La strada di Leonardo Bonucci: 30 anni da leader, dalla Viterbese al Camp Nou
Esistono strade dritte, segnate, nelle quali perdersi è praticamente impossibile. Il sentiero è già tracciato, l’asfalto non si sfalda e si arriva diretti alla meta. E poi ci sono strade la cui chiarezza sarà visibile solo a posteriori, sono quelle in cui il cammino verso il traguardo è fatto di tanti bivi, in cui il terreno a volte sembra disfarsi e le tentazioni, i momenti che indurrebbero ad abbandonarla, quella strada, non mancano. Oggi, per Leonardo Bonucci, è il trentesimo chilometro di una strada che, ne converrà anche lui, somiglia molto più al secondo esempio appena fatto. Quella strada oggi è sinonimo di eccellenza: lui, uno dei migliori difensori al mondo, leader della difesa della Juventus e della Nazionale, oggetto del desiderio di mezza Europa (un nome a caso: Pep Guardiola ne è calcisticamente innamorato), bandiera della Juventus anche a livello emotivo. Eppure…
Bonucci conquista (anche) perché quei bivi che ha dovuto affrontare, quelle soste forzate, quei momenti in cui non ce l’ha fatta da solo a proseguire, mostrano il suo lato umano e le sue fragilità: non le ha chiuse in un cassetto, le ha affrontate e le ha indossate traendone vantaggio. Questo fu il più grande insegnamento trasmessogli dal famoso “motivatore”. Questo fu l’insegnamento che trasse dal suo primo allenatore alla Viterbese, Carlo Perrone, che da centravanti lo spostò centrale di difesa: sì, uno dei migliori difensori del mondo aveva cominciato da attaccante, a proposito di scelte e bivi direzionali. Uscire più forte dalle difficoltà: questo l’insegnamento più importante, coinciso con la malattia del figlio Matteo. Aveva pensato anche di smettere, Leonardo Bonucci. Ma per fortuna le cose andarono bene e questo trentesimo chilometro oggi è solo una tappa: guardare sempre avanti, un’altra lezione. Anche quando i problemi (neanche paragonabili a quelli extra campo, per carità) erano relativi al suo presunto sovrastimato valore: la strada di Bonucci si è illuminata con l’arrivo a Torino, ma anche questo tratto non era cominciato bene. Anzi. Era il secondo naufragio consecutivo della Juventus post-calciopoli, il secondo settimo posto. E Bonucci sembrava affondare in quel mare di mediocrità generale. 7 anni dopo, la storia parla di una riemersione senza precedenti, con il 19 che si appresta a vincere il sesto scudetto consecutivo in bianconero. La maturazione più significativa di Bonucci avviene in questi 7 anni: abbiamo scelto 10 partite che ne sono la fotografia:
Juventus-Bologna 0-2, 2010/11. E’ la prima stagione in bianconero per Leonardo Bonucci. Una delle più negative della storia della Juve, la più negativa per lui. Fine febbraio, il Bologna con Di Vaio passeggia a Torino, Bonucci non tiene la linea sullo 0-1 e si fa saltare secco sul raddoppio: è forse la partita simbolo di questa annata, al termine della quale Bonucci, dopo essere arrivato dal Bari reduce da un’ottima prima stagione in A, è addirittura tra i papabili partenti. Si parla di Zenit. E invece…
Juventus-Inter 2-0 2011/12. Invece Bonucci resta e arriva Antonio Conte, la persona forse decisiva per il cambio di direzione della sua carriera. La Juventus non è più quella dell’anno prima: più solida, più cattiva. Ma la partita con l’Inter, decisa da Caceres e Del Piero, segna la svolta tattica. Conte adotta per la prima volta il 3-5-2, con Bonucci “regista” difensivo affiancato dagli scudieri Barzagli e Chiellini. Stavolta non un esperimento isolato e in corso d’opera (com’era avvenuto ad esempio a Napoli), ma un modulo adottato in pianta stabile. Nasce la BBC, la Juve alza il muro: ad oggi non è ancora crollato.
Palermo-Juventus 0-2 2011/12. Non è ancora crollato soprattutto perché quella stagione culminò con lo scudetto: il primo del dopo calciopoli, il più importante. E il sorpasso sul Milan avvenne grazie a questa vittoria, propiziata dal gol di testa di Leo Bonucci: sabato di Pasqua, Milan sconfitto in casa dalla Fiorentina e primo gol davvero pesante per Bonucci, il cui legame con la maglia bianconera comincia a cementarsi.
