Dei 22 Stati che compongono l’America Latina, l’Uruguay, con i suoi 3.500.000 abitanti, è il terzo meno popoloso, dietro soltanto a Panama e Guyana francese. La Celeste è la massima espressione del calcio uruguaiano. Il talento nasce nelle strade, poi viene valorizzato dai vivai dei vari Peñarol, Nacional e Defensor Sporting.
L'Uruguay è in una fase di transizione, ma in questa Copa América sta dimostrando di avere i requisiti per portare a casa la 16esima coppa. La vittoria contro il Brasile ai quarti è stata resa possibile dalla forza di volontà della squadra e soprattutto dalla leadership di Bielsa. L’argentino, dopo i 90’ regolamentari, al momento di decidere i rigoristi si trovava al centro di un cerchio formato dai suoi calciatori, in pieno controllo della situazione. Bielsa è l’uomo chiave di questa squadra. È autorevolezza e sicurezza, ma anche compostezza e imprevedibilità.
Da Tabárez a Bielsa: la nuova identità dell’Uruguay
È un Uruguay radicalmente diverso rispetto a quello del 2011, anno della vittoria per 3-0 contro il Paraguay. Diverso negli interpreti e nel gioco. È una squadra con un nuovo CT e un’altra identità. Tredici anni fa in panchina c’era un allenatore che ha fatto la storia di questa nazionale, ovvero Óscar Tabárez. Ora la guida è l’argentino Marcelo Bielsa, che ha portato un gioco più spumeggiante, propositivo e meno attendista. È un gioco basato comunque sulla “garra”, ma esteticamente più apprezzabile. È una squadra con un nuovo tipo di spirito, trasmesso proprio dal Loco, allenatore riconoscibile anche nelle piccole cose. Durante l’anno, per esempio, il CT argentino andava a vedere le partite del “Campeonato Uruguayo” in mezzo ai tifosi, come un qualsiasi spettatore. Cose singolari, che accadono solo in un paese come l’Uruguay. Un altro punto di forza della Celeste è sicuramente la difesa: 1 gol subito in 4 gare. Verso la fine della partita contro il Panama, sul momentaneo 3-0, Michael Murillo ha fatto partire un tiro imprendibile per Rochet.
Il ricambio generazionale
Una squadra diversa anche negli interpreti, dicevamo. A partite dalla porta, dove a Fernando Muslera - quarto per presenze (133) nella storia della nazionale uruguaiana - è subentrato Sergio Rochet dell’Internacional di Porto Alegre. Non ci sono neanche figure iconiche come lo erano Godín (161 presenze, nessuno più di lui), Cavani e Cáceres. È ancora un protagonista (nello spogliatoio, meno in campo) invece Luis Suárez, che ha il compito di fare da chioccia a Núñez. L’attaccante del Liverpool è alla sua prima Copa América, ma ha già realizzato 2 gol in 4 partite. Ha segnato 2 reti anche Maxi Araújo, la vera sorpresa di questo torneo. Il laterale mancino è un classe 2000 e gioca nel Toluca, in Messico. Un calciatore scoperto e svezzato da Bielsa.
Nell’Uruguay del presente e del futuro c’è un'altra brillante individualità: Manuel Ugarte. Con il PSG, il 23enne gioca da vertice basso in un centrocampo a tre, mentre in queste 4 partite di Copa América sta giocando in una mediana a due con a fianco Valverde. Se si parla di centrocampisti, un altro che si sta prendendo la scena è Nicolás de la Cruz. L’ex River Plate, ora al Flamengo, ricopre la posizione del trequartista centrale e ha già fornito due assist. Il classe ’97 manda spesso in difficoltà le difese avversarie con le sue verticalizzazioni e i suoi cross, sia durante la manovra che da palla inattiva.
Ora l’appuntamento è fissato per giovedì notte, alle 2:00 italiane. L’avversario sarà la Colombia di Néstor Lorenzo. Tra i Cafeteros, quello più in forma è sicuramente James Rodríguez, trequartista dalla classe inarrivabile. L’ex Real Madrid ha fornito 5 assist, e ha pure segnato una rete su calcio di rigore. Con le semifinali ancora da disputare, la Colombia è la squadra con il miglior attacco della manifestazione, grazie alle 11 reti totalizzate. L’Uruguay, invece, ha la miglior difesa della Copa América con 1 gol subito in 4 partite, come l’Argentina. Ci attende una semifinale impronosticabile, e per questo ancora più carica di curiosità.