dire che faranno carriera, è molto facile. Rafa Leao ha fatto troppo bene in Youth League, era veramente su un altro pianeta. E tutto il mondo dello scouting l’ha visto e ha detto che sarebbe stato un calciatore forte. E adesso gioca bene, è cresciuto e sono contento perché è con noi a Milano e ha fatto un bello step“.

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Sul passaggio dal Monaco al Milan: “È stata l’estate in cui Elliott ha preso il club. Mi hanno chiamato in agosto per fare il Capo Scout. Ho fatto tre meeting e siamo arrivati a dicembre. Da agosto a dicembre dovevo lavorare col Monaco e nel frattempo pensare al Milan… Ma per me la scelta era già fatta. Ho dovuto parlare con il Monaco e spiegarglielo, non era facile. Quando il Milan ti chiama… Anche qui però c’era tanto da fare, il progetto era molto interessante. Cosa è cambiato da Monaco a Milan? Il livello del lavoro era molto diverso, qua c’è molta più pressione. C’è una tifoseria molto più importante. In Italia c’è passione, sempre. Tutti parlano di calcio. A Monaco nessuno parla di calcio. Parliamo di altre cose: di macchine, di ristoranti, non tanto di calcio. Ho visto subito che bisognava fare le cose per bene, che bisognava lavorare, trovare giocatori giusti e creare un processo di lavoro: a Monaco magari era molto più facile, qua era importante creare un processo. Le differenze erano queste“.

Infine, un retroscena su Bennacer: “Chi non mi ha convinto particolarmente e poi è diventato un giocatore ottimo? C’è un bell’esempio che ora gioca con noi, Ismael Bennacer. Lui ha cominciato in un piccolo club che si chiama Arles-Avignon in Francia, vicino a Monaco, e siamo andati a vederlo tante volte. A Riccardo Pecini piaceva molto, ma è andato subito in un grande club come l’Arsenal. E non giocava, ma è normale: è un grande club, in Premier League, è più difficile. Dopo è venuto in Italia ed è cresciuto tanto, è diventato molto molto forte. È l’esempio che dobbiamo sempre lavorare di più e lasciare un po’ di tempo ai ragazzi, che ogni anno deve fare degli step“.