È in Italia da quando ha 17 anni, ma l’accento di Rio de Janeiro non se n’è mai andato. Oggi Sergio Cruz Pereira fa oltre 30 milioni di visualizzazioni al mese sui social con i suoi video. Eppure è rimasto sempre lui, con i piedi per terra. Come quando era in Brasile. "Per noi era ed è normale giocare sempre. Tanti hanno solo un pallone e neanche le scarpe". Infatti spesso quando torna nella sua città cerca di portare più materiale sportivo possibile per dargli un’occasione. "Nelle favelas hai due strade per uscire, o fai la musica o diventi un calciatore. Sennò si entra in un brutto circolo". Sergio è riuscito a evitarlo, e tutto grazie al pallone.
Sergio Cruz Pereira: i 6 gol per farsi notare dalla Lazio e quella foto con Ronaldo
Però, se quel giorno non fosse andato a giocare con le giovanili, oggi staremmo parlando di un Sergio diverso. "A 16 anni ero andato in prima squadra al Sao Cristovao, dove è passato anche Ronaldo Nazario, il mio idolo. Un giorno c’era una partita importante della Juniores e mi hanno chiesto di andare con loro. La partita è finita 8-2 per noi e io avevo fatto 6 gol. A quella partita c’era uno scout che poi mi ha portato alla Lazio". Ma l’adattamento non è stato dei migliori. "Il problema era la lingua. Non capivo molto l’inglese, figuriamoci l’italiano. Per esempio, il mister mi diceva di andare a destra e io andavo a sinistra. Ma è stata una bella esperienza".
Tutto però era partito nella sua Rio. "Ho cominciato a 6 anni a giocare a futsal sempre nella stessa squadra dove ha iniziato Ronaldo. Ho anche la foto con lui che ci era venuto a trovare dopo il Mondiale negli Usa. Da lì sono andato al Flamengo, poi Vasco Da Gama e Botafogo. Con loro nel ‘99 ho vinto anche la Copa Libertadores giovanile". Gira i migliori vivai del Paese, ed è normale incontrare dei veri e propri fenomeni. "Diversi dei grandi campioni di Rio della mia età ci ho giocato contro, sia nel futsal che in quello a 11, tipo Marcelo, Renato Augusto e Anderson".
"Ho segnato una tripletta contro Marcelo. Pato era sprecato per la nostra categoria"
L’ex Real è senza ombra di dubbio quello che gli è rimasto più impresso. "Giocavamo anche 5 volte all’anno contro. La prima volta che ho giocato contro Marcelo era a futsal quando avevamo 15 anni. Aveva un bel sinistro, ma era anche un po’ sovrappeso". La tecnica però era già evidente. "Abbiamo fatto anche una finale Under 16 contro e ho vinto segnando una tripletta. Poi l’anno dopo è andato al Fluiminense a calcio a 11 ed è cresciuto tantissimo. Abbiamo rigiocato contro e il nostro terzino non ci ha capito niente. Giocava terzino ma sembrava un’ala".
Non solo Marcelo però. "Nei tornei interregionali tutte le squadre dormivano nello stesso centro sportivo quindi spesso con Pato ci ho giocato contro a biliardino. Poi in campo si vedeva che era un talento fenomenale, era troppo avanti. Nella nostra categoria era sprecato, infatti a 16 anni è andato subito in prima squadra".
Il calcio in Brasile
In Italia, del Brasile, abbiamo in mente due mondi: i bambini che giocano per strada e le spiagge di Copacabana. E nella prima c’è sempre di mezzo un pallone. "Quando ero piccolo mi allenavo con la squadra del quartiere poi giocavo tutto il giorno con i miei amici scalzi in mezzo alla strada. Infatti una volta sono stato anche investito da una bicicletta e sono stato una settimana in ospedale. Mia madre mi urlava che stava arrivando la biciletta ma pensavo solo al pallone fino a quando non me la sono ritrovata davanti".
La svolta sui social: "Voglio essere un esempio per quei ragazzi"
Dopo la Lazio, gioca per diversi anni in Serie C fino ad arrivare a Malta. "Avevo un tesseramento straniero e non potevano più tesserarmi in Italia. Quindi sono andato in Brasile e facevo qualche video con i miei amici che già erano un po’ famosi su TikTok. Nel frattempo giocavo anche con la squadra di calcio a 7 del Flamengo, che aveva vinto il Mondiale per Club lo scorso anno. Ho giocato anche la finale del campionato di Rio".
La svolta è il ritorno in Italia. "Quando sono andato in Toscana a giocare ho continuato a fare i video e ho iniziato a fare qualche migliaio di views. Ogni stadio in cui andavo i ragazzini mi correvano dietro per una foto e per me non è mai stato un problema. Ma al club non andava giù, quindi ho scelto di andare via e mi sono riavvicinato a casa".
Come i social dovrebbero essere
Ora gioca vicino Brescia, fa i video e aiuta anche qualche scuola calcio. "Nel paese dove abito erano 10 ragazzi che si allenavano, ora ne sono 35. Nei video ricreo delle situazioni come quella di non giocare nonostante ti alleni bene per far capire ai bambini che anche a noi grandi succede. Voglio essere un esempio per quei ragazzi e fargli capire che con l’impegno si può fare tutto. Tutto quello che è successo l’ho fatto senza mai pensare di arrivare da nessuna parte. Ora invece ho una grande famiglia". Dalle strade di Rio ai cuori di tanti ragazzi italiani: Sergio Cruz Pereira è il perfetto esempio di come dovrebbero essere usati i social.