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Lazio, un gol da dietro le quinte: l’inaspettato Dusan Basta, eroe per caso

Qualcuno l’ha detto ma non sappiamo chi: “Preferisco
avere fortuna, piuttosto che talento”.
E in effetti, come dargli torto?
Woody Allen l’ha sintetizzato bene su “Match Point” con la metafora del tennis. Dusan Basta,
invece, l’ha provato a “spiegare” segnando un gol nel derby, per far capire a tutti che da dietro le quinte si lavora altrettanto bene. E che
gol, poi. “Bello?”. Fortuito. Sinistro, deviazione di Fazio, manona di Szczesny, infine il palo. Rete. Quanto basta per essere decisivo
ed entrare nel pantheon degli “eroi per caso”. Inaspettati (ps: altro
filmone con Dustin Hoffman). Alla Guerino Gottardi. Quelli su cui non punteresti neanche un euro e
alla fine ti sorprendono. “Fortuna, piuttosto che talento”. Incipit
da ricordare. Perché Basta non segnava in Serie A da 1140 giorni, una
vita fa. Precisamente dal 17 marzo 2014… contro la Roma! Chiamatelo
destino, chiamatela sorte. Fato. O… fortuna. Tutto scorre e tutto
ritorna, 79 partite dopo, nello strano equilibrio della vita: “Con l’Udinese avevo una media di 3 gol a campionato, da quando
sono alla Lazio ho segnato meno”.
Primo – e unico – squillo contro il
Bassano in Coppa Italia, era il 28 agosto 2014. Poi più nulla,
“soltanto” tanti assist e la nomea di antieroe che si porta dietro
ancora oggi. Che resiste al tempo, alle stagioni e anche alle mode, senza profili social o
polemiche sterili. Capelli alla Nedved, esempio applicato del “su
e giù lungo la fascia”
. Anche sensibile, in quanto dopo un gol segnato al
Lecce – ai tempi dell’Udinese – si mise a piangere. Tranquillo, stakanovista,
professionista esemplare. Mai fermo, mai. Tant’è che i suoi compagni, da ragazzino, lo chiamavano “stop”. Uno scherzo, ovviamente, per chi è abituato a non fermarsi mai. “Duracell Dusan”. E pensare che ai tempi della Stella Rossa “giocava da
attaccante e segnava poco”
. Intuizioni del caso. Oppure… fortuna. Sì,
quella: “Prima stavo davanti, poi sono passato centrocampo e infine
terzino”.
Soddisfazioni maggiori: “Nel 4-4-2 le cose migliori!”.
Tipo? “Scudetto e Coppa di Serbia vinti con Zenga allenatore nel
2006″.

Senza dimenticare un gol al Barcellona in amichevole: “Si fece
male il terzino destro, entrai dalla panchina e segnai davanti a Saviola”
. Aveva 17 anni, battesimo del fuoco da infilare in un quadretto e non staccarlo più dal muro. Una vita
a Belgrado coi dettami del vincente: “Alla Stella Rossa ti dicono che
conta solo la vittoria, che è importante per crescere e acquisire una mentalità
forte”.
Unica pecca? Gli infortuni. Anche in una Lazio dove è sempre stato
protagonista, tra problemi muscolari e qualche stiramento. L’unico appunto in
cui la famosa sorte ha preferito guardare altrove. Nel 2005 si
rompe il braccio in un derby col Partizan, subito dopo il debutto in nazionale
con la Spagna. Guai in vista: “Portai un fissatore per quattro mesi, i
medici temevano che l’osso avesse tagliato i nervi, che non potessi più giocare
e tornare ad avere l’uso della mano, ma recuperai dopo cinque mesi”
. Nel
2010, invece, salta l’intero campionato a causa “della borsite
calcaneare”
al tendine d’Achille. Operazione in Finlandia e ottimismo: cinque reti la stagione
successiva, ritorno in grande stile con l’Udinese. Ciò che non ti uccide… si sa
no? “Ne esci più forte mentalmente!”. Ergo: ti fortifica. Titolarissimo
con Guidolin: “E’ un mago, plasma sempre un gruppo
all’altezza”
. Ora con Inzaghi: “Tecnicamente è un allenatore
eccellente”
. Dieci gol in Serie A sognando l’Europa: “Siamo sulla strada giusta”. Tutti gli vogliono bene e ora segna pure. E la Lazio torna a vincere un derby in campionato dopo cinque anni d’astinenza (nel 2012 l’ultimo successo, un 3-2 contro la Roma di Zeman). Oggi 3-1 e quarto posto: “Abbiamo giocato una partita da leoni”. In mezzo ai due gol di Keita c’è anche lui, Dusan Basta detto “stop”. Match Point.