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Lazzari, ricordi da Porto Tolle: “Lo chiamavamo ’uomo di gomma’ e piangeva per una panchina”

Aveva il piercing al sopracciglio e le gambe esili la prima volta che si presentò al campo del Delta Porto Tolle: “Venne accompagnato dalla sorella che gli faceva anche da procuratore, aveva appena 17 anni ed era timidissimo”Manuel Lazzari era un giocatore in miniatura e mister Fabrizio Zuccarin lo aveva già inquadrato: “Era poco più di un bambino, minuto, ma si vedeva che voleva sfondare”. 

Il giovane Manuel aveva appena sfiorato l’idea di lasciare il calcio, troppo pesante la porta che il Vicenza gli aveva sbattuto in faccia nel momento del grande salto. Ci ha messo poco però a riprendersi, un po’ come faceva in campo: “Lo chiamavamo l’uomo di gomma, perché più botte prendeva più si rialzava – ricorda Zuccarin a Gianlucadimarzio.com – Gli avversari lo lanciavano in aria, lui stirava un po’ le gambe e ripartiva, come un robot”.  

"L'ho lasciato una sola volta in panchina e ha pianto di nascosto"


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Ci ha sempre creduto, anche quando il Vicenza gli ha detto no e la Serie D era la sua Champions League. Manuel Lazzari lo ha sempre saputo. Anche nel 2011, quando dopo l’esperienza al Montecchio arrivò segnalato da Alberto Briaschi a Porto Tolle, un vasto comune di appena 10mila anime: “Lì c’è poco da fare, o stai sul divano o giochi a calcio”. E Manuel giocava, tanto: “Rimaneva anche un paio di ore dopo l’allenamento insieme a tre o quattro compagni – racconta Zuccarin, l’allenatore di Manuel ai tempi del Delta – Cross su cross, non si fermava mai”. 

Professionista esemplare, anche a 17 anni: “Capitava che organizzassimo delle cene, c’era ovviamente chi alzava un po’ il gomito, lui mai. Beveva solo acqua”. E nello spogliatoio rideva sotto i baffi, anche se spesso non capiva le battute: “Era difficile per lui, noi eravamo tutti del posto, quindi parlavamo il nostro dialetto. Lui essendo di Vicenza ci capiva poco, ma si divertiva”. 

Le uniche lacrime le ha versate quando mister Zuccarin lo ha lasciato fuori: “E’ capitato solo una volta, lo schieravo sempre titolare ovviamente. Un suo compagno dell’epoca però mi ha detto che il giorno dopo averlo lasciato in panchina pianse di nascosto per parecchio tempo”. Tipico di chi brucia per arrivare in alto: “La carriera se l’è costruita da solo. È stato deciso e ci ha visto lungo”. 

"Con il sinistro non era fortissimo, ora è migliorato"


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Caparbio e tenace, anche il talento non gli mancava: “Lo facevo giocare ala in un 4-4-2, quell’anno arrivammo secondi e lui fece una miriade di assist”. Giocatore già pronto per altri palcoscenici, anche se aveva un difetto: “Non era molto bravo col piede sinistro, per questo gli dicevo di evitare di rientrare dal fondo, ma di puntare sempre l’uomo”. Col tempo è migliorato anche col piede debole, ma non ha cambiato il suo carattere: “E’ rimasto sempre umile. L’anno scorso ha giocato un’amichevole con il Porto Tolle e un massaggiatore gli ha chiesto di dedicarmi un videomessaggio. Dovete vedere che timidezza! Così gli ho scritto ‘ancora così sei, ancora non hai imparato a parlare?’”. 

Rapporto diretto quello tra Lazzari e mister Zuccarin, qualche buffetto sulla testa per metterlo a suo agio e la voglia di trattenerlo ancora a Delta Porto Tolle. “Io e il presidente volevamo convincerlo a rimanere, ma non ci riuscimmo”. Troppo forte la voglia di provare a salire di categoria grazie alla chiamata della Giacomense, all'epoca in C 2: “E’ stata una scelta coraggiosa da parte del ragazzo, perché ha voluto fare subito il salto in avanti. Qui gli garantivamo uno stipendio da 1000 euro, che per un dilettante non era male, là ne andava a prendere 800”. 


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La scalata di Lazzari è iniziata lì. Lenta ma inesorabile. Dalla Serie D alla Lazio, nel mezzo il passaggio alla Gacomense, poi diventata Spal grazie all’insediamento del presidente Mattioli. Domenica Manuel sfiderà il suo passato, e in caso di gol è già pronto il messaggio di mister Zuccarin: “Ogni tanto gli scrivo e mi risponde subito. Poi avanza ancora una maglia, magari mi dà quella della Lazio”. Allo stadio ci sarà tutta la famiglia, come sempre: “Anche ai tempi del Delta non lo lasciavano mai solo. Mamma, papà e sorella erano sempre al campo, ogni domenica”.  Sarà così anche a Ferarra, prima tappa della grande scalata firmata Lazzari.