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Data: 26/04/2018 -

Un gol-condanna per la sua ex, un gruppo "di matti" e le uscite serali con Pastore. Ardizzone: "Sogno la salvezza con l'Entella e un domani la maglia del Palermo"

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A volte il destino sa essere davvero strano. Beffardo. Nel calcio, non parliamone. Nel maggio 2016 Francesco Ardizzone grazie ad un suo gol a Perugia praticamente a tempo scaduto aveva contribuito in maniera sostanziale alla salvezza della Pro Vercelli. Sabato scorso, invece, sempre con una sua rete, praticamente li ha condannati alla retrocessione. Perché nel frattempo – nel gennaio 2017 – ha cambiato maglia, sposando la causa dell’Entella. E proprio contro la sua ex ha segnato il primo gol in maglia biancoceleste. E che gol… “di culoammette con una lunga risata- ! Prima l’ho toccata di piede, poi l’ha presa Pigliacelli ed infine mi è rimbalzata sulla schiena finendo in rete. Ma l’importante è che sia entrata perché se avessimo perso avremmo avuto un piede in Serie C. È brutto da dire ma è così”.

Situazione capovolta. Con la Pro Vercelli a farne le spese: “Mi aspettavo qualche messaggio minatorio! Invece niente – ride nuovamente Ardizzone, in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com -. Anzi, tanti da Vercelli mi hanno scritto per farmi i complimenti nonostante fossero dispiaciuti per la loro squadra. Lì ho trascorso 3 anni e mezzo e conosciuto tante persone. Certo però che è strano il destino…”.

Soprattutto se si considera come, se fosse stato per i suoi genitori, non avrebbe mai dovuto intraprendere la carriera da calciatore. Anche perchè lui da piccolissimo sognava “di fare il pilota di aerei. Se non fossi riuscito a diventare calciatore poi, dopo aver preso il mio diploma di ragioneria, avrei continuato gli studi e non mi sarebbe dispiaciuto intraprendere la carriera da avvocato”.

In pochi sanno però che Ardizzone è un figlio d’arte. Papà Santo infatti, ha trascorso una carriera tra Serie C e Serie B giocando, tra le altre, nel Foggia di Zeman. Quindi sarebbe stato pressoché impossibile arginare quella passione congenita. “Ho iniziato ad amare il calcio seguendo papà negli ultimi anni di carriera. Andavo sempre a vederlo, anche agli allenamenti. I miei genitori però, in particolare mia mamma, hanno sempre fatto di tutto per non farmi giocare a calcio perché, con mio papà calciatore, sapevano bene quanti sacrifici avrei dovuto compiere per arrivare a certi livelli”. Tanto che “mi hanno iscritto a basket, tennis e nuoto ma niente, io volevo giocare a calcio e basta. A 6 anni mi sono impuntato: ‘Voglio giocare solo a calcio’. Così ho iniziato nella scuola calcio Ribolla di Totò Schillaci e da lì è nato tutto”.

‘Ardi’ ce l’ha fatta a diventare calciatore. Degli sport a cui mamma e papà avevano tentato di farlo approcciare – invano - però, continua a praticare il tennis nel tempo libero con la sua Giulia: “D’estate adoro giocare a tennis con lei, ci sfidiamo spesso”. Ragazzo gentile e alla mano, Francesco. Un appassionato di “musica e di serie tv. Ora sto seguendo ‘Suits’ ma su Netflix le guardo praticamente tutte, da ‘Narcos’ a ‘La casa di carta’”. Non solo. “Anche in cucina me la cavicchio. Anzi, ai tempi di Vercelli mi sono specializzato nei risotti. In quello lo ammetto: non sono niente male. Per il resto invece non è che sia un granché come cuoco…”.