Juventus-Lazio 4-1 2013/14. Questa è una semplice partita di inizio stagione, vinta 4-1 dalla Juventus 3.0 di Conte. Due di quei gol però sono propiziati da due lanci da dietro la metà campo di Bonucci: che fosse dotato di una tecnica superiore rispetto ai pari ruolo era noto, ma questa giocata, il lancio da dietro per l’inserimento del centrocampista o dell’attaccante (nel caso specifico: Vidal e Vucinic), diverrà una (dolce) costante, che tuttora dura.
Juventus-Roma 3-2 2014/15. Gol pesanti, dicevamo. Non ha lo stesso valore specifico del gol-sorpasso di Palermo, visto che siamo ancora ad Ottobre, ma il gol del 3-2, destro al volo a pochi minuti dal termine, è uno dei gol simbolo della sua carriera. Era la partita delle ormai famose (e fantasiose) caramelle all’aglio del motivatore, che lo “rimproverò” alla fine perché colpevole di aver detto: “Questo è il mio gol più importante con la maglia della Juve”. Da quel momento cambierà disco: “Il più importante? Quello che deve ancora arrivare”. Un po’ come ragiona la sua Juve.
Juventus-Napoli 1-0 2015/16. A pesare, stavolta, non è un gol. Nell’incredibile rimonta della seconda Juve di Allegri, a impressionare è il numero di clean sheet. Questo, coinciso con la vittoria e il sorpasso sulla squadra di Sarri, è in gran parte merito di Bonucci. Che torna a far notizia per quello che alla fine fa meglio nonostante gol e assist: il difensore. Il salvataggio in spaccata su Higuain pronto a colpire a botta sicura contro Buffon, può essere derubricato tranquillamente a “giocata da fuoriclasse”.
Italia-Germania 1-1 d.t.s., Euro 2016. Doverosa parentesi azzurra. Una strada parallela, finora avara di trofei, ma non meno importante. Nel 2010, in Sudafrica, Bonucci non giocò nemmeno un minuto. Due anni dopo fu grande protagonista dell’impresa sfiorata agli Europei, per poi conformarsi al disastro brasiliano. Con Conte, lo stesso che lo aveva fatto vincere alla Juve, si presenta l’occasione ideale: in Francia è grande Italia, con Spagna eliminata agli ottavi dopo un bel girone di qualificazione in cui la difesa annulla lo spauracchio Belgio. La partita con la Germania, ai quarti, sembra una saga. L’Italia va sotto, Bonucci pareggia su rigore prendendosi la responsabilità e poi tiene a galla gli azzurri portando la partita ai rigori. Qui il destino non sorride, Bonucci sbaglia il suo: l’Italia è fuori, a testa alta e con orgoglio, ma è con questa partita che Bonucci “si prende” anche la Nazionale.
Porto-Juventus 0-2 2016/17. Questa partita, Bonucci, non l’ha giocata. L’ha vista dalla tribuna, messo fuori squadra per una lite durante Juve-Palermo con Allegri, che non ha avuto problemi a fare a meno di lui in un ottavo di Champions League. Sono quegli episodi che possono rappresentare uno spartiacque di certe stagioni, in positivo o in negativo. Che paradossalmente, anziché scalfire una leadership possono rafforzarla. La sofferenza su quello sgabello, l’esultanza rabbiosa, il tempestivo reintegro e il prosieguo della stagione dimostrano chiaramente, per ora, quale sia stato l’effetto di questo episodio.
Barcellona-Juventus 0-0, 2016/17. Chissà se il pensiero di Bonucci sia andato a quel Juve-Bologna 0-2 di 6 anni prima, o comunque a quell’annata lì. Chissà. Può succedere, quando sembra di vivere due vite diverse in un arco di tempo relativamente breve. Tenere il Barcellona dei fenomeni, della MSN, a zero gol in 180’ dopo l’altro capolavoro dell’andata. Uscire indenni dal Camp Nou. La strada di Bonucci ha forse conosciuto la sua via più illuminata: ma lui vi risponderà che non è certo adesso il momento di spegnerla.
Torino-Sampdoria 1-1, 2016/17. Sorpresi? Non lo siate. Perché dietro ogni calciatore, dietro il suo carisma, il suo talento, la sua forza e il suo impegno, c’è sempre un uomo. E Bonucci, uomo-immagine della Juve, simbolo, potenziale capitano, che porta il figlio tifoso del Torino e di Belotti allo stadio, a vedere il Toro… Dimostra ancora di saper scegliere l’incrocio giusto. Applausi. E magari ci sarà il figlio Matteo che bilancerà le forze in casa, tifando per la Juve e per il suo papà: che per lui stava per mollare tutto ma che per fortuna non è stato costretto a farlo. Se ne ricorderà sicuramente ogni giorno Bonucci, traendone la spinta per proseguire ancora. In fondo, siamo soltanto al trentesimo compl… Ehm, chilometro, di questa strada.