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Julio Cesar: “Champions a Madrid tra i ricordi più belli. Inter? Con Mancini mi son dovuto imporre… sulle punizioni”

Un altro pezzo di storia dell’Inter si ritira dal calcio giocato. Per Julio Cesar, l’acchiappa sogni, come veniva chiamato a Milano, quella di sabato sera sarà l’ultima partita prima dell’addio. Tutti i tifosi del Flamengo, la sua attuale squadra, lo saluteranno con gioia e tristezza, come merita un campione, un ragazzo che si definisce ‘amico di tutti’.

Julio Cesar ha parlato alla Gazzetta dello Sport, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua carriera partendo dal presente e dalla festa che gli riserveranno i tifosi sabato sera: “Un omaggio: non a me, ma a chi ha permesso che succedesse tutto questo. Il Flamengo, i suoi tifosi: mi hanno preso che ero un bambino e mi hanno accompagnato finché sono diventato un uomo, pronto per il calcio europeo. Sarò io che ringrazierò loro”. Eppure nel Flamengo ha giocato solo tre mesi: “E me li sono goduti anche più di quello che immaginavo. Mi sono rivisto ragazzino del Flamengo, a 38 anni me ne sono sentiti addosso 17 come loro. Come Vinicius, che qualche tempo fa mi ha fatto stringere il cuore. Mi ha detto: ‘Ho chiesto di restare al Flamengo fino al termine di questa stagione anche perché qui ci sei tu, per imparare qualcos’altro da te'”.

Tre i momenti che lo hanno emozionato di più in carriera: “Il primo, il Campeonato Carioca 2001, Flamengo-Vasco: dovevamo vincere con due gol di scarto, Dejan Petkovic segnò il 3-1 su punizione a due minuti dalla fine. Il secondo è ovviamente Madrid, la Champions: di sicuro il punto più alto della mia carriera. Il terzo invece è il Mondiale 2014: i due rigori parati contro il Cile negli ottavi di finale”. Il suo momento più buio è quello vissuto con la Nazionale, in quella semifinale mondiale in casa, quando i verdeoro furono travolti dalla Germania per 7-1.

Ricordando quei momenti un pensiero va anche al suo collega Buffon: “Quel rigore al Real lo puoi dare o non dare, ma se sei l’arbitro ad un certo punto puoi anche girarti dall’altra parte e non espellere Buffon. Detto questo: è stato Gigi a riconoscere che poteva esprimere gli stessi concetti in un altro modo. Ma quando hai tanta adrenalina in circolo, dici cose di cui poi ti puoi pentire”.

L’avventura all’Inter è stata senza dubbio la più esaltante, anche se non iniziata benissimo. Julio Cesar non si nasconde e, anzi, svela un curioso retroscena: “Ero arrivato all’Inter da poco: seconda di campionato, Palermo-Inter. Mancini in settimana mi fa: “Corini lo conosco bene, se sulle punizioni gli sistemi la barriera al contrario lo mettiamo in difficoltà”. Ero perplesso, ma gli dico: “Tu sei il boss, faccio come mi dici”. Il sabato, punizione di Corini e palla all’incrocio. Tre settimane dopo andiamo a Torino a giocare con la Juve. Mancini: “Con Nedved ho giocato, occhio che le punizioni le tira basse sul tuo palo”. Punizione di Nedved: sopra la barriera e 2-0. I giornalisti iniziano a martellare: che scarso Julio Cesar sulle punizioni. Alla ripresa prendo il Mancio da una parte: “Boss, facciamo così: se sbaglio, sbaglio io, ma d’ora in poi scelgo io. Ok?”.

L’intervista completa sulla Gazzetta dello Sport in edicola oggi…