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Juventus, Marotta: “Allegri? Ci piacerebbe proseguire con Max: dopo Cardiff ne parleremo”

“Tripletta”, manca un gol per portarsi il “pallone” a casa. La Juventus vuole spezzare un incantesimo lungo 21 anni e a Cardiff avrà la seconda occasione in due anni. Lo sa bene Giuseppe Marotta, amministratore delegato e direttore generale dei bianconeri, che dalla scorsa estate ha la Champions in testa.

“La finale è la realizzazione di un progetto: pensato, mediato e realizzato” – si legge nelle pagine di Tuttosport “Berlino fu un insieme di fattori non tutti calcolati, anche se il valore di quel percorso resta alto. La finale di Cardiff è nata in estate, con un mercato che era stato pensato per quell’obiettivo. Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Fabio Paratici ed io, insieme con l’allenatore, avevamo deciso di alzare l’asticella. E ci siamo detti: in Italia abbiamo capito qual è la ricetta giusta, vediamo se riusciamo ad arrivare in fondo anche in Europa. Ci mancavano mentalità ed esperienza. Le abbiamo ottenute con due strade: da una parte con la crescita delle persone che erano già nella società e nella squadra, che hanno acquisito sicurezza ed esperienza nel corso degli ultimi anni; dall’altra con l’inserimento di giocatori come Khedira e Mandzukic fino a Dani Alves, che quest’impronta ce l’avevano ben forte”.

Divisione dei compiti tra Paratici e Marotta: “C’è una trasparente e netta divisione dei compiti. Lui porta avanti la prima parte del lavoro sul mercato, quello della selezione, poi subentro io al momento di prendere le decisioni. Il direttore sportivo ha il compito di monitorare quello che succede in giro, mentre io mi occupo della gestione della società. Ognuno ha il suo compito e lo svolge al massimo dell’impegno. I giocatori si scelgono su due livelli: o prendiamo un campione già affermato, vedi Dani Alves, Mandzukic, Khedira, Higuain, eccetera. Oppure cerchiamo il talento. Ma, attenzione, un talento che possa diventare campione: cioè uno che accanto alle qualità tecniche dimostri di avere dei valori umani che lo trasformano in campione, come per esempio è capitato a Dybala. Il talento oggi non basta: è un’espressione di qualità calcistiche naturali, ma per diventare campione devi aggiungere qualità intellettuali, in pratica la mentalità vincente”.

Su Dybala: “Diciamo che nel nuovo contratto abbiamo tenuto conto della valorizzazione del calciatore che va di pari passo con la valorizzazione del marchio aziendale. Ci saranno quindi delle comuni attività e c’è l’intenzione di fare un lungo percorso insieme. Paulo non ha un valore. Il valore di un giocatore è dato nel momento della sua cessione. Se mettevo una clausola su Pogba tre anni prima di cederlo avrei detto: 60 vanno bene. Mentre invece l’abbiamo venduto a 110. La clausola è una follia, non la metterò mai su un giocatore. Non è un vantaggio, ti mette nelle condizioni di debolezza. Senza clausola De Laurentiis non avrebbe ceduto Higuain? Mah, questo non lo so… novanta milioni sono novanta milioni!”.

Giornata tipo di Marotta: “L’attività di mercato è la più evidente, ma è un’attività solo parziale dei miei impegni. Durante l’anno quasi non me ne occupo, perché l’attività di monitoraggio è affidata a Fabio Paratici con tutto il suo staff, che poi io sintetizzo nella fase calda di giugno, luglio e agosto quando anche le mie giornate si riempiono di mercato. Dopo ci sono i mesi di attività agonistica e allora per me inizia un’attività diversa che definirei di gestione. Supportare l’attività della squadra. Inizia la mattina con la lettura dei giornali e l’individuazione di eventuali criticità e finisce la sera con le problematiche di varia natura, dall’infortunio al problema di allenamento. Lavoro ventiquattr’ore, con i miei collaboratori spesso mi sento al mattino alle 8 per la prima volta e a mezzanotte l’ultima, perché magari in una trasmissione stanno dicendo qualcosa che non va”.

Mercato? “Quest’anno ci siamo divertiti. Alcune operazioni erano pronte da tempo e le abbiamo tirate fuori al momento giusto. Forse una delle migliori campagne acquisti della nostra storia. Adesso però non vorrei che si generasse l’aspettativa di qualcosa di simile. Vogliamo rafforzare la squadra e certe modifiche tattiche ci impongono dei correttivi anche se abbiamo una rosa forte, ma già non vendere i nostri campioni è un modo per fare del mercato. Manca qualcosa davanti? Sì anche in considerazione dell’infortunio di Pjaca. Centrocampo e difesa? Vediamo. Seguiamo con attenzione il mercato. Non è facile trovare giocatori che siano in grado di migliorarci, però li stiamo cercando. Il colpo migliore? Quando abbiamo preso Pirlo, prima ancora dell’arrivo di Conte. Era considerato un giocatore finito da più parte, ma se le gambe reggono i campioni hanno solo bisogno di stimoli nuovi, al Milan le sue motivazioni si erano saturate, da noi ha trovato un ambiente che le ha rigenerate. E poi il suo contributo non è stato solo tecnico, ma soprattutto morale: perché uno come lui fornisce un esempio, un modello da seguire. Cessioni? No. Assolutamente. Se c’è qualcuno che vuole andare via è un altro discorso, ma al momento non mi risulta. E non abbiamo come obiettivo quello di realizzare delle plusvalenze”.

Su Kean: “Spero che lui non sia vittima del suo contratto. Perché i regolamenti non ci consentono di tenerlo fino a un’età in cui è possibile capire veramente quanto è forte. Quindi dobbiamo negoziare la sua permanenza con l’agente, Mino Raiola. E non possiamo andare oltre certi parametri economici sul suo stipendio… anche per una questione etica e morale”. In chiusura d’intervista si parla di Allegri: “Noi speriamo che non chieda di andare via, perché ci piacerebbe andare avanti con Max che ha dimostrato di essere un grande allenatore e con noi ha acquisito tanto, adesso è uno dei migliori al mondo. Oggi non è un tema prioritario, perché per tutti l’obiettivo è andare a Cardiff e vincere, poi dopo Cardiff ci sederemo al tavolo e non solo con Allegri per ascoltare tutti”.