Sangue argentino, cognome italiano e doppia cittadinanza italo-argentina. Il più classico degli Albiceleste. Lionel Scaloni, di origini marchigiane ma nato nella provincia di Santa Fe, ha deciso di scrivere la storia della sua nazionale. Prima la Copa America, poi il Mondiale. 36 anni dopo l’ultima vittoria, è lui l’uomo della provvidenza. Lo stesso che le ultime tappe della sua carriera le ha volute spendere in quella che è un po’ la "sua" Italia.
Biava su Scaloni: "Era un riferimento sia per i giocatori che per gli allenatori"
Prima Lazio, poi Atalanta. Scaloni terzino destro e a guidare la difesa, in entrambe le esperienze, Giuseppe Biava. "Era un riferimento per noi giocatori", ci ha raccontato l’attuale allenatore dell’AlbinoLeffe. "Quando avevi bisogno di un consiglio era uno su cui potevi contare. Anche gli allenatori si affidavano molto al suo pensiero. In campo era già un allenatore".
Quando si parlava di calcio sempre serio, ma negli spogliatoi era una festa. "Già ai tempi cantava i cori e le canzoni argentini". Parecchi i connazionali e sudamericani compagni di squadra, sia alla Lazio che all’Atalanta. "Insieme a Denis, il Papu Gomez e tutti gli altri cantavano sempre. Poi organizzavano sempre le grigliate con la loro carne".
I pomeriggi "defaticanti" con il calcio tennis
Cori, asado e tanto calcio tennis. "Era uno spasso vederlo giocare. Di solito il venerdì, quando l’allenatore dava l’allenamento defaticante facoltativo, lui con il suo gruppo di sudamericani andava a giocare a calcio tennis per delle ore". Lo spirito argentino veniva fuori ad ogni colpo. "Rosicava un sacco quando perdeva e si arrabbiava. Non ci stava mai a perdere. Era fortissimo quindi poche volte perdeva. Ma quelle poche volte ci faceva morire dalle risate. Gli altri poi lo prendevano in giro per farlo accendere e lui rispondeva con i suoi toni argentini".
La forza del gruppo
Tornando seri. "È un ragazzo eccezionale, sapeva di calcio come pochi. Sia alla Lazio che all’Atalanta avevamo entrambi una certa età, con esperienza. Poi si vedeva che a lui il periodo al Deportivo La Coruña l'aveva formato bene". Un campionato, due Coppe di Spagna e due volte ai quarti di Champions League con gli spagnoli. "Sempre allegro, sempre sorridente e con la parola giusta. In poche parole faceva gruppo". Un aspetto fondamentale che l'allenatore ha saputo sfruttare anche al Mondiale.
Risate e "rosicate"a spingere l'Argentina di Scaloni a scrivere la storia. Ma Biava lo sapeva già.