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“Luca, 10 in pagella”. Crecco, dai “pianti” al primo gol in A: “Era il più forte, ma quanto rosicava!”

Claudio lo ripete più e più volte: “Era una spanna sopra gli altri”. Anche con concetti differenti: “Semplicemente una forza della natura”. Roba che uno così “non l’ha più visto”. Mai dire mai: “Chissà, magari col tempo”. Forse. Parliamo di calcio, di sogni e di bambini. Di allenatori. “Mi divertivo a stilare le pagelle, ai ragazzi faceva piacere”. Luca, voto 10: “Eh sì, vinse il premio per 2-3 anni di fila. Sai, a volte abbassavo il voto per motivare gli altri”. Protagonisti silenziosi che il mondo del pallone ha saputo aspettare. meglio: preservare. Perché Luca, professione centrocampista, di schiaffi dalla vita ne ha presi anche troppi. Diversi. Nel 2014 rischiò di smettere a causa di un infortunio rimediato durante le Final Eight: frattura scomposta della clavicola, due costole rotte e un pneumotorace. Tegole del destino. Oggi, tre anni dopo, segna il suo primo gol in Serie A nel 6-2 contro il Palermo. Rinascita. Specie dopo qualche annata difficile vissuta in Serie B: “Aspettavo da tempo questo giorno, lo dedico alla mia famiglia”. Grazie a papà Daniele, mamma Claudia e una telefonata inaspettata nell’ultimo giorno di mercato. “Luca, torni alla Lazio?”. Inzaghi chiama, Crecco risponde e quasi non ci crede. Poi si commuove: “Mamma, torno a Roma…”.


Storia nella storia. Protagonista (non più) silenzioso. “Sono contento per lui, si è fatto trovare pronto dopo aver giocato poco. Umiltà e serietà”. Garantisce Claudio Cosmi, primo allenatore di quel Luca ragazzino. Capelli ricci, sguardo vispo. “L’ho visto crescere”. E adesso si emoziona, in esclusiva su Gianlucadimarzio.com: “Ci sentiamo ancora, dopo la partita gli ho fatto i complimenti”. Il rapporto è rimasto: “Certo! Ma anche coi ragazzi che giocavano con lui”. Tant’è che due anni fa si sono riuniti a casa di Claudio per una cena: “C’erano tutti, Crecco giocava a Modena ma è venuto lo stesso. E’ molto legato alla sua infanzia”. Balduina, poi l’Ottavia: “L’ho allenato dai 5 ai 12 anni, ha sempre avuto qualità non comuni. Non solo tecniche, ma anche fisiche. O tattiche. In campo era intelligente, all’inizio giocava da attaccante e segnava 30 gol all’anno. Una cosa incredibile”.

Difetti? Uno: “Era molto agonista, quando perdeva rosicava da morire! Oppure si metteva a piangere. Era un suo limite, poi intorno ai 7-8 anni iniziava anche a rispondere”. Tra i due nacque un gioco: “Io arbitravo al contrario, lo facevo apposta. E lui esplodeva, rosicava, così lo cacciavo via. Negli anni gli è servito, anche se una volta…”. Pazienza finita: “Feci un arbitraggio scandaloso, lui mi mandò a quel paese e non lo convocai per la partita successiva. Ci rimase male, ma da quella volta si calmò e iniziò a capire…”. Maturare. E in campo era il più forte: “Quando giocavamo contro squadre più deboli dovevo toglierlo dal campo, altrimenti segnava troppo. Sia a 5 che a 7, all’Ottavia. Partiva dalla difesa e dribblava tutti”. Un classico. E la storia delle pagelle? “Mi divertivo coi ragazzi, ma vinceva sempre lui a fine stagione. Sommavo i voti, Luca aveva quelli più alti”. Pochi dubbi. “Un giorno capimmo che era giunto il momento di fargli fare il salto di qualità, all’Ottavia era sprecato”. Provino con la Lazio, sliding doors che ti cambia la carriera: “Lo accompagnai io, insieme a me c’era anche Sandro Sensoli, ex ds dell’Ottavia. Non andò benissimo eh, ma venne preso coi Giovanissimi Coppa Lazio”. Da lì, tutta la trafila: Allievi, Primavera, esordio in A contro la Juve e primo gol quattro anni dopo. Merito di Inzaghi, uno “che ci ha creduto”. E pensare che tutto iniziò ad Amatrice nel 2010, durante il primo torneo con i regionali. C’era anche Lombardi. Il resto è storia: “Merito del suo carattere d’oro, della sua umiltà. E’ il classico bravo ragazzo. Gli auguro tutto il bene del mondo”. Parola di Claudio, che oggi allena ancora e non ha perso la passione: “Sto alla Boreale, mi occupo dei bambini del 2010, c’è anche mio figlio”. A chi il prossimo 10 in pagella?