Jesse Marsch, il nuovo allenatore del Lipsia è un “uomo Red Bull”
La storia di Jesse Marsch, prossimo allenatore del Lipsia e grande uomo di fiducia della “galassia Red Bull”
“È il tecnico che fa per noi e ha l’enorme vantaggio di conoscere la squadra, la città e soprattutto la cultura del nostro club“. Per capire le parole pronunciate da Oliver Mintzlaff, ds del Lipsia all’annuncio del successore di Nagelsmann, basta ripercorrere la carriera di Jesse Marsch. Lui, allenatore statunitense di 47 anni, esempio massimo di ciò che la “galassia Red Bull” sta facendo ormai da tempo. Una gavetta nelle squadre minori del colosso austriaco, prima del grande passo verso il Lipsia. Un uomo Red Bull a tutti gli effetti, pronto a dimostrare il suo valore anche in Bundesliga.
L’ingresso di Marsch nel mondo del calcio: da giocatore ad allenatore
La carriera di Jesse Marsch nel mondo del calcio è iniziata nello stesso modo in cuì è proseguita: come cervello del gioco. Una vita da centrocampista passata sempre nella Major League Soccer, che ha portato in bacheca tre volte, e condita da due presenze nella nazionale maggiore statunitense.
Nelle sue tre esperienze da giocatore, il classe 1973 ha sempre avuto accanto a sé Bob Bradley, già suo allenatore all’università di Princeton. Il padre di Michael, centrocampista passato anche in Serie A alla Roma, era uno degli assistenti della prima squadra di Marsch, il DC United, prima di diventare suo allenatore sia al Chicago Fire che al Chivas USA.
Ed è proprio la figura di Bob Bradley ad essere fondamentale nella crescita di Jesse Marsch. Ritiratosi dalla carriera di calciatore nel 2009, l’allora 26enne ha deciso immediatamente di intraprendere quella di allenatore. Il primo incarico di Marsch fuori dal terreno di gioco è stato quello di assistente nella nazionale degli Stati Uniti. Chi era il CT quell’anno? Proprio Bradley.
Jesse Marsch e l’Italia a Montreal
La prima esperienza di Jesse lontano dal suo mentore è sulla panchina dei Montreal Impact. Lì, Marsch ha avuto modo di approcciarsi ad una buona fetta di Italia. Nella squadra canadese, tutt’ora posseduta dal chairman del Bologna Joey Saputo, militavano quell’anno Alessandro Nesta, Marco Di Vaio, Bernardo Corradi, Matteo Ferrari e Nelson Rivas, alla sua prima stagione in Canada dopo le esperienze con l’Inter. Nonostante, il nutrito e rinomato gruppo di calciatori ex Serie A, in quella stagione Marsch ottiene con il Montreal soltanto un 12° posto nel campionato statunitense.
L’ingresso nella “galassia Red Bull”
Ma è nel 2015 che è iniziata la vera carriera da allenatore del 47enne statunitense, quando la sua strada si incrociò con quella di una nota multinazionale austriaca, la Red Bull. Con i New York Red Bulls, Jesse Marsch ha vissuto tre stagioni fantastiche. Nella sua prima stagione al timone, l’americano stabilisce subito il record del club di 18 vittorie e 60 punti in campionato e viene nominato allenatore dell’anno della MLS. Lasciata per la prima volta la terra madre nel 2018, lo statunitense ha un primo contatto con il Lipsia, diventando il vice di Ralf Rangnick. Ma Jesse era già pronto per lo step successivo della sua carriera, tanto come allenatore quanto nel ruolo di uomo-simbolo della “galassia Red Bull”.
E negli uffici del colosso austriaco se ne accorsero presto, affidandogli nel 2019 la panchina del Salisburgo in sostituzione di Marco Rose. Alla prima stagione con i tori austriaci, Marsch vince subito il double: campionato e coppa. Un risultato che il classe 1973 proverà a ripetere anche quest’anno, dove è primo nella Bundesliga austriaca ed è atteso dalla finale di coppa contro il Lask Linz. Alla suo primo anno in Austria, l’allenatore statunitense non si è messo in mostra solo per le doti dimostrate in panchina, ma anche per quelle da leader dello spogliatoio. Proprio lo spogliatoio è stato, infatti, testimone di un episodio che ha destato molto scalpore, ma che ha dimostrato tutte le capacità di motivatore e di uomo-squadra di Jesse Marsch.
Marsch e l’episodio dello spogliatoio
All’intervallo di Salisburgo-Liverpool dei gironi della scorsa Champions League, gli uomini di Marsch erano sotto per 1-3 nel primo tempo. L’allenatore viene ripreso dalle telecamere dello spogliatoio mentre, in un misto tra inglese e tedesco, urla ai suoi giocatori: “Quanti falli abbiamo fatto? Quanti? Forse due? Questa non è una fottuta amichevole, questa è la cazzo di Champions League!“. Una sfuriata che servì al Salisburgo per rimontare fino al 3-3, ma non per vincere la partita, terminata poi 4-3 in favore degli uomini di Klopp.
Oltre alle abilità di leader e comunicatore, Marsch proverà a portare, nella sua nuova avventura al Lipsia, lo stile di gioco che lo ha caratterizzato durante la maggior parte della sua carriera da allenatore. Quel 4-2-2-2 fondamentale per valorizzare giocatori come Szoboslai e Hee-Chan Hwang, che il 47enne statunitense ritroverà dal Salisburgo nella sua nuova esperienza tedesca. Ma anche un modulo che è stato utilizzato prima di lui al Lipsia da Ralph Hasenhüttl e proprio da Rangnick. La maniera migliore per dare continuità al progetto del colosso austriaco e diventare sempre più un uomo Red Bull.
A cura di Tommaso Mangiapane