Capitan presente. Al "The Athletic", Edin Dzeko parla alla viglia del suo trentaquattresimo compleanno. È a Roma da cinque anni, gli è entrata dentro la città, la squadra. E tutto l'ambiente. Sarà anche per questo che non dorme "mai dopo le partite. Ho troppi pensieri: analizzare il match, capire dove ho sbagliato e cosa avrei potuto fare". È quello che serve per andare al top e per restarci.
Passaggio di consegne
Con la Roma ha vissuto tanti bei momenti (dal gol contro il Chelsea "di un livello diverso rispetto a tutti gli altri", alla rimonta sul Barcellona), tanti rimpianti anche ("che regalo al Liverpool") e una considerazione: "Io sono pronto per la fascia. Sono l'unico giocatore rimasto rispetto a 5 anni fa, è un privilegio arrivare dopo Totti e De Rossi, che sono le pià grandi leggende non solo della Roma, ma anche in Italia. Avevo 30 anni quando sono arrivato, ora ne sto per fare 34. Sto crescendo". Come la Roma: "Sì. Nel 2015 avevamo tanti buoni giocatori: certo, se ogni anno ne vendi uno, perdi continuità anche perché i nuovi hanno bisogno di tempo per abituarsi al campionato e al club. Ma devo dire che la squadra è cresciuta negli ultimi 4 anni e diventa sempre più grande".
Cosa manca? "I trofei. È un peccato non aver vinto qualcosa in questi anni, spero che questo possa cambiare". E le critiche? "Fanno parte del calcio, bisogna abituarcisi. Per i giovani la pressione è maggiore, lo capisco: non è la stessa cosa fischiare me o fischiare un giocatore più giovane come Kluivert. Li chiamo i miei bimbi: sono più vecchio di 14 anni rispetto a loro". Ed è pronto a farli crescere.