Il suo amore per il calcio però non ha mai avuto eguali. Tanto da permettergli di vestire la maglia del Palermo, squadra della sua città e per la quale inevitabilmente “ho sempre simpatizzato, anche se da piccolo tifavo Juve e i miei idoli erano Zidane e Del Piero. Nel mio cuore però ci sono anche i rosanero. Anzi, oltre ad arrivare in Serie A, un altro mio sogno è quello di tornare a vestire quella maglia un giorno”. 11 anni col Palermo con tanto di esordio in Europa League nel 2010 a Losanna con Delio Rossi in panchina non si dimenticano facilmente. E poi, diciamoci la verità, quel Palermo era davvero uno squadrone. Darmian, Glik, Hernandez, Miccoli e chi più ne ha, più ne metta. “È stata una bella esperienza allenarmi con quei campioni: nonostante fosse difficilissimo imporsi, ho imparato davvero tanto”.

Senza dimenticare un certo Pastore: “Era impressionante. Si vedeva chiaramente come avesse qualcosa in più degli altri. Ogni tanto uscivo a bere qualcosa alla sera con suo fratello Juan, ai tempi mio compagno in Primavera, e capitava che si unisse a noi anche il flaco”. Beh, magari Ardizzone metterà una buona parolina col presidente Gozzi per portarlo a Chiavari in caso di salvezza: “Sì, potrebbe essere utile negli ultimi 10’ di partita…”.

Si scherza, ovviamente. Anche perché pensare ad un Pastore al Comunale di Chiavari nel futuro prossimo sembrerebbe alquanto azzardato. Meglio concentrarsi sulla questione salvezza in casa Entella, un obiettivo da prendere tutt’altro che alla leggera: “Per raggiungerla bisogna fare più punti possibili, a partire dal match contro il Bari, poi in casa contro l’Ascoli non possiamo sbagliare. Per salvarci direttamente serviranno almeno 6-7 punti. Anche perché quelle dietro di noi hanno un ritmo da Serie A in quest' ultimo periodo”.

L’Entella ha dimostrato però di essere un grande gruppo. Basterebbe rivedere l’esultanza della panchina al momento del gol del classe ’92 nello scorso week end. Quando si è così uniti, spesso affrontare le avversità risulta meno problematico. “Siamo un bel gruppo formato soprattutto da amici. E che personaggitutti matti! Le vittime preferite di solito sono Gatto e De Luca. Senza dimenticare Iacobucci che è un permaloso incredibile e quindi con lui insistiamo ancora di più”, ammette il centrocampista biancoceleste.

“Ve ne racconto una: Qualche tempo fa eravamo a cena insieme io, Aramu, De Luca e Gatto e abbiamo fatto una scommessa, ovvero provare ad indovinare la cifra del conto. Chi si sarebbe avvicinato maggiormente alla cifra esatta non avrebbe pagato – continua Ardizzone -. Così, dopo aver fatto tutti i nostri calcoli, Aramu se ne esce con: ‘Sì, ma manca il coperchio’”. Tutti in silenzio. “Ci siamo guardati un attimo perché inizialmente non capivamo cosa intendesse. ‘Ah no, scusate, intendevo il coperto’. A quel punto siamo esplosi tutti a ridere. Questo per farvi capire da che gente è composto il nostro spogliatoio… non certo degli scienziati”, e via con l’ennesima risata.

“A parte tutto, sto davvero bene coi miei compagni. Ora ho trovato anche maggior continuità”. Nei suoi primi mesi chiavaresi infatti, Ardizzone fece fatica ad imporsi: “Quando sono arrivato qua nella scorsa stagione non ero al meglio fisicamente perché rientravo da un infortunio al ginocchio. Quest’anno invece inizialmente sono stato un po’ penalizzato dalle scelte degli allenatori ma ci ho sempre creduto allenandomi con serietà e professionalità. E ora sto vedendo i miei sforzi ripagati”.

Per essere davvero felice però “vorrei raggiungere la salvezza prima possibile. Quando la raggiungeremo, studierò qualche scommessa con Peppe (De Luca, ndr)”. Tutto tranne “tagliarmi i capelli: quello no, perché il mio ciuffo è sacro”. Coi tifosi dell’Entella speranzosi che il destino sorrida ancora una volta ad Ardizzone, magari con un altro gol salvezza come quello che fece nel 2016 per la salvezza della Pro Vercelli a Perugia. Questa volta però in maglia biancoceleste.



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