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Data: 28/02/2018 -

​“Ricordo quel Catania - Chievo del 2007. Segnai il gol del 2-0 e fummo salvi”. Mauro Minelli si racconta dall'Atalanta al Cliverghe

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“Ero in panchina, quel maggio del 2007. La mia squadra, il Catania, si giocava la salvezza con il Chievo, sul campo neutro del Bologna. Era l’anno in cui morì il commissario Raciti e sul nostro stadio pesava la squalifica fino alla fine della stagione. Giocarsi un’annata intera lontani dalla nostra gente, che per tutto il campionato era stata il nostro punto di forza, ci aveva caricato di una fortissima tensione. Si percepiva non soltanto durante gli allenamenti, ma anche per strada, tra quelli che contavano su di noi. Avevano riassaporato la Serie A dopo tanti anni e l’idea di doverci rinunciare era un incubo. Io sono sceso in campo a 20’ dalla fine. Ho avuto la fortuna di segnare il gol che ha chiuso la partita. Quello spareggio lo vincemmo noi. Una sensazione indescrivibile. Dalla tensione alla gioia in pochissimo tempo”. Mauro Minelli, oggi difensore del Cliverghe Mazzano, Girone B di Serie D, torna con la mente all’esperienza in Sicilia per raccontare il suo ricordo più bello legato al campo.

Ce n’è anche uno brutto? “Quand’ero a Cremona ho subito due infortuni gravi. Non riuscivo a venirne fuori e mi hanno tenuto fermo 18 mesi; è sempre la cosa peggiore non poter giocare”. E dopo la Cremonese, sei arrivato al Cliverghe? “Esatto, sono qui dal 2014. Siamo amici, prima che compagni, lo spogliatoio è unito e il senso di appartenenza è la vera forza della squadra. Viviamo una realtà piccola ma all’interno di una società seria e ambiziosa. Quest’anno siamo a metà classifica, abbiamo fatto fatica a causa di infortuni che ci hanno tolto un bel po’ di gol”.

Il vizio del gol, però ce l’hai anche tu, dal playoff contro il Chievo di 11 anni fa alla partita di settimana scorsa contro la Pergolettese ( rete e assist). Chi sono gli attaccanti più forti che hai affrontato e il difensore a cui ti sei ispirato? “Di attaccanti ne dico due, fortissimi entrambi: Milito, che mi aveva impressionato già quando era in Serie B col Genoa. E poi Toni, immarcabile. Invece tra i difensori parto dall’inizio: quando ero piccolo non avevo un vero e proprio idolo. Sono cresciuto in una palazzina dove eravamo tutti parenti: sei cugini dei quali io ero il più piccolo…Giocavamo a pallone per divertimento, su un campetto in discesa che come porta aveva un cancello. Tifavo Atalanta ma non pensavo a un modello da seguire in campo. Finché sono cresciuto, il calcio è diventato il mio lavoro e l’esempio Nesta”.

Di sportivi che ammira ce ne sono tanti: da Sarri e Ancelotti (che vedrebbe bene in Nazionale), a Messi e Federer. Ma tifa soprattutto per i suoi compagni e per il suo Cliverghe. Che non è così lontano dal campetto in discesa con il cancello al posto della porta, dove si è innamorato del pallone.



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