Salute mentale nel calcio, la scuola del coach Marchese: “Insegno ad aiutare gli atleti”
Con la Mental Coaching Football School, Marco Marchese forma i coach del futuro per supportare i calciatori
Cosa succede quando una passione diventata professione si trasforma in una gabbia psicologica? È uno dei temi più ricorrenti nell’epoca in cui salute mentale e sport si intrecciano, come raccontato di recente da Álvaro Morata in un’intervista: “Quando affronti gli attacchi di panico, lotti con una persona che sta dentro di te”. La sua confessione rappresenta solo l’ultimo di una serie di allarmi lanciati da calciatori professionisti. Battaglie interiori, silenziose e logoranti, che non possono essere affrontate con l’allenamento fisico o la tattica, ma con il giusto supporto psicologico.
In questo contesto si inserisce la Mental Coaching Football School (QUI LE INFORMAZIONI), una scuola fondata da Marco Marchese, uno dei pionieri del mental coaching in Italia, passato attraverso l’esperienza da calciatore nella Juventus giovanile e poi da studente negli Stati Uniti. La sua scuola, creata insieme all’avvocato sportivo Jean-Christophe Cataliotti offre un corso intensivo di sei mesi con l’obiettivo di formare professionisti capaci di supportare i calciatori in un ambito che diventa ogni giorno più cruciale: la gestione mentale e psicologica. Le lezioni, che inizieranno il 16 gennaio 2025 (SCOPRI IL PROGRAMMA), dureranno sei mesi e culmineranno in un workshop al Country Club di Monte Carlo.
A proposito di percorsi travagliati come quelli affrontati da Morata, Marchese conosce molto bene il valore della mente nel calcio. “Ci sono tre o quattro punti fondamentali per affrontare i periodi difficili”, spiega. “Il primo è parlare con i compagni di squadra, perché comunicare riduce il senso di isolamento. Poi, mantenere una routine di allenamento stabile è essenziale per tenere alto l’equilibrio psicofisico”. Non è una strada facile, e il coach lo sa bene. “Io non ho una bacchetta magica. Ci vogliono mesi, anni di lavoro per costruire la giusta serenità mentale. Ma il segreto è sempre lo stesso: non lasciare mai che la parte mentale venga messa in secondo piano”.
Il ruolo del mental coach, però, non si limita solo alla gestione della crisi. Marchese sottolinea l’importanza di prepararsi adeguatamente per entrare in questo settore: “Devi avere passione e una solida formazione. Chiunque voglia intraprendere questo percorso deve essere pronto a migliorare prima di tutto sé stesso, perché lavorare con giovani giocatori richiede un’enorme responsabilità. Non si può aiutare un atleta se prima non si è raggiunta una propria serenità interiore”.
Durante la sua esperienza come mental coach, Marchese ha lavorato con numerosi calciatori di Serie A e Premier League, ma il suo approccio si estende anche ai giovani talenti, che spesso devono confrontarsi con aspettative altissime e una pressione enorme, come dimostra il caso di Vitor Roque, giovane promessa del Barcellona, che ha ammesso di aver vissuto episodi di depressione. “Spesso questi ragazzi non sono preparati a gestire la pressione. Il mio compito è aiutarli a focalizzarsi sui loro valori umani prima ancora che sportivi, per evitare che il calcio diventi una fonte di angoscia”, spiega Marchese.
La scuola di Marchese mira proprio a questo: fornire una formazione a 360 gradi, che non sia solo teorica ma anche pratica, con un approccio personalizzato e mirato. “Non basta insegnare tecniche di gestione dello stress”, spiega, “ma è fondamentale toccare l’equilibrio tra vita privata e professionale. Quando hai serenità in casa, tutto diventa più facile”.
Marchese, che ha iniziato la sua carriera formandosi negli Stati Uniti, racconta quanto il mental coaching fosse già considerato fondamentale per atleti di alto livello come quelli del Borussia Dortmund e dell’Arsenal. “Da noi è un concetto relativamente nuovo, ma all’estero, già 18 anni fa, si lavorava in modo sistematico sulla psiche dei calciatori. Oggi in Italia ci stiamo allineando, e la differenza tra chi lavora bene sull’aspetto mentale e chi non lo fa si nota sempre di più in campo”. La mente diventa quindi un fattore determinante non solo per il singolo atleta, ma per l’intero gruppo. E soprattutto, per i professionisti che si approcciano a loro, come i mental coach.