Lazio, frammenti di Keita: il talento, il ribelle, il figlio
La linea di Sarri ci può stare: “Higuain? Lo saluterò come un figlio che mi ha fatto incazzare”. D’istinto, di getto, di cuore. Ripensando alle triplette e non alle esclusioni, ai sorrisi e non alle parole. Ai gol. A quell’attimo prima di una gara decisiva, importante, quando guardi negli occhi i giocatori e pensi che quello lì deve giocare. Che quello lì, quello col ciuffo mezzo biondo e gli occhi furbi, alla fine la giocata te la fa. E vinci. Magari al derby, magari in Champions League, nei preliminari. Con 16 squilli d’alto calcio. Anche se quello lì, quello col 14 in onore di Henry e la nomea di bad-boy, diventa furioso come l’Orlando e mica scherza. Pretende, alza la voce, twitta (ps: tanto va di moda). E tu, che fai? Ti incazzi, sbuffi, imprechi, arrivi al “muro contro muro”. Ma poi? Lo schieri. Regolare come un dribbling, testardo ma efficace. Come lui. Preciso come un “capriccio” estivo causa contratto. Perché uno come Keita fa la differenza, nel bene o nel male. Peculiarità. Perché Keita è stato uno dei giocatori più forti della Lazio degli ultimi 15 anni e ora sceglie il Monaco, da sempre suo grande fan. Niente Juve. Niente Inter. Niente Milan. E niente rispetto, secondo Calenda: tweet, esclusioni, frecciate. Storia nota. Storia noiosa.
“COME UN FIGLIO”
Forse la Lazio farà come ha fatto Sarri, o forse lo farà soltanto Inzaghi. O forse – cosa più probabile – le parti si ignoreranno. Comprensibile. Ma quando sarà finita la tempesta si renderanno conto che l’uno è stato grande grazie all’altro. In primis Balde, che alla Lazio deve tutto: il talento era evidente, ma andava canalizzato in una società che lo valorizzasse: “Barcellona? No grazie”. Il primo atto da “rebelde” è stato mettere del ghiaccio nel letto di un compagno. Risultato: “Sei fuori”. 47 gol al Cornellà e via alla Lazio per diventare qualcuno: “Salto l’uomo e ripago il prezzo del biglietto”. Petkovic per l’esordio, Reja e Pioli per i primi tocchi di sublime qualità, Inzaghi per la consacrazione e “l’adieu”. Beffa. I biancocelesti, infine, per veder realizzate le sue ambizioni, giocare in Champions League: “Il Monaco è il progetto giusto per me”. Lotito se la ride per una plusvalenza che ha del clamoroso, 30 milioni più bonus per un ragazzo preso a 300mila euro e cresciuto nel vivaio. Non male. Anche se quel pizzico di ribellione non si placa: a 20 anni distrugge una Lamborghini su Corso Francia e resta illeso per miracolo. Le Iene lo incalzano, lui sorride e tira fuori l’humor: “Te ne regalo una per il compleanno”. Faccia da schiaffi, strafottenza, ma è il solito discorso: ti arrabbi, sbuffi, poi? Keita gioca, troppo forte. Lo disse pure Hernanes nel 2011, quando i selfie non esistevano e un ragazzino come tanti stava per chiedere la foto al suo Profeta: “Sai che vengo alla Lazio?”. Autoscatto: “Fai bene, ci servi!”. Dopo 2 anni giocheranno insieme. Un fenomeno sulla via del campione, mancano pochissimi dettagli per passeggiare tranquillo: gestire meglio la partita, capire quando tentare la giocata e alzare un po’ la testa nell’ultimo passaggio. Meno individualismo. Scarpette ai piedi, ora. Glielo disse pure il vecchietto di Arbucies: “Tuo figlio grazie al calcio viaggerà molto”. Keita che saluta senza voltarsi, sbattendo la porta, arrabbiatissimo. Deludendo i suoi stessi tifosi: “Irriconoscente”. Forse hanno ragione, ma serve tempo. Pazienza. E solo quando tornerà il sereno riusciranno a capire cos’è stato Keita Balde. Solo con lucidità. Perché come lui, forse, nella Lazio, veramente pochi. Anche se ha fatto “incazzare” tutti.