Italia, le verità di Ventura: “Io delegittimato. Mi ero dimesso e in Russia non sarei mai andato”
Novembre non è poi così lontano, anzi. La delusione per non essersi qualificati ad un Mondiale che sta per iniziare è ancora forte. Lo è nei tifosi e in una Nazione intera. Lo è anche in Ventura. Perché sulla panchina di una squadra che non falliva l’appuntamento mondiale dal ’58 c’era lui: “Ora è arrivato il momento di parlare e di dire la verità – esordisce così l’ex ct azzurro ospite a “Che tempo che fa”, trasmissione Rai condotta da Fabio Fazio – dove guarderò i Mondiali? Da casa, però solo la fase finale forse. Altrimenti starei troppo male, perché questa è una cicatrice enorme nella mia vita. Gli italiani stanno soffrendo molto ed è difficile immaginare questa competizione senza Italia. A loro però, prima o poi, passerà. A me no, me la porterò sempre dietro. Adesso tiferò per Mancini e gli auguro di trovare le condizioni giuste per lavorare”.
Un fallimento, che però: “Non ha un solo padre, ma tanti. Invece ci ho messo la faccia solo io in sala stampa e sono diventato il capro espiatorio di un sistema che non funzionava più”, ha continuato. Poi la testa è tornata indietro, alla sconfitta con la Spagna: “Siamo arrivati a quell’occasione da imbattuti e con grande entusiasmo. C’erano due strade, o vincere o andare agli spareggi. Perdiamo perché loro sono più forti in tutto e dopo si scatena una violenza inaudita verso di me, nonostante fosse chiaro fin da subito che ne sarebbe passata una sola e che eravamo nel girone con dei campioni. Tutti volevano le mie dimissioni. E ho sbagliato a non darle. Durante la partita contro Israele dopo 10 minuti il pubblico ci fischiava e da lì ho capito che qualcosa si era rotto. Mi sono dimesso dopo la sfida con la Macedonia perché il clima era devastante, ma queste dimissioni non sono state accettate. Ho detto ai dirigenti che non era possibile continuare, che era più giusto prendere qualcuno che portasse serenità ad una squadra con tanti giovani appena arrivati in Nazionale. Ma non mi hanno ascoltato”
Da lì tutto cambia: “C’è stata una delegittimazione esterna verso di me. Anche interna, però. Sono entrato insieme a Lippi che, inizialmente, doveva fare da direttore tecnico. Avevamo detto di sì insieme, poi io firmo e lui non c’è più per un cavillo regolamentare. Così che alla fine mi sono trovato a coprire il doppio ruolo, uno dei quali nemmeno conoscevo. Poi a fine stagione il presidente Tavecchio avrebbe ufficializzato la mia presenza come direttore tecnico, ma è stato nominato Olivieri. Sono rimasto sulla panchina perché la voglia di Nazionale era troppa. Ma ho sbagliato, è stato uno dei miei tanti errori di quei sedici mesi da ct. Dopo la Spagna ho sbagliato anche scelte tecniche, anche se in quel contesto di delegittimazione le scelte erano conseguenza del clima“.
Chiosa sul futuro: “Voglio ancora allenare, ho voglia di rimettermi in gioco, 3 mesi non possono cancellare 35 anni di carriera. Voglio dare risposte sul campo e non a parole, spero di avere la possibilità di tornare”.