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La Lazio di Inzaghi, il coro che non stona mai

Un’orchestra, un coro, una macchina perfetta. La Lazio di Simone Inzaghi domina anche a Benevento. Cinque reti, cinque marcatori diversi: la prova di una squadra capace di imporre sempre la propria forza. Sesta vittoria consecutiva in trasferta, a un passo dal record di Mancini nella stagione 2002/2003. Tempi lontani. Eppure mai sembrati così vicini. Perché questa non è solo la Lazio di Ciro Immobile, giunto al gol numero 14 e al quinto assist dall’inizio del campionato. Non è solo la Lazio di Milinkovic Savic, pennello e cazzuola a centrocampo.Quella di Benevento è soprattutto la vittoria degli altri; dei gregari capaci di diventare protagonisti; degli sconosciuti di luglio ormai divenuti insostituibili.Gente come Bastos, uno che ha saputo rialzarsi da sfortune e infortuni lavorando più degli altri. Sempre a tirare il gruppo, già dall’estate. Sempre primo nei test fisici, puntuale nel duelli difensivi e pungente sotto porta: già 3 gol quest’anno. Soprattutto grazie a lui, i biancocelesti sono la difesa più prolifica della serie A con 6 reti. Gente come Marusic, un punto interrogativo diventato esclamativo. Sempre al servizio di tutti. Uomo assist e non solo. Una certezza a destra, da incontrista e da finalizzatore. A Benevento, come a Verona.

Un coro in cui non stona nessuno. Neanche quelli considerati da qualcuno già “suonati” per il grande calcio: Lucas Leiva a Liverpool sembrava a fine corsa. Nella Lazio ha preso in mano la squadra, come un altro Lucas prima di lui. E anche Nani si è iscritto al gruppo, con una perla delle sue, di classe e astuzia. La trentunesima rete della Lazio in undici partite. 31 gol, 28 punti. Inzaghi può cullarsi la sua creatura, facendo attenzione solo a evitare le pause. A Benevento, come a Bologna, un eccesso di confidenza stava per riaprire l’incontro. Questa volta ci ha pensato Parolo a chiudere ogni discorso. Anche per lui terzo gol in stagione. Uomo di fatica e di sostanza, capitano dopo l’uscita di Lulic al 71’.Una sostituzione accettata con un abbraccio al suo allenatore. Dettaglio importante, dopo la sfuriata di Bologna, “pagata” con una maxicena per più di cento persone giovedì sera.

Piccoli gesti che fanno la differenza. Il gruppo prima di tutto. Mai lasciare indietro nessuno. Un’immagine su tutte: Caicedo, entrato nel finale, catechizzato a fine partita da Inzaghi a centrocampo. Braccia sulle spalle, confidenza, familiarità, attenzioni per tutti. Cose capaci di fare la differenza nel corso di una stagione che potrebbe essere già da record vincendo il derby con la Roma il 18 novembre. Quella sarebbe la settima vittoria in trasferta, come la Lazio dei tempi più belli. Tempi che assomigliano tanto a questi.

A cura di Claudio Giambene