Questo sito contribuisce all'audience di

Juve trafitta a Madrid. Il Wanda è garra charrua e Cholismo

La garra charrua di due difensori centrali trasformati in bomber. Un Wanda Metropolitano con 68mila voci urlanti e Simeone lungo la fascia a spiegare il Cholismo. Per un tempo la Juventus ha sentito il solletico, nel secondo sono arrivate le spine. Dolorosissime, come banderillas in uno stadio diventato nella ripresa una plaza de toros. Finisce 2-0, riemergono vecchi fantasmi e il ritorno diventa una sorta di Himalaya.

L’ha vinta l’Atletico, l’hanno risolta i meno attesi, l’ha decisa Diego Simeone. Trascendendo nei gesti, restando lucido nelle scelte. Tre cambi nei primi venti minuti della ripresa. Dentro Morata, Lemar e Correa, fuori Diego Costa, Thomas e Koke. La Juve è sparita dal campo. Un secondo tempo mai visto nella gestione Allegri: 67% di sterile possesso palla e tanti, troppi, duelli persi. Si era salvata tre volte prima di cadere.

Un diagonale di Diego Costa a tu per tu con Szczesny finito fuori di un metro. Un pallonetto di Griezmann deviato dal portiere polacco sulla traversa. Sembravano segnali di una buona luna, confermati dal gol annullato dopo la Var review a Morata per fallo su Chiellini. La seconda decisione fondamentale presa davanti a uno schermo della serata, dopo il rigore tolto all’Atletico nel primo tempo per il fallo – decisamente fuori area – di De Sciglio. La mente correva al Bernabeu e al fallo di Benatia. Benedetta Var poteva essere il titolo della serata. Sarà semplicemente maledetta Madrid. Forse maledetta Champions, vero obiettivo di una stagione che improvvisamente diventa tempestosa.

Mancano tre settimane al ritorno di Torino e servirà un’impresa. Poteva essere una semplice vittoria se Oblak non fosse volato a togliere dall’incrocio il sinistro di Bernardeschi al 90’. Invece sarà necessaria una prova tutta coraje e corazon, tatuaggio del Cholismo biancorosso. Servirà soprattutto un Cristiano Ronaldo pentacampione d’Europa. Nella notte del Wanda si è innervosito, ha mostrato le cinque dita a Simeone ma poche delle giocate che lo hanno portato a vincerle.

Godin quella coppa l’ha solo sfiorata. Poteva essere l’uomo del trionfo più grande, nella serata di Lisbona in cui l’Atletico arrivò a secondi dalla gloria. Ci pensò Sergio Ramos a trasformare le lacrime da gioia a dolore. Non l’ha mai dimenticata quella sconfitta. Tra pochi mesi dovrebbe essere, salvo ripensamenti, la colonna dell’Inter. Sono le ultime occasioni per inseguire quel sogno rimasto in gola prima a Lisbona e poi a San Siro. Nella sua gioia sotto la curva dopo il secondo gol c’è la voglia di giocarsela almeno fino al primo giugno. Una terza possibilità da giocare in questo catino, che qualcuno dipingeva come teatro. Fino a ieri, perché stanotte l’Atletico si è innamorato del Wanda.

Lo ha fatto grazie a lui e al suo compagno di reparto: Josè Maria Gimenez, ottavo gol in carriera. Una vita a fare a sportellate, fino alla rete che ha convinto tutti che fosse possibile infrangere il tabù Cristiano. Mai l’Atletico ha passato un turno contro di lui, mai è stata così vicina dal farlo. Ride Jimenez, lo abbraccia Griezmann. Pochi mesi fa al mondiale russo si trovarono l’uno contro l’altro. La Francia elimina l’Uruguay e prima della fine, il piccolo diavolo sta per battere una punizione. In barriera c’è il suo giovane compagno. Si copre le parti intime, ma non i sentimenti più profondi. Piange Gimenez, guardando lontano, per distogliere gli occhi da una sconfitta che lo punge nell’anima.

Dai dolori più forti, i ragazzi diventano uomini. Dai tonfi più pesanti a volte nasce un fiore. La Juve, in meno di un anno, ha pianto due volte a Madrid. Per tornarci una terza volta, ha tre settimane di tempo e tre reti da segnare. Sembra un Everest, forse lo è. Serve un’impresa. Una di quelle che portano diretti a Madrid. Per non versare più lacrime.