C’è un salotto con tanto mobilio di una volta in casa Pellè, dove alla tradizione e all’ospitalità si tiene tanto. Ti senti a casa. Come se conoscessi papà Roberto da una vita. Ti accoglie, ti fa accomodare e lo sguardo si posa su una sedia, a capotavola: non è frontale rispetto allo schermo piatto della tv, quella dove il papà del numero 9 azzurro, che sta impazzando in campo e fuori per i suoi gol e i suoi capelli alla Clark Gable del terzo millennio, osserva le partite di suo figlio. Rigorosamente da solo. Rigorosamente cercando di rispettare riti “top-secret, dettagli come il colore della maglietta o cose simili” racconta non senza imbarazzo. “Me lo godo, anche se non nascondo che è complicato reggere tutta la tensione” rivela. Il giorno di Germania-Italia è quello della vigilia in casa Pellè: in una Monteroni che è il ritratto del Salento operaio, lontano dalle sabbie dorate e dal mare da copertina. Qui, in prima pagina, basta questo Marcantonio che a 31 anni sta vivendo la sua piena maturazione.
In casa palleggiava con le chewing-gum, i limoni e quanto altro potesse trovare a disposizione, fuori consumava tacchetti e magliette tra la piazza centrale di Monteroni e le giovanili del Copertino. “Ma è sempre stato un buono: se è arrivato a certi livelli è perché ha fatto tanti sacrifici e ci ha messo tanta umiltà. Non ha mai avuto aiuti e ha trovato tutta la sua forza in sé stesso”. Gli occhi si illuminano quando papà Roberto ci racconta gli aneddoti legati alla carriera di Graziano, rivedendo le sue maglie: “La cosa che mi piace di Graziano è che lui si carica tanto più quanto si alza la posta”. Un aspetto che lo lega al Ct Antonio Conte, con il quale condivide le radici: “Ma questo conta poco: sono simili nel carattere, si getterebbero nel fuoco per il gruppo. C’è un rispetto nato sul campo. E quest’Italia è una squadra. Punto”. Eppure il destino azzurro gli si è rivelato solo nel 2014, a 29 anni, quando ha esordito nella nazionale maggiore contro il Malta, segnando fra l’altro il gol della vittoria. La nazionale diretta da Antonio Conte lo ha visto titolare inamovibile per tutto il 2015, ma i riflettori si sono accesi contro Belgio e Spagna. “Che gol che ha fatto, contro portieri contro Courtois e De Gea” si lascia sfuggire con orgoglio papà Roberto, calciando l’area con lo sguardo quasi a guidare il destro del figlio.
Pellè come metafora del Salento e della Puglia. Da esportare, ancor prima che decidesse lui di esplodere in Eredivisie con l’Az Alkmaar e il Feyenoord di conquistare i tifosi del Southampton: “E’ un’eccellenza, un ragazzo che ha lavorato e fatto sacrifici: si merita tutto questo successo, figlio solo di un duro lavoro. Nei momenti grigi abbiamo reagito sempre con assoluta tranquillità. Poi è normale che quando tuo figlio fa gol come quelli contro la Spagna, esplodi di gioia. Ed è giusto godersela”. Tranquillità: la stessa che manca quando gli ormoni femminili in zona impazziscono, come quella volta che in Olanda i Pellè sono stati costretti a “chiamare la security per uscire da un supermercato di Alkmaar: eravamo con Graziano e le ragazze lo hanno letteralmente assalito per un autografo. Siamo riusciti ad andare via dopo circa un’ora e mezza”. In tanti lo paragonano a Luca Toni, approdato tardi pure lui in Nazionale, poi diventato campione del mondo: percorsi diversi ma “entrambi hanno lottato per affermarsi, ma è un bene: si dà tutto e si vive affamati”, uno dei volti nuovi dell’Italia di Conte anche se ha 31 anni e giocato nell’Under 20 e 21. Però è accaduto 9 anni fa. Nel mezzo anche la serie B: accanto a lui c’era…Eder. “Vorrei chiedere ai tifosi della Sampdoria che effetto fa” sorride papà Roberto. Che questa sera la sfida ai giganti tedeschi la vedrà lì, nel suo posto fisso: su una sedia, laterale, da solo. Da un’altra prospettiva. Quella dalla quale Graziano ha conquistato l’Italia.