La nuova vita di Simone Barone: “Nel 2006 inseguivo Inzaghi per un gol storico, ora insegno ai giovanissimi del Parma come divertirsi giocando”
Se pensi a Simone Barone pensi un po’ anche a Filippo Inzaghi: è inevitabile. Ne è consapevole anche lui: “Ci sta”. Perché assaporare l’idea di un gol al Mondiale non è roba da tutti i giorni. Ma Inzaghi, che di gol non riusciva mai a saziarsi, preferì illuderlo, alimentando in lui il dubbio più grande: me la passa, oppure no? L’epilogo è scontato adesso, non allora, non il 22 giugno 2006, contro la Repubblica Ceca, quando una vittoria avrebbe regalato l’accesso agli ottavi. L’Italia soffre, difende il vantaggio di Materazzi, recupera palla con Perrotta a centrocampo e… “In quei secondi non ho pensato a niente, sono semplicemente partito al fianco di Pippo. Sono sincero: speravo me la passasse, ma anche no. Poteva essere rischioso. L’importante è esserci stato”.
Lo pensano un po’ tutti i ventitré azzurri che trionfarono a Berlino contro la Francia: “Ma oltre alla vittoria – rivela Barone a GianlucaDiMarzio.com – ricordo con piacere la quotidianità di quei giorni. Non si vince solo coi piedi, il nostro era un gruppo che scherzava insieme, si divertiva tanto, giocava a ping pong, faceva squadra. Certo, c’erano tanti giocatori di personalità e un grande allenatore come Lippi, ma senza unione fai fatica”. A chiedere di raccontare le proprie emozioni si rischia anche di essere invadenti: “Come faccio a spiegartele? È impossibile. Solo noi sappiamo cosa abbiamo provato dal primo giorno di ritiro a Coverciano all’ultimo in Germania”. Meglio allora abbandonare il tema “Mondiale 2016” e spaziare sul presente di Simone Barone, anni 37, ora allenatore della Juniores Nazionale del Parma. Prima, però, doverosa una curiosità: se non ci fosse stato il Mondiale? “Sarei stato ugualmente felice della mia carriera. Di soddisfazioni ne ho raccolte: il primo gol in Serie A, la rete a San Siro, l’esordio in Nazionale, giocare nella squadra della mia città. Sono felice di quello che ho fatto. Certo, la vittoria del Mondiale è qualcosa di straordinario…”.
E a stare in panchina, cos’è straordinario? “Vedere che i ragazzi ti seguono ed arrivano felici al campo: vuol dire che stai facendo qualcosa di importante. Chi allena i giovani ha il dovere di farli crescere soprattutto come persone”. E se c’è il rischio di fallire nessun problema, il calcio regala sempre un’altra opportunità: “Il bello di questo sport è che il giorno dopo puoi migliorare le cose negative, basta allenarsi seriamente”. Ma qual è la base di partenza di Barone? “Mi piace far capire cosa significhi il sacrificio, il lavoro, la passione. Chi mi ascolta deve sapere che per ottenere qualcosa bisogna sudare. Ovviamente in campo ci si allena scherzando, ridendo: son sempre ragazzi. Ma nessuno deve dimenticare che nel calcio, così come nella vita, tutto va guadagnato”.
Parma, Chievo, Palermo, Torino, Cagliari, Livorno… esperienze, allenatori diversi, piccoli consigli, qualche segreto rubato e la propria impronta: “Proprio così. Da Prandelli a Lippi, da Guidolin a Zaccheroni, da tutti i miei allenatori ho tratto qualcosa, ma dentro di me c’era già un’idea coltivata nel tempo, perché fare questo mestiere mi è sempre piaciuto, e più mi avvicinavo a fine carriera e più ci pensavo. Ogni giorno studiavo ciò che mi veniva insegnato, rubavo frasi degli altri, imparavo sempre qualcosa. Ora tocca a me, e non c’è cosa più bella che partire coi giovani per imparare a gestire un gruppo, a rapportarsi col proprio staff, ad avere confronti con un responsabile: tutte cose alle quali da calciatore non pensavi perché non ne avevi bisogno”.
E la Nazionale attuale, di cosa ha bisogno? “Purtroppo non ci sono più i giocatori di una volta, ma Conte è un grande allenatore e già questo è un punto di partenza. E poi c’è uno zoccolo duro di giocatori esperti che militano in grandi club, saranno loro il punto di riferimento principale per i tanti giovani”. Le due amichevoli recenti hanno spiazzato un po’ tutti: “Sapevamo di non dover esaltarci con la Spagna né di deprimerci con la Germania. In questo momento non serve allarmarsi. E poi si sa, l’Italia sbaglia spesso le amichevoli ma quando c’è da far sul serio facciamo sempre la nostra bella figura”. Un po’ come nel 2006, ad esempio: “Ma io sono fiducioso anche per i prossimi Europei. Conte è bravo a gestire il gruppo, l’ha dimostrato anche alla Juventus. Vincere in Francia è difficile, ma non impossibile”.
A cura di Fabio Tarantino