Un sogno che si è realizzato, dopo l’addio amaro con Napoli e con la Serie A Maurizio Sarri ha sognato di potersi sedere sulla panchina del Chelsea. E in estate il suo desiderio è stato esaudito. Il presente in Premier con la voglia di vincere e di insegnare il suo calcio, senza però mai dimenticare il suo passato; un occhio sempre al Napoli e all’Italia, come l’allenatore racconta in una lunga intervista al Corriere dello Sport.
Sarri ripercorre così gli ultimi mesi, prima di parlare di futuro e di speranze made in England. “Sarriball? Mi diverte - inizia dicendo l’allenatore - ho letto, ma non sono un frequentatore dei social. Vedo che postano filmati e li etichettano in quel modo dopo aver scelto l’azione con più passaggi. Ma credo che neanche loro conoscano significato. Intendo dire i tifosi del Chelsea. Qualcuno non ci metti il trattino, pronunciano tutto d’un fiato e vanno avanti così. Che ridere… A me fa piacere, sono qui da tre mesi e all’inizio è stato difficile”.
“Sono arrivato a metà luglio, i reduci dal mondiale ad agosto. Subito la tournée in Australia, non c’era molto tempo. Pensavo a una fase di apprendistato più lunga. Mi hanno aiutato gli spagnoli, quelli che parlano la nostra lingua calcistica. Ora ci divertiamo”. Poi il primo salto nel passato: “A Napoli abbiamo avuto bisogno di qualche settimana, ma la serie A è diversa. Qui mi sono detto: ‘Occhio Maurizio, hai sognato per una vita questo approdo, cerca di essere te stesso’. E ho visto che i meccanismi hanno funzionato da subito, i risultati ci hanno spinto”.
Di De Laurentiis, invece, Maurizio non parla: “Chiudiamo qui questo discorso. Tanto io amerò Napoli tutta la vita, sono tifoso del Napoli. E so cosa pensano di me, come lo pensano e quando lo pensano. Sempre. Il nostro è un amore indissolubile, eterno. Mi sono entusiasmato durante la partita contro il Liverpool. Un’eccellente prestazione fino all’ultimo respiro. Mi fa piacere pensare di averli stancati qualche giorno prima quando sono venuti a Stamford Bridge. L’interpretazione del Napoli è stata da grande squadra”.
Poi l’allenatore allarga lo sguardo anche alle altre di A: “Per lo scudetto la Juve non ha rivali, quando lo ricevo pensavano che volessi portare acqua dalla mia parte. E’ così anche oggi, già sono in fuga e quest’anno possono trionfare in Champions. Con il Manchester City sono i candidati principali. La squadra di Guardiola è matura per l’ultima scalata a livello europeo e per me sarà una corsa due”. Sarri passa poi a parlare della sua giornata e della sua nuova vita londinese, dei calciatori blues e dei campionati minori che ancora segue “con curiosità“, poi della situazione attuale del calcio in Italia e non solo; ma arriva anche il momento di parlare di Lorenzo Insigne: “Il miglior calciatore italiano. Oggi crede in se stesso. Di più, sempre di più. Si è scrollato di dosso le incertezze e le paturnie di che deve essere protagonista nella squadra della sua città”.
“Non credo proprio che il suo sia un problema di posizione: certo se gioca più vicino alla prima inquadra la porta meglio perché ha la classe e i colpi. Ma può fare di tutto, ora non deve più staccare la spina, inquadrato il problema si è preso la ribalta, non soltanto quella del Napoli“. Per Sarri, poi, arriva il momento di parlare del presente: “In Premier è tutto diverso, sono venuto qui per vincere qualcosa ma non è così scontato che accada subito. Intanto tornare in Champions sarebbe un eccellente risultato perché in questa stagione siamo fuori. Se pensi di essere pronto subito quando arrivi, sbagli”.
“Io sono già arrabbiato per questa sosta perché avrò i nazionali entro lunedì e l’altro sabato avremo il Manchester di Mourinho. Higuain mi manca moltissimo perché lui farà gol fino a quando vivrà; lui è il gol, un animale da gol, una macchina infernale. Ma sono contento di Giroud che fa un lavoro enorme per la squadra e di Morata che è un talento innato e presto lo dimostrerà. Gonzalo è andato via dal Napoli presto, se fosse rimasto anche la stagione successiva… Ci sarebbero state le condizioni per vincere. Era entrato in meccanismi fantastici, ci capivamo e il rimpianto magari resterà“.
E ancora: “Mi dispiace che Reina al Milan non giochi, non posso scegliere tra Martens e Milik ma se dovessi puntare su un altro made in Italy da mettere sul podio insieme a Insigne prenderei Bernardeschi. Per lui stravedo. Sta crescendo al punto da poter diventare presto un autentico fuoriclasse, poi metto Chiesa sul terzo gradino del podio; un talento innato. A Mancini serve tempo. E ci vuole coraggio. Io sono appena arrivato qui ed è un sogno, adesso non penso al ritorno in Italia. Entro a Stamford Bridge e sento urlare il mio nome. Un coro, due cori, roba da pizzicotti. Di solito li fanno a chi vince, io cosa ho vinto? Non potevo crederci…”